10 GENNAIO 2019 – 10 GENNAIO 2020: UN ANNO DI PTS

Oggi il PTS compie un anno.Non l’Associazione, nata il 5 giugno a Milano, ma l’appello lanciato da Guido Silvestri e Roberto Burioni, Medico proprio il 10 gennaio del 2019 – https://bit.ly/35HUZlF Compie un anno l’idea di unirsi per il bene della cittadinanza e della Scienza.Idea messa poi in pratica dall’Associazione Patto Trasversale per la Scienza che, per raggiungere gli obiettivi, ha costituito 12 gruppi di lavoro suddivisi in 9 gruppi verticali e 3 trasversali. – https://www.pattoperlascienza.it/gruppi/ Numerosi comuni, università, società scientifiche, federazioni e associazioni hanno sottoscritto l’appello e sono entrati a far parte dell’Associazione. Sei sempre in tempo a sottoscrivere l’appello – https://bit.ly/36EXVkk e/o a diventare nostro socio – https://www.pattoperlascienza.it/diventa-socio/

AUGURI E GRAZIE!

MoReMed aderisce al Patto

I ragazzi del congresso MoReMED dell’Università di Modena e Reggio Emilia (Unimore) hanno sottoscritto il Patto Trasversale per la Scienza. Nel corso della cerimonia ufficiale di presentazione della V edizione del congresso studentesco, il 29 novembre scorso gli organizzatori hanno scelto di aderire formalmente alla nostra Associazione che dal 5 giugno 2019 si dedica attivamente alla promozione del valore della scienza, alla difesa dei principi etici che la caratterizzano, alla ricerca di alleanze virtuose con le istituzioni di ogni ordine e grado perché difendano la salute dei cittadini rifiutando con fermezza pericolose intrusioni di pseudoscienziati e ciarlatani.
All’evento di gala sono intervenuti il Colonnello Medico dell’Accademia Militare di Modena Giuseppe Masia, il primo cittadino di Modena Gian Carlo Muzzarelli, il Magnifico Rettore di Unimore Prof. Carlo Adolfo Porro e la Presidente del Comitato Organizzatore MoReMED Valeria Poletti, con oltre 400 studenti e docenti. “Il nostro Congresso Studentesco MoReMED, rivolto agli studenti e organizzato interamente dagli studenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia ha come obiettivo quello di offrire ai partecipanti l’opportunità di acquisire le qualità per diventare divulgatori di area medica e non soltanto fruitori passivi della ricerca – ha dichiarato la Poletti – vogliamo sviluppare la capacità di selezione e utilizzo delle fonti avvalorate dal metodo scientifico”.

L’adesione al Patto di futuri camici bianchi infonde speranza per il futuro: “I giovani ci insegnano sempre molto, anche la loro firma al Patto – afferma il vice presidente del PTS  prof. Andrea Cossarizza, docente di Unimore – volontaria e consapevole, che anticipa quella di tante istituzioni e in qualche modo le incoraggia a non avere paura, a seguire i principi ispiratori del Patto e impegnarsi per un mondo migliore, dove l’informazione non è strumentalizzata e mercificata ma ci aiuta a scegliere secondo il percorso tracciato dalla scienza”.

Il Congresso si terrà il 2-3 aprile 2020 a Modena al Centro Servizi dell’Università. Il Patto Trasversale per la Scienza costituisce per la platea di studenti un’eccellente opportunità di formazione: “Attraverso i social i ciarlatani insidiano la nostra salute – ha dichiarato il Tesoriere dell’Associazione Diego Pavesio – non possiamo ignorare quel che accade, non possiamo più essere indulgenti e tolleranti ma abbiamo il dovere morale di agire, in un processo collettivo di comunicazione, in cui i giovani giocano e giocheranno un ruolo fondamentale”.

FNOPI E’ LA PRIMA FEDERAZIONE A SOTTOSCRIVERE IL PATTO TRASVERSALE PER LA SCIENZA

Il Patto Trasversale per la Scienza è stato sottoscritto, prima in Italia, dalla Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), la più numerosa del nostro paese con oltre 450mila iscritti. “Sottoscrivere il Patto – ha detto la presidente FNOPI, Barbara Mangiacavalli – è una scelta naturale per gli infermieri. Anche nel nuovo Codice deontologico 2019 abbiamo previsto che l’impegno dei nostri professionisti debba basarsi su conoscenze validate dalla comunità scientifica e che sia necessario aggiornare le competenze attraverso studio e ricerca, pensiero critico e riflessione fondata sull’esperienza e buone pratiche per garantire la qualità e la sicurezza delle attività. L’infermiere ha l’obbligo di comunicare in modo scientifico ed etico e di segnalare al proprio Ordine le attività di cura e assistenza infermieristica inappropriate e prive di basi, di riscontri scientifici e di risultati validati. Tutto ciò che il Patto prevede – conclude – sia la politica a garantirne la certezza e gli strumenti per poterlo applicare”.

Occasione della firma è stato il convegno organizzato dal Gruppo Ricerca dell’ordine delle professioni infermieristiche di Bologna, anch’esso tra i firmatari del Patto, in collaborazione con Giovanni Pomponio (Ospedali riuniti di Ancona), ideatore del format del convegno “Scienza & Passione per vincere la crisi”, patrocinato dalla stessa FNOPI e dal Centro di Eccellenza per la Cultura e la Ricerca Infermieristica, che si è aperto con una lettura magistrale di Guido Silvestri, scienziato italiano di fama mondiale, professore e capo dipartimento di Patologia alla Emory University di Atlanta, direttore della Divisione di Microbiologia ed Immunologia allo Yerkes National Primate Research Center, e membro dell’Emory Vaccine Center, considerato uno dei massimi scienziati in tema di HIV che con il virologo Roberto Burioni, ricercatore noto per la sua difesa dei vaccini, è stato tra i primi sottoscrittori.  

A firmare il Patto, che ha ad oggi più di 6 mila sottoscrizioni, sono anche, tra gli altri, quattro premi Nobel (tutti stranieri, tre per la medicina e uno per la chimica), deputati e senatori italiani, Università, esponenti di rilievo delle Regioni, politici tra cui l’attuale viceministro della Salute Pierpaolo Sileri, Matteo Renzi, Beppe Grillo, Beatrice Lorenzin, presidenti di Società scientifiche e Fondazioni per la ricerca, Ranieri Guerra, vicedirettore generale dell’Organizzazione mondiale della Sanità.

Il PTS si congratula con il Sindaco di Parma Pizzarotti per la lezione di Etica

Ci congratuliamo col sindaco Pizzarotti che ritiene inaccettabile il vile attacco di Parma Etica Festival nei confronti del nostro consigliere, il veterinario Giulia Corsini.

Nonostante nel nome di tale associazione capeggi la parola “etica”, l’associazione suddetta ha denigrato in modo becero e sessista la dr. Corsini, che da anni si spende per la corretta divulgazione scientifica, peraltro senza entrare nel merito della contesa, ovvero l’utilità della sperimentazione animale
(“scritto da una ragazzina”… “Non desideriamo infierire su chi ha evidenti problemi”… “cerca solo notorietà”, “persona senza arte ne parte”)

Questo perchè la dr. Corsini ha replicato sulla Gazzetta di Parma, in maniera educata e ineccepibile, ad un articolo che conteneva gravi imprecisioni sul progetto LIGHTUP (che prevede una parte di ricerca in vivo), volto a dare una speranza alle persone affette da una condizione nota come visione cieca.

Se di etica si vuol parlare, bisogna innanzitutto partire dall’educazione, e in secondo luogo dai dati: è innegabile il fatto che esista un  forte e solido consenso scientifico sull’importanza della sperimentazione animale, pratica strettamente regolamentata e imprescindibile. Tant’è che, per ribadire quanto sottolineato dalla veterinaria nell’articolo, ben 98 su 110 premi Nobel per la Medicina o la Fisiologia e tutti quelli degli ultimi 30 anni, sono stati assegnati per scoperte che hanno richiesto l’impiego di animali, inoltre nei grandi sondaggi  che hanno coinvolto la comunità scientifica (Pew Research Center, 2015; Nature, 2011) il 96% dei ricercatori biomedici concorda sull’importanza di tale pratica.

Link all’articolo completo  https://bit.ly/2Kq4CNU

Nel ribadire che la posizione della dr. Corsini è condivisa dalla comunità scientifica, ci auguriamo che Parma Etica festival ritiri gli insulti e chieda scusa come auspicato dal sindaco Pizzarotti e che il comune di Parma riconsideri il proprio patrocinio ad una associazione che da tempo, e ripetutamente, viola sui social network le più basilari norme sociali di rispetto del prossimo, in particolar modo nei confronti dei prof. Marco Tamietto e Luca Bonini, impegnati nel progetto LIGHTUP.

 Si ricorda inoltre che la Regione, già da alcuni anni, ha ritirato il patrocinio a Parma Etica Festival, siccome si erano tenuti incontri critici nei confronti dell’importante pratica vaccinale.

Lettera aperta del PTS al Direttore di Repubblica

Gentile Direttore,
il Patto Trasversale per la Scienza ha come scopo “la promozione e la diffusione della scienza e del metodo scientifico al fine di superare ogni ostacolo e/o azione che generi disinformazione su temi scientifici”, per questo abbiamo letto con stupore lo spazio assegnato su Repubblica Salute del 22 Ottobre per l’intervista a Luc Montagnier “Omeopatia, perché non bisogna ignorarla”. Certi dei suoi numerosi impegni, abbiamo pensato di farle cosa gradita nell’enucleare per brevi punti i motivi che destano la nostra preoccupazione:

CONTENUTO
1. È misinformazione veicolare acriticamente il messaggio per cui “L’omeopatia ha una base scientifica, ma viene ignorata”, poiché al momento tutte le analisi e metanalisi scientifiche (si vedano, tra gli altri, il dossier australiano, quello britannico, o quello redatto dalla comunità europea) affermano che non ha alcun fondamento scientifico.

2. È discutibile usare un premio Nobel screditato per riportare un’opinione scorretta e soprattutto estremamente minoritaria della comunità scientifica (nessuno degli esperti di settore, infatti, la sostiene). Montagnier è oggi screditato agli occhi della comunità scientifica, come è apertamente riconosciuto dalla stessa testata da Lei diretta: pensiamo all’articolo apparso l’8/11/2017 proprio su Repubblica dall’eloquente titolo “Dal Nobel alle bufale, il declino di Luc Montagnier. Dalla papaya che cura il Parkinson e la Sars, ai vaccini che provocherebbero l’autismo, fino alla conversione all’omeopatia. Un premio Nobel in confusione o forse ormai votato alle baggianate”.

FORMA
3. Ci rendiamo conto che Repubblica su alcuni specifici argomenti, che riguardano soprattutto la scienza, da tempo sembra aver scelto una sorta di doppio standard di etica della comunicazione. Un giorno sostiene, comprensibilmente, che la misinformazione, le fake news, avvelenano il dibattito politico —ad esempio smascherando in prima pagina, attraverso autorevoli giornalisti, le falsità sui dati dell’immigrazione per fini propagandistici—, un altro giorno sostiene invece che “L’omeopatia ha una base scientifica” o “suppone che la scienza stia cambiando idea” sulla stessa, portando come esempio un articolo scientifico (Magar et al., Scientific Reports 2018) che è stato successivamente ritrattato come frode per manipolazione di dati (cfr. allegato 2). In quest’ultimo caso Repubblica, si fa notare, non ha mai dato spazio di replica agli autori degli articoli pubblicati su Repubblica Salute del 25 settembre 2018, che criticavano la mancanza di basi scientifiche nell’omeopatia, e che si sono visti contraddire -secondo un principio di par condicio, inesistente in campo scientifico- le proprie conclusioni, basate su evidenze scientifiche dimostrabili, con un articolo poi dimostratosi una frode. Riconoscere quella frode ha significato uno sforzo della comunità scientifica Italiana e internazionale, tra cui personalità del calibro del prof. Garattini, che ha dovuto impegnarsi 9 mesi per giungere a ritirare l’articolo scientifico che descriveva con dati falsi il successo di un farmaco omeopatico in animale. Tutto è stato innescato proprio dall’articolo frode comparso su Repubblica, nemmeno una riga, ripetiamo, è stata pubblicata per avvisare i lettori del macroscopico errore.

4. Abbiamo notato che Repubblica, in campi quali l’omeopatia, la biodinamica e gli Ogm, disattende sovente l’uso delle competenze scientifiche, favorendo la disinformazione. Capiamo bene che in ogni solida democrazia l’informazione non può essere monocorde e vada assicurato il pluralismo dei punti di vista, eppure in campo scientifico è necessario offrire sempre i dati validati e riconosciuti dalla maggioranza degli esperti di settore, anche e soprattutto quando si sceglie di raccontare tesi minoritarie, lasciando ai cittadini la propria valutazione. Diversamente, dare visibilità a tesi minoritarie, senza contestualizzarle nella loro abnormità rispetto alle evidenze disponibili, può, anziché favorire il dibattito democratico a più voci, essere dannoso per la democrazia. Capiamo l’asprezza dell’esempio (sebbene si tratti di una nota diatriba in seno alla natura dell’antiscientismo di stampo relativista), ma, se trasposta in ambito umanistico, la logica del dar spazio, fuori contesto, a voci minoritarie non basate sulle prove porterebbe a dare libero accesso sui quotidiani, cosa che ci ripugnerebbe, anche alle tesi dei negazionisti della Shoah.

Cordiali saluti

Pier Luigi Lopalco – Presidente PTS

Malnisio Science Festival – Dove le idee illuminano la scienza

di Maria Santoro

La centrale idroelettrica di Malnisio (provincia di Pordenone) è un elegante gioiello di architettura industriale del Novecento dismesso nel 1988 e restaurato nel 2006. La stessa centrale, che diede la prima luce a piazza San Marco nel 1905, da tre anni si “accende e fa luce” sulla Scienza, chiamando a raccolta ricercatori e docenti universitari di fama internazionale allo scopo di promuovere e avvicinare un pubblico sempre più eterogeneo alla cultura scientifica.


Il vicepresidente del Patto Trasversale per la Scienza, prof. Andrea Cossarizza, ha partecipato al Malnisio Science Festival (il 4, 5 e 6 ottobre), dedicato al rapporto tra “scienza e creatività”. Ma esiste davvero la creatività scientifica? Quanto conta? La creatività è la capacità di trovare nuove idee per risolvere problemi in modo originale, che spesso si basa sul talento di stabilire nuove connessioni. Potremmo dire che la creatività si sviluppa attraverso quattro distinte fasi: preparazione (con la raccolta delle informazioni necessarie), incubazione (riflessione e raccolta delle idee), illuminazione (inclusa la scelta della strategia adeguata) e realizzazione dell’idea (il momento del fare, senza il quale si parla di aria fritta).
La creatività ha funzionato molto bene con i vaccini. Lo sapevate? “La profilassi antivaiolosa si può vedere almeno 4000 anni fa con le prime “variolazioni” in Cina mediante inalazione della polvere delle croste vaiolose, prelevate da un malato, seccate al sole. Questa pratica successivamente passa in India e in Asia Minore, dove si pratica una piccola ferita nel soggetto da immunizzare e si infetta la ferita con lo stesso materiale usato in Cina, fino ad arrivare all’introduzione nel 1796 del vaccino contro il vaiolo – ha raccontato Cossarizza – Ogni passaggio dimostra quanto l’uomo abbia impiegato la propria creatività per combattere e sconfiggere il vaiolo”.


Edward Jenner, passato giustamente alla storia come l’inventore del vaccino contro il vaiolo, ha saputo raccogliere informazioni e osservare. “Le contadine mungitrici si ammalavano di vaiolo bovino (cow-pox), forma attenuata della malattia che colpiva mortalmente l’uomo (small-pox) – sottolinea – Jenner ha analizzato i dati, ovvero ha capito gli effetti dell’infezione bovina, ha osservato che chi sviluppava questa infezione (localizzata solitamente alle mani e alle braccia) non si ammalava mai di vaiolo, infine ha generato l’idea “creativa” praticando l’esperimento della prima “vaccinazione” (poiché il siero era di origine vaccina) sul figlio del suo fattore, al quale inoculò materiale purulento prelevato dalle pustole sulle mani di una mungitrice”. Fu Luigi Sacco in Italia a controllare in modo sperimentale l’efficacia dell’immunizzazione con metodo jenneriano, praticando su se stesso la vaccinazione, e in seguito inoculandosi il virus del vaiolo umano – che non attecchì.
La storia di questo vaccino è creativa anche per un altro dettaglio: per riuscire a proteggere il mondo intero il vaccino ha viaggiato. Ma come? “Per avere scorte della linfa vaccinica, fu trasportato “braccio a braccio”, ovvero con persone che venivano vaccinate con liquido proveniente da altre persone, tutti nelle navi, per raggiungere terre lontane e diffondere ovunque il beneficio dell’idea creativa – conclude – grazie alla quale nel 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ufficializzato l’eradicazione della malattia”.

—————————————————————-

Ascolta l’intervista ad Andrea Cossarizza gentilmente concessa da Radio Spazio – la voce del Friuli – emittente radio locale in lingua friulana dell’Arci Diocesi di Udine

Il PTS al processo Mecozzi

Roberto Burioni, Matteo Bassetti, Pellegrino Conte e Salvo di Grazia, dell’Associazione Patto Trasversale per la Scienza sono i consulenti del PTS per l’Unione Nazionale Consumatori nel processo contro Massimiliano Mecozzi, omeopata di Pesaro, accusato dalla Procura della Repubblica di Ancona di essere responsabile della morte del piccolo Francesco Bonifazi.
Il processo penale è iniziato ieri, 24 settembre e la prima udienza è stata rinviata al 14 gennaio del 2020.
Il bambino è morto a 7 anni, il 27 maggio del 2017 a seguito di un’otite, curata con rimedi omeopatici, che si è trasformata in una meningite, causa del decesso del piccolo Francesco.
L’omeopata di Pesaro, Massimiliano Mecozzi, venne interpellato dai genitori di Francesco il 7 maggio 2017. Il bambino aveva un’otite media acuta e a fronte del suo aggravamento (dolore dapprima all’orecchio destro e poi a quello sinistro, fuoriuscita abbondante di liquido da entrambe le orecchie, rialzi febbrili fino a 39,5 °C, cefalea, irritabilità, dimagrimento, apatia), Mecozzi, secondo l’accusa della Procura della Repubblica di Ancona, sottostimò il quadro clinico indicativo di un’infezione locale di elevata gravità, omise di procedere ad ogni approfondimento diagnostico; prescrisse una terapia esclusivamente a base di medicinali omeopatici, omettendo la prescrizione delle necessarie terapie antibiotiche raccomandate dalle Linee Guida della Società Italiana di Pediatria, prospettando ai genitori del ragazzo l’insorgenza di gravi malattie (sordità, coma epatico) quale conseguenza della somministrazione di farmaci antibiotici e tachipirina. Per tale ragione, li esortò a non condurre il minore in ospedale.

All’udienza di ieri si sono costituiti parti civili i nonni del minore, mentre i genitori dello stesso sono stati condannati precedentemente dal GUP del Tribunale di Ancona in primo grado a tre mesi di reclusione per non “aver esercitato l’obbligo di protezione nei confronti del figlio”.

Parte civile si è costituita anche l’Unione Nazionale Consumatori, patrocinata dall’Avv. Corrado Canafoglia, alla quale il Tribunale ha riconosciuto la legittimazione a costituirsi parte civile a fronte dell’intensa attività diretta al debuking di fake news, ovverosia allo smascheramento di notizie false , soprattutto in ambito medico – farmaceutico , che da oltre 15 anni porta avanti in tutta Italia.
L’Unione Consumatori si avvarrà quindi del Patto Trasversale per La Scienza per il supporto medico-scientifico e le consulenze con esperti di fama nazionale quali il Prof. Roberto Burioni, ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano in prima linea sulle tematiche dei vaccini e dell’omeopatia, il Prof. Matteo Bassetti, ordinario di malattie infettive all’Università di Genova; il Prof. Pellegrino Conte, ordinario di chimica agraria all’Università di Palermo ed il Dr. Salvo Di Grazia, tutti membri dell’Associazione – presieduta dal Prof. Pierluigi Lopalco – che ha come principale obiettivo la difesa dei cittadini dalla pseudoscienza e dai ciarlatani di ogni tipo, favorendo e promuovendo presso le istituzioni l’alfabetizzazione scientifica, attraverso l’insegnamento del metodo scientifico e la valorizzazione della cultura della scienza, in contrapposizione ad idee di medicina alternativa che purtroppo attirano , ma creano danni , talora irreparabili come nel caso del piccolo Francesco.

Il Prof. Lopalco commenta: “Il PTS è lieto di poter sostenere le ragioni della scienza in un processo che riguarda una storia tanto terribile quanto incredibile. Aiuteremo la giustizia a fare il suo corso perché la salute dei cittadini venga sempre protetta dalle pericolosissime sirene dei ciarlatani”.

Il PTS SOSTIENE I RICERCATORI MARCO TAMIETTO E LUCA BONINI

Il prof. Marco Tamietto dell’Università degli studi di Torino ha recentemente ricevuto una missiva contente minacce di morte e un proiettile, perché impegnato in un progetto di ricerca che prevede la sperimentazione su dei macachi. Assieme al suo collega, il professor Luca Bonini, dell’Università degli Studi di Parma, è da tempo oggetto di minacce e vessazioni da parte di gruppi animalisti per l’impegno nel progetto “LightUp”, che vuole ridare la vista a pazienti colpiti da cecità totale o parziale a seguito di danno cerebrale.

Tamietto e Bonini entrano a far parte dell’Associazione Patto Trasversale per la Scienza e, come soci, daranno il loro contributo nel gruppo che si occupa di Sperimentazione Animale.

L’Associazione Patto Trasversale per la Scienza, che ha come principale obiettivo la promozione, la diffusione e la protezione della scienza e del metodo scientifico in Italia e che intende tutelare i cittadini da bufale mediche, pseudoscienza e ciarlatani, aveva già espresso la sua solidarietà ai due ricercatori nel giugno scorso, contro la petizione della LAV “Salviamo i macachi”, che faceva leva sulla pubblica sensibilità con affermazioni inesatte. 

Oggi PTS ribadisce il suo impegno nel fornire tutto il suo supporto ai soci colpiti dall’estremismo animalista.

Il Presidente dell’Associazione Pier Luigi Lopalco: “Ad oggi non esiste una alternativa esclusiva alla sperimentazione animale. L’ignoranza e la propaganda diffusa intorno a questo tema hanno creato un mix esplosivo: si arriva a minacciare di morte bravi ricercatori che pur fra mille difficoltà burocratiche cercano di portare avanti il loro lavoro. È per questo che a Bonini e Tamietto va la piena solidarietà del PTS”

Il prof. Tamietto spiega che: “Il progetto LightUp studia le basi neurali della consapevolezza visiva col fine ultimo di trovare metodi che consentano ai pazienti con danno al cervello e cecità totale o parziale di tornare a vedere; circa 100.000 nuovi pazienti l’anno solo in Italia. La sperimentazione animale è l’unico mezzo a disposizione per capire, anche a livello di singola cellula, i fenomeni di plasticità che si verificano nei tessuti cerebrali in seguito ad una lesione, come stimolarli e orientarli per promuovere il recupero della vista. La sperimentazione animale è quindi un elemento indispensabile che si affianca, e che non può ancora essere sostituito, dagli studi non invasivi di neuroimmagine sul paziente umano, anche previsti nella sperimentazione. Il progetto è stato finanziato dallo European Research Council, e la sua valutazione tecnico-scientifica e etica ha coinvolto 6 diverse Istituzioni e oltre 40 esperti indipendenti a livello Europeo e Italiano, compreso il Ministero della Salute che ha autorizzato la sperimentazione animale su parere favorevole del Consiglio Superiore di Sanità.”

 

Aggiunge il prof. Luca Bonini: “È preoccupante che si conceda ad associazioni animaliste anche solo lo spazio di ritenere di poter assolvere alla valutazione tecnico-scientifica di progetti di ricerca, mettendo in discussione quella eseguita dagli organismi competenti previsti dalla legge. A quale progetto con uso di animali potrebbero mai essere favorevoli costoro? Il nome delle associazioni stesse è la risposta: nessuno. Eppure, gli organismi di valutazione, indipendenti, a volte approvano e a volte rigettano le richieste di autorizzazione: proprio perché sono indipendenti e competenti. Quale attendibilità dovrebbe mai avere la valutazione di un progetto effettuata da chi non può che essere contrario a priori?

Il Patto Trasversale per la Scienza, che ha tra i suoi fondatori Roberto Burioni e Guido Silvestri, professore e direttore di un centro di ricerca alla Emory University di Atlanta, che sta cercando una cura definitiva all’AIDS anche grazie alla sperimentazione animale, dice Silvestri: “La sperimentazione di nuovi farmaci o procedure terapeutiche sugli animali ha salvato, e continua a salvare, milioni di vite umane, mentre metodi alternativi non esistono. Quindi solidarietà assoluta ai colleghi Tamietto e Bonini”. 

E anche dai pazienti arriva un messaggio molto chiaro: Paola Kruger, la portavoce italiana di EUPATI, associazione europea e accademia dei pazienti afferma che: “Qualsiasi paziente che ha conseguito una formazione in ambito di ricerca dei farmaci è consapevole dell’importanza della ricerca animale nella fase pre-clinica. E’ consapevole che senza quella fase sarebbe impossibile avere a disposizione tante cure che oggi permettono di salvare le vite nostre e quelle dei nostri cari. Il rispetto per gli animali utilizzati nella ricerca è doveroso, e le regole che impongono la tutela del loro benessere sono rigorose. Le Commissioni Etiche deliberano sull’appropriatezza dell’uso di animali per ogni protocollo e se questi criteri non sono rispettati la sperimentazione non parte. La ricerca è l’unico modo per poter curare tante malattie ed è fondamentale che ogni sua fase sia rispettata per salvaguardare il più possibile la salute delle persone. “

Silvio Garattini e il Patto

Il Prof. Silvio Garattini, primo socio onorario dell’Associazione Patto Trasversale per la Scienza da anni si batte per la corretta informazione sulla sperimentazione animale.
Lo abbiamo interpellato sulla vicenda che ha recentemente coinvolto ricercatori delle Università di Torino e Parma, e queste sono le sue parole: “Oltre alla disponibilità di adeguate risorse è anche importante semplificare le procedure per permettere ai ricercatori italiani di essere competitivi con i ricercatori degli altri Paesi europei. È incredibile che per approvare uno studio clinico su migliaia di pazienti è sufficiente il parere del Comitato etico, mentre anche per poche decine di topi sono necessari: il comitato etico, il comitato del benessere animale, il parere dell’Istituto Superiore di Sanità e per finire l’autorizzazione del Ministero della Salute. Una procedura che dura mesi ed impedisce la tempestività della ricerca.
Infine non accettiamo che i laboratori come quello dell’Università di Torino e di Parma vengano bersagliati da animalisti irresponsabili. Sono sicuro che nell’agenda del Patto verrà inserita anche la problematica della sperimentazione animale, perché è nostro compito spiegare al pubblico l’indispensabilità della sperimentazione animale, ma è compito del Governo permetterci di realizzare il diritto alla scienza sancito dalla Costituzione.”

Tra i tavoli di lavoro della nostra Associazione, che sono quelli che propongono le priorità di azione al direttivo della stessa, ne esiste uno dedicato alla sperimentazione animale.
Per far parte dei tavoli di lavoro è necessario essere socio ordinario. Tutte le informazioni: https://www.pattoperlascienza.it/diventa-socio/ e https://www.pattoperlascienza.it/gruppi/

Il Patto Trasversale per la scienza al fianco delle Università di Torino e di Parma per la sperimentazione animale

L’associazione Patto Trasversale per la Scienza – presentata a Milano lo scorso 5 giugno e che ha tra i soci fondatori Roberto Burioni, Guido Silvestri, Pier Luigi Lopalco, Andrea Cossarizza e numerosi altri ricercatori, giuristi e giornalisti, nata per sostenere e incentivare il diritto/dovere di ogni italiano ad essere formato, informato, curato, assistito e governato nel rispetto della scienza e delle evidenze scientifiche – appoggia le Università di Torino e di Parma nella vicenda relativa alla Petizione “Salviamo i Macachi” della LAV (Lega Anti Vivisezione). La petizione online su change.org e i relativi comunicati stampa della LAV, riportati da molti
quotidiani, sono state sottoposte ad un fact-checking congiunto (a seguire) da parte delle Università di Torino e di Parma, che dimostra come il testo stesso riporti un’ampia serie di informazioni inesatte.

La LAV ha lanciato una petizione online su change.org per chiedere alla Ministra Grillo di sospendere una sperimentazione in corso su 4/6 macachi nell’ambito di una ricerca sulla cecità da trauma, volta a curare chi è affetto da “blindsight” o “visione cieca”, un particolare disturbo visivo che colpisce persone che hanno subito un danno cerebrale. Il progetto Lightup, questo il nome della sperimentazione, è stato approvato, nei suoi aspetti scientifici ed etici, dallo European Research Council, dai comitati etici e dagli Organismi Preposti al Benessere Animale (OPBA) delle Università di Torino e Parma, e infine dal Ministero della Salute.
Lo scorso 7 giugno si è tenuto un sopralluogo ispettivo a sorpresa da parte del Ministero della Sanità presso gli stabulari dell’Università di Parma e gli ispettori non hanno riportato nessuna anomalia di rilievo.
I primi ad essere consapevoli, sensibili e rispettosi dei risvolti etici che la sperimentazione animale porta con sé sono i ricercatori, che agiscono sempre nell’ambito della legalità e del rispetto degli animali. La normativa in materia è stringente e i controlli indipendenti sono a capo di istituzioni sia nazionali che internazionali, che valutano tutti gli aspetti tecnico scientifici, etici e normativi dei progetti di sperimentazione animale.
La sperimentazione animale, misurata e controllata, rimane in alcuni casi l’unico mezzo possibile per rispondere a domande fondamentali di tipo scientifico o clinico e rappresenta un elemento ancora imprescindibile e insostituibile nella ricerca scientifica.
La petizione della LAV, basata su informazioni profondamente inesatte, potrebbe condizionare negativamente la pubblica opinione.
Per questo il Patto Trasversale per la Scienza esprime appoggio e solidarietà ai ricercatori delle Università di Torino e di Parma e richiama le istituzioni a fondare le proprie decisioni sulle rilevanze scientifiche e non su informazioni inesatte, false o manipolate.

Pier Luigi Lopalco, Presidente dell’Associazione Patto Trasversale per la Scienza: “La legge sulla sperimentazione animale in Italia è già una delle più restrittive del mondo. Per molte ricerche importantissime, fra cui la sperimentazione dei farmaci, ad oggi non esiste una alternativa valida. I controlli inviati a Parma e Torino fanno parte di ogni sano sistema di verifica della qualità, e abbiamo piena fiducia nelle istituzioni. Ma come PTS ci batteremo per evitare che il fanatismo renda la vita dei ricercatori inutilmente complicata.”

FACT-CHECKING DELLE UNIVERSITA’ DI TORINO E PARMA SUL TESTO DELLA PETIZIONE LAV

L’Università di Torino è responsabile di una nuova sperimentazione durante la quale 6 macachi verranno operati e resi ciechi per studi su deficit visivi nell’essere umano.

FALSO
Gli animali non verranno resi ciechi. Sarà invece prodotta una macchia cieca, circoscritta ad una zona di pochi gradi del loro campo visivo e
limitata a un solo lato.
A seguito dell’operazione, l’animale resterà in grado di vedere e spostarsi normalmente nell’ambiente, alimentarsi ed interagire con i propri simili. La lesione chirurgica avrà infatti l’estensione minima necessaria a permettere di studiare i processi alla base del recupero della consapevolezza visiva e a riprodurre il fenomeno che in modo più esteso si verifica in pazienti umani. Per capirne meglio l’impatto, si consideri che in base alle normative attuali, a pazienti con una lesione unilaterale di estensione simile o anche significativamente più estesa di quella praticata sugli animali, non verrebbe neppure ritirata la patente di guida.

I macachi verranno […] costretti a riconoscere delle immagini.

FALSO
Le procedure di addestramento si svolgono con tecniche comportamentali basate sul rinforzo positivo, ossia ricompense (succo di frutta, noccioline, o cibo di cui vanno ghiotti), che gratificano l’animale e lo motivano a collaborare ai compiti sperimentali.
I movimenti vengono limitati durante i test per consentire il monitoraggio dei parametri di interesse, ma l’animale non viene e non può essere costretto a eseguire il compito.
È noto in letteratura che la routine di addestramento quotidiana, per tempi congrui al livello di attenzione e alla disponibilità di ciascun animale, diviene molto spesso un’attività che i macachi, come molti altri animali in cattività, intraprendono come una forma di arricchimento cognitivo.

L’intervento al cervello, molto invasivo e doloroso, si svolgerà in autunno e l’intera sperimentazione durerà 5 anni.

FALSO
L’intervento sarà praticato in una sala operatoria attrezzata, da un neurochirurgico che opera normalmente anche sull’uomo, ed applicando sulla scimmia le stesse procedure e gli stessi standard usati per l’uomo. Verrà applicata l’anestesia generale monitorata da un veterinario con esperienza su primati non umani. Il decorso post-operatorio è identico a quello per i pazienti umani, e prevede trattamenti analgesici e antinfiammatori per limitare al massimo il disagio all’animale. L’addestramento e i compiti sperimentali richiedono che l’animale sia cooperativo e in perfette condizioni di salute psico-fisica, e possono riprendere solo dopo il pieno recupero dal decorso post-operatorio (generalmente entro 10-15 giorni). Il cervello di per sé non è un organo sensibile e non ha recettori per il dolore. Sorprende che si ritenga inverosimile o fantasiosa la possibilità che pazienti si sottopongano a operazioni a cranio aperto svegli. Tali operazioni sono infatti possibili
e praticate sempre più frequentemente anche in Italia.
Si vedano, per esempio, molti filmati disponibili su youTube di pazienti che vengono operati al cervello completamente svegli per consentire al chirurgo di produrre il minor danno collaterale possibile. Durante l’intervento, i pazienti parlano o suonano strumenti musicali, con la sola anestesia locale per la cute.
https://www.youtube.com/watch?v=WevLQ3Bhfb0
https://www.youtube.com/watch?v=ny98Sf8Arew
https://www.youtube.com/watch?v=NSgNod-Jm0E
Il progetto nel suo complesso durerà 5 anni, ma questo non significa che la sperimentazione su ogni animale durerà 5 anni.

Lo studio verrà condotto contemporaneamente, e non dopo, anche su volontari umani.

FALSO
In questa fase, lo studio su pazienti volontari umani si limita a caratterizzare gli effetti della lesione senza operare alcun intervento attivo.
Solo dopo che i meccanismi neurali alla base del recupero delle funzioni visive saranno stati studiati sull’animale, e le procedure riabilitative valutate rispetto alla loro efficacia e sicurezza, la riabilitazione sarà proposta ai pazienti, in accordo alle normative internazionali sulla sperimentazione clinica.

La ricerca su nuove cure per persone ipovedenti ha compiuto passi importanti solo grazie alle sperimentazioni su malati umani consapevoli.

FALSO
Gran parte di quello che conosciamo sull’organizzazione cerebrale delle funzioni visive e su come intervenire a fini terapeutici si deve alla sperimentazione animale. Si pensi ad esempio ai premi Nobel dati nel 1981 a David Hubel e Torsten Wiesel per i loro studi sul sistema visivo di diverse specie animali.
Quanto al ruolo della sperimentazione animale per lo sviluppo di cure su persone ipovedenti (sebbene su patologie visive diverse da quelle studiate nel progetto), un noto esempio è il trattamento di una forma genetica di cecità che colpisce i bambini (amaurosi congenita di Leber).
Questa patologia è curabile attraverso la terapia genica, per la cui efficacia sono stati indispensabili test su topi prima, e poi su cani affetti dalla stessa patologia.
Infine, riguardo la insostituibilità dello studio su primati non umani in altri ambiti di ricerca e intervento clinico, senza la ricerca sui macachi oggi non sapremmo dell’esistenza dei neuroni specchio, non avremmo la stimolazione cerebrale profonda per trattare con successo il morbo di
Parkinson, o non potremmo utilizzare la neuroprostetica per consentire ai pazienti con lesioni spinali di recuperare la possibilità di movimento.

Non c’è da stupirsi, visto che i test sugli animali falliscono,
ufficialmente, in oltre il 95 % dei casi*.
*NCATS (US NIH). About the National Center for Advancing Translational Sciences. 

FALSO
Il link non rimanda a nessuna pubblicazione specifica ma al sito istituzionale del Centro che fa parte del National Institute of Health, (USA).
Abbiamo informato il Centro, e sotto è riportato un estratto della risposta che abbiamo ricevuto: «our content is often misconstrued to the benefit of another organization’s own objectives. If you follow the link to our site, we don’t have any content that alludes to the claim posted in the  change.org webpage. […] It is unfortunate that we are being cited in this way».
 (I nostri contenuti sono spesso fraintesi a beneficio degli obiettivi di altre organizzazioni. Se si segue il link al nostro sito, non abbiamo alcun
contenuto che alluda alle affermazioni riportatenella pagina web di change.org. Dispiace essere citati in questo modo).

Noi di LAV mesi fa abbiamo chiesto al Ministero della Salute il Protocollo di questo esperimento, ma l’accesso agli atti ci è stato negato.

VERO
La normativa infatti prevede che il Ministero renda pubblica la “sintesi non tecnica” dei progetti autorizzati, e lo stesso Prof. Marco Tamietto ha reso pubblico il documento.
Le norme prevedono un equilibrio tra il principio di trasparenza e la riservatezza necessaria per tutelare i profili di proprietà intellettuale riferiti agli studi in corso. I dati e le informazioni relative ai dettagli della sperimentazione non sono segreti, ma riservati: non possono per legge essere resi pubblici ma sono stati valutati e approvati da tutti gli organismi competenti a livello nazionale e europeo.

Da un comunicato stampa LAV:

“la procedura è stata classificata come grave, come ammette lo stesso ricercatore”

VERO

Nella “sintesi non tecnica” è riportato infatti che si ritiene cautelativamente opportuno stimare il livello di sofferenza atteso come grave MA OCCORRE CAPIRNE LA RAGIONE 
La normativa prevede che l’assegnazione (obbligatoria) della categoria di gravità sia “basata sugli effetti più gravi che rischia di subire il singolo animale dopo che sono state applicate tutte le opportune tecniche di affinamento” (Dlgs 26/2014, allegato VII, sez. II). In caso di interventi chirurgici che comportano una lesione sperimentale, tale stima deve quindi considerare anche gli eventuali effetti collaterali.
Qualsiasi intervento al cervello su pazienti umani, per esempio per la rimozione di un tumore, dovrebbe avere la stessa classificazione di gravità
per i potenziali rischi che comporta.
Questo non significa che si faccia soffrire l’animale, così come non accade, se non in casi estremamente rari e eccezionali, che un intervento al cervello su pazienti umani abbia gravi esiti inattesi in termini di sofferenza del
paziente.
Inoltre, il senso del termine “cautelativo” è quello di indicare l’assunzione di responsabilità e consapevolezza del proponente riguardo ciò
che potenzialmente potrebbe accadere di imprevisto e indesiderato, come nei casi di chirurgie analoghe sull’uomo.
Proprio perché gli animali non possono firmare il “consenso informato”, spetta agli organi competenti valutare il rapporto tra costi/benefici in
relazioni ad una chiara analisi dei rischi presentata dai proponenti.
Di fatto, il proponente si mette nelle condizioni più restrittive e sfavorevoli per l’approvazione del progetto, richiedendo agli organi competenti di valutare se i benefici attesi dalla sperimentazione giustifichino esiti
potenzialmente importanti in termini di danno all’animale, seppur con bassa probabilità.