Lettera al Direttore de La Stampa

Caro Direttore Massimo Giannini,

assistiamo preoccupati da alcuni giorni alla scelta di alcune testate, tra cui il Suo giornale, di rappresentare il tema della sperimentazione animale come una posizione controversa nella comunità scientifica. L’articolo dell’11 dicembre della Senatrice a Vita, prof.ssa Elena Cattaneo, riprendeva un intervento della stessa Senatrice in Senato, in cui veniva riportata una verità di fatto: i test su animali hanno dato un contributo fondamentale e imprescindibile allo sviluppo dei vaccini contro Covid-19. Non potrebbe essere altrimenti, peraltro, poiché la sperimentazione animale è obbligatoria nella fase pre-clinica di sviluppo di farmaci e vaccini. Il giorno successivo, il Suo giornale pubblicava una lettera del presidente della Lega Antivivisezione, Gianluca Felicetti, indirizzata al Ministro della Salute, Roberto Speranza, con la richiesta di rendere attuativi in Italia i divieti alla sperimentazione animale su sostanze d’abuso e xenotrapianti, sperimentazioni regolarmente condotte nel resto d’Europa e del mondo. Infine, un articolo del 13 dicembre u.s., a firma Fabio Poletti, riprendeva la presunta diatriba “tra ricercatori”.

Ovviamente, un grande giornale nazionale come La Stampa deve essere luogo di espressione libera e plurale, in cui le opinioni diverse trovano spazio. Però, e qui sta il punto, le opinioni vanno separate dai fatti e la par condicio delle opinioni non può trasformarsi nel disconoscimento di dati di realtà e prove scientifiche consolidate. Alimentare una rappresentazione di conflittualità tra ricercatori e presentare come equivalenti le posizioni della comunità scientifica e quelle di associazioni prive di ogni autorevolezza, non ha nulla a che vedere con la libertà di espressione, ma mette a rischio due diritti costituzionali: il diritto alla salute e il diritto alla ricerca scientifica. Nessuno penserebbe oggi di adottare un criterio di par condicio per chi nega la forza di gravità in fisica o l’esistenza di campi di sterminio in storia. Per quale ragione allora, in ambito biomedico si dovrebbe dare voce a invenzioni “negazioniste” prive di riscontro, elevandole a opinioni legittime?

Questi i fatti.

L’intera comunità scientifica si è espressa unanimemente sulla indispensabilità della sperimentazione animale. Non lo affermano singoli ricercatori, ma gli organismi più rappresentativi e prestigiosi. Richiamiamo a titolo di esempio, nell’ordine:

  1. La Direttiva Europea 63/2010, punto di riferimento normativo comunitario in materia di sperimentazione animale, riporta al considerando 10 “l’impiego di animali vivi continua ad essere necessario per tutelare la salute umana e animale e l’ambiente.”
  2. L’Accademia dei Lincei (di cui sono stati soci Galileo Galilei e Quintino Sella), oggi organo consultivo della Presidenza della Repubblica ha espresso un parere sul tema il 25 maggio u.s. dichiarando che un “aspetto fondamentale ed irrinunciabile [per la ricerca biomedica] è basato sull’uso sperimentale di animali, necessari come modelli per il progresso delle conoscenze e per lo sviluppo di interventi medici e terapeutici.”
  3. La conferenza dei Rettori di tutte le Università italiane (CRUI), in un documento del 27 novembre u.s. dall’eloquente titolo “Documento per affermare la centralità della ricerca e della sperimentazione animale”, afferma, tra altre considerazioni, “La sperimentazione animale rientra tra i metodi e mezzi necessari per arrivare a terapie efficaci e sicure. L’uso di animali è infatti previsto nell’ultima fase della sperimentazione che precede le prove di farmaci e terapie sull’uomo, la così detta “ricerca preclinica” ed è indispensabile nella ricerca di base, in particolare nel campo degli studi sul cervello e le sue patologie”.

In conclusione, noi, Patto Trasversale per la Scienza (PTS), riteniamo che sia del tutto legittimo rifiutare per motivi etici la sperimentazione animale, ma a condizione di non ingannare i cittadini e i lettori affermando che “le alternative esistono già”. L’unica alternativa reale è rinunciare a future terapie e togliere ogni speranza di guarigione a quei pazienti per i quali non esista già un trattamento efficace o, come possibilità estrema, testare direttamente sull’uomo potenziali farmaci o vaccini. È evidente che entrambe le scelte avrebbero implicazioni etiche e ricadute sociali inaccettabili.

Desideriamo ribadire che ogni singola terapia o vaccino disponibile oggi è stata ottenuta grazie a precedenti studi su modelli animali. Va in questa direzione la proposta di molti scienziati di riportare sulle scatole dei farmaci e nei ‘bugiardini’ la scritta “È stato possibile sviluppare questo farmaco grazie alla sperimentazione animale“.

In conclusione, come PTS, ci auguriamo che chi come Lei dirige un importante strumento di informazione scelga sempre di offrire ai lettori una comunicazione sì libera e plurale, ma al contempo verificata, accurata e coerente e non necessariamente vincolata al principio dell’”opinione bilanciata”. A tutela della salute, della comunità tutta e del nostro futuro. 

Questo testo potrà essere liberamente diffuso, dal mittente o dal ricevente.

Cordialmente,

il Consiglio Direttivo del PTS

Prof. Guido Poli (Presidente), Dr.ssa Francesca Ulivi (Vice-Presidente), Prof. Enrico Bucci, Avv. Luciano Butti, Avv. Corrado Canafoglia, Prof.ssa Julia Filingeri, Prof. Andrea Grignolio, Dr. Diego Pavesio, Dr. Luca Pezzullo, Prof. Guido Silvestri, Prof. Marco Tamietto, Prof. Vincenzo Trischitta, Sig. Andrea Uranic, Prof.ssa Antonella Viola

Prof. Roberto Caminiti, Coordinatore, Gruppo Operativo sulla “Sperimentazione Animale”, PTS https://www.pattoperlascienza.it/

Il PTS rinnova Direttivo e Vice Presidenza

A SERVIZIO DEI CITTADINI I SUOI ESPERTI CON “PTS PER TE”

Si chiama “PTS per TE” ed è lo strumento digitale con cui il Patto Trasversale per la Scienza (PTS) si mette a disposizione di tutti i cittadini per rispondere in maniera chiara e diretta alle loro domande e dubbi sui temi relativi alla scienza, al metodo scientifico e anche alle paure rispetto a quel che stiamo vivendo.

Con “PTS per TE” ricercatori e specialisti del PTS, con varie competenze, risponderanno in diretta social e digital (Facebook e YouTube) a tutte le domande che chiunque intenda porre. Si tratta di un formato innovativo, che non prevede un “talk-show” tra scienziati o domande dei giornalisti, ma un filo diretto con i cittadini, senza intermediazioni, affinché la ricerca possa dialogare senza filtri e in maniera chiara e comprensibile con tutti gli interessati.

Il formato è stato ideato dalla nuova Vicepresidente del Patto Trasversale per la Scienza, Francesca Ulivi, giornalista e attivista per i diritti dei malati, Direttore Generale della Fondazione Italiana Diabete.

Ulivi, che proviene da una esperienza trentennale in tv, dove ha diretto svariati telegiornali nazionali e aziende dei media, è stata eletta all’unanimità dopo le dimissioni dal direttivo del Prof. Andrea Cossarizza (primo vicepresidente del PTS e successivamente Presidente ad interim dopo le dimissioni del Prof. Lopalco per la propria scelta di candidatura politica), ed è uno dei soci fondatori dell’Associazione, già responsabile della comunicazione e membro del Consiglio Direttivo.

La prima puntata di “PTS per TE” sarà in diretta online sulle pagine Facebook e YouTube del PTS domenica 13 dicembre dalle 18 alle 19.  Sarà dedicata ai “vaccini per la Covid-19” e a rispondere alle domande saranno il Presidente del PTS, Prof. Guido Poli (professore ordinario di patologia generale) e la Professoressa Antonella Viola, recentemente nominata membro del direttivo dell’Associazione.

Antonella Viola è Professoressa Ordinaria di Patologia Generale presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e Direttrice Scientifica dell’Istituto di Ricerca Pediatrica – Fondazione Città della Speranza. Oltre alla sua attività didattica e di ricerca, Antonella Viola è editorialista di alcuni quotidiani e si occupa attivamente di divulgazione scientifica. E’ responsabile del coordinamento del Gruppo Operativo “Malattie infettive, Vaccini e Terapie avanzate”.

Il rinnovato consiglio Direttivo del PTS, oltre ad Antonella Viola, vede l’ingresso di altri tre nomi di assoluto spicco nel panorama scientifico italiano: Enrico Bucci, Marco Tamietto e Vincenzo Trischitta.

Bucci è Adjunct Professor in Biologia dei Sistemi complessi e Direttore del programma di Biologia dei Sistemi Complessi presso lo Sbarro Institute for Cancer Research and Molecular Medicine (Temple University, Philadelphia, US). Noto soprattutto per il suo lavoro nel campo della integrità nella ricerca scientifica e per il suo instancabile apporto alla divulgazione, sia come editorialista, sia in tv e nel digitale. Per il PTS coordina il Gruppo Operativo sull’”integrità scientifica”.

Marco Tamietto è un neuroscienziato, Professore Ordinario di psicobiologia e psicologia fisiologica all’Università di Torino (2017) e Research Fellow all’Università di Tilburg (Paesi Bassi). Ha subito violenti attacchi e minacce di morte dagli animalisti, assieme al Prof. Luca Bonini perché impegnato nel progetto “LightUp” sui macachi, volto a ridare la vista a persone colpite da cecità totale o parziale a seguito di danno cerebrale.

Vincenzo Trischitta èProfessore Ordinario di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Roma “Sapienza” e Direttore del Laboratorio di Ricerca di Diabetologia ed Endocrinologia, presso l’IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (FG), dove coordina ricerche nel settore della genetica e dell’epidemiologia del diabete di tipo 2 e delle sue complicanze croniche. E’ creatore del sito di divulgazione scientifica “FiveHundredWords”. E’ Socio Fondatore del PTS e coordinatore del Gruppo Operativo sulla “Comunicazione con il Pubblico”.

A completare il rinnovato direttivo del PTS un altro membro “laico”, Andrea Uranic referente della gestione tecnica, impiantistica e della logistica per gli insediati dell’Area Science Park di Trieste. E’ il creatore del sito del PTS di cui è anche webmaster e social media manager.

Commenta il Presidente Guido Poli: “prima di tutto desidero ringraziare chi ha lasciato il direttivo in questi mesi per motivi personali o di opportunità politica: Pierluigi Lopalco, Andrea Cossarizza, Roberto Burioni, Giulia Corsini e Maria Santoro. A loro va tutta la nostra gratitudine per l’importante servizio reso all’Associazione nel suo primo anno di vita e, soprattutto, durante la crisi determinata dalla pandemia in corso. Do il benvenuto ai nuovi membri e sono onorato di poter presiedere una associazione con un così alto valore scientifico ed umano all’interno del direttivo e tra i propri soci. Tengo a rimarcare l’elezione unanime della Vice Presidente Francesca Ulivi, figura “laica” rispetto a medici e ricercatori, ma necessaria in una associazione come il PTS che vuole essere trasversale, rappresentare la società civile e soprattutto proteggerla e proteggere i più fragili, quindi i malati, da cialtroni e disinformazione in ambito scientifico. Nella stessa direzione di servizio verso la popolazione, va la nostra nuova iniziativa “PTS per TE”.

COMITATO DIRETTIVO DEL PTS

Presidente: Guido Poli

Vice Presidente: Francesca Ulivi

Segretario: Julia Filingeri

Tesoriere: Diego Pavesio

Membri del direttivo: Guido Silvestri (creatore del PTS), Enrico Bucci, Luciano Butti, Corrado Canafoglia, Andrea Grignolio, Luca Pezzullo, Marco Tamietto, Vincenzo Trischitta, Andrea Uranic, Antonella Viola.

DISCUSSIONE PUBBLICA E DEMOCRATICA SUI CRITERI DI DISTRIBUZIONE DEI VACCINI

Proposta del Patto per la Scienza

I vaccini per Covid-19 sono in dirittura d’arrivo. Quando le autorità regolatorie (EMA, AIFA) auspicabilmente daranno la loro approvazione condizionale, potremo essere certi della loro efficacia e sicurezza. Questa approvazione si basa sui risultati ottenuti nei trial clinici di fase I (sicurezza), II (definizione del dosaggio e primi dati di efficacia) e III (efficacia clinica). Come sempre accade, nei mesi a venire, il processo di monitoraggio da parte delle agenzie regolatorie proseguirà, al fine di valutare gli effetti dei vaccini che potrebbero non essersi verificati durante gli studi clinici, ma che si potrebbero verificare, come eventi rari, vaccinando milioni di persone.

Gli effetti indesiderati riportati fino ad oggi sulle ca. 70.000 persone con i primi vaccini che saranno autorizzati sono di breve durata e si manifestano, in una piccola percentuale di soggetti, con sintomi di lieve entità che vanno dal dolore nel sito di iniezione a mal di testa. In qualche raro caso (2%), però, i soggetti vaccinati hanno manifestato una sintomatologia più severa con febbre, spossatezza e rigonfiamento locale, tutti sintomi regrediti spontaneamente entro due giorni o facilmente controllabili assumendo un farmaco anti-infiammatorio. Anche questa eventualità non deve spaventare o indurre esitazione relativamente a questi vaccini perché è una reazione ben nota (“reattogenicità”) del nostro sistema immunitario alla vaccinazione.

L’approvazione dei vaccini per COVID-19 rappresenta un altro passo fondamentale nel contributo che la ricerca scientifica e tecnologica offre all’umanità, a meno di un anno dalla comparsa di questo nuovo virus pandemico, un evento senza precedenti nella storia dell’umanità.

Diventeranno così immediatamente attuali due questioni molto rilevanti che riguardano la democrazia e i diritti, sulle quali, noi PTS, riteniamo sia opportuno aprire sin d’ora una discussione pubblica e priva di pregiudizi.

La prima riguarda i rapporti tra gli stati ed i popoli del mondo. Si tratta di “dare un senso concreto alla dichiarazione che i vaccini sono un bene pubblico globale” principio sul quale si è recentemente espressa l’Accademia dei Lincei in un documento del 20 novembre 2020, contenente indicazioni preziose anche per il nostro Governo, che si avvia a presiedere il G-20 nel 2021.

La seconda questione riguarda le priorità di distribuzione dei vaccini all’interno di ogni Paese annunciati in Parlamento dal Ministro della Sanità il 2 dicembre: prima operatori sanitari e sociosanitari, poi residenti e tutto il personale delle RSA. Successivamente, nell’ordine, anziani oltre gli 80 anni, persone oltre i 60 anni, categorie impegnate in servizi essenziali. Il Ministro ha tuttavia precisato che potranno esservi adattamenti nella strategia e nei criteri, ad esempio nel caso di focolai epidemici rilevanti in aree specifiche del Paese.

Noi PTS riteniamo che occorra aprire su questo tema una discussione pubblica e che la flessibilità e possibilità di correggere nel corso del tempo i criteri annunciati debba essere seriamente presa in considerazione, anche oltre l’esempio indicato dal Ministro.

Dovrà naturalmente rimanere ferma la priorità assoluta per operatori sanitari e sociosanitari, scelta condivisa con le altre nazioni, che, tra l’altro, consentirà a questi professionisti di agire come ‘testimonial’ pubblici dei vaccini, informando correttamente il pubblico circa i modesti e transitori effetti collaterali sempre possibili per qualsiasi farmaco allo stesso tempo rassicurando sulla loro sicurezza.

Rispetto all’ordine delle categorie successive, informazioni aggiuntive saranno probabilmente fornite dalle ricerche in corso sulla consistenza e sulla durata dell’efficacia dei vaccini approvati, anche in relazione alle specifiche fasce di età. Anche per questo, flessibilità e discussione pubblica saranno importanti. In tale ambito, sarà importante non dimenticare che:

  • esistono persone con meno di 60 anni, ma con importanti patologie, che – anche considerata la lunga aspettativa di vita – dovrebbero poter beneficiare di una significativa priorità di vaccinazione;
  • alcune categorie professionali – ad esempio tutti gli operatori dell’università (e non solo della scuola) – svolgono un servizio fondamentale per il futuro dell’intera nazione, attualmente purtroppo erogato in larga misura solo a distanza.

In conclusione, ci appelliamo al Governo perché criteri e priorità di accesso ai vaccini anti-COVID-19 siano rivisti periodicamente sulla base delle conoscenze scientifiche che andranno rapidamente ad accumularsi rinunciando così a scelte aprioristiche rigide.

Noi PTS siamo disponibili e interessati a dialogare con tutte le parti interessate, politici, amministratori della salute pubblici e privati, e cittadini, per ottimizzare su basi scientifiche la fondamentale opportunità rappresentata dall’imminente disponibilità di uno o più vaccini efficaci nel prevenire il ricovero ospedaliero e, auspicabilmente, la trasmissione dell’infezione nella società.

Nota del Direttivo del PTS

Nei giorni scorsi Enrico Bucci, membro del Direttivo, è stato oggetto di critiche pubbliche infondate. Confermiamo la nostra piena fiducia verso Enrico e invitiamo a smettere di infangarne l’onorabilità.

Di seguito la sua risposta in dettaglio

1. I processi sommari o alle intenzioni non fanno parte dell’etica pubblica liberale. In particolare, io rispondo se ci sono accuse documentante nei miei confronti (reati o cattiva condotta); quelle che mi sono state rivolte sono illazioni infondate.

2. Come da sito della Temple University, sono professore aggiunto presso il dipartimento di biologia. Sempre dal sito, è possibile vedere come io faccia parte della “research faculty”, senza dovere di insegnamento. Una cosa che in America è diffusa, con una storia peraltro illustre. Il titolo di professore aggiunto si ottiene attraverso valutazione di una proposta del candidato e viene confermato periodicamente sulla base delle pubblicazioni scientifiche prodotte ed esaminate dal Dean della facoltà di riferimento. Chi crede che il titolo sia “farlocco”, non ha che da riferirlo alla Temple University.

3. Almeno alcune delle accuse rivolte mancano di prove o si basano su prove false. Per esempio, l’articolo di Schneider ed i fatti di riferiti dalla Corsini sono così poco aderenti alla realtà da contestare ad Antonio Giordano le schede che PubPeer rivolge all’insieme degli autori che si chiamino A. Giordano (esempio: Franck A. Giordano, Assunta Giordano eccetera), con ciò denotando la cura che chi porta l’accusa mette nel verificare la fondatezza delle proprie fonti. Allo stesso modo, è falsa l’accusa a me rivolta di aver minacciato il blogger tedesco Schneider, come da questi riportato in base ad uno stralcio di email non verificato e dalla Corsini ripreso. È pure non corretta l’accusa rivolta dalla Corsini al Patto Trasversale della Scienza, di non essere stata ascoltata, per il solo fatto di non aver ottenuto ragione.

4. Per ovvi motivi di terzietà, non è opportuno che un affiliato ad una certa università sia responsabile dell’investigazione di potenziale cattiva condotta di un altro affiliato alla stessa università. Questo elementare principio preclude che io possa formalmente investigare il caso di Giordano.

5. Ciò nonostante, posso confermare che da anni il professor Giordano e tutti i gruppi che hanno collaborato con lui sono impegnati in un processo di revisione e correzione dei propri lavori, partito su base volontaria e non sollecitata.

6. Io non ho investigato su determinati importanti ricercatori per motivi personali, ma perché sono stato a ciò incaricato dalla Procura di Milano. Nel caso da me investigato, come in quello di Giordano, si pone il problema di un capo di laboratorio cui può capitare di essere implicato in incidenti di cattiva condotta a causa del comportamento frettoloso di suoi collaboratori.

7. La caratterizzazione di persone o gruppi di persone sulla base di stereotipi negativi (pizza/mafia/Italia/frode) è una inaccettabile forma di discriminazione, che nulla ha a che vedere con l’integrità di chi è accusato, ma molto con la mentalità dell’accusatore.

8. Ripetere continuamente le stesse accuse fingendo che non si sia avuta risposta, coinvolgendo continuamente nuovi enti, persone e pubblico è una forma di cattiva condotta.

FARE DI PIU’ E MEGLIO

l’appello del PTS a tutta la comunità nazionale

Il Patto Trasversale per la Scienza rivolge alla società civile un appello a “FARE DI PIU’ E FARE MEGLIO!” per superare prima possibile l’emergenza trasformando difficoltà e reciproche accuse in un impegno comune.

La presente fase di gestione della pandemia è – allo stesso tempo –critica per la pressione ospedaliera, ma caratterizzata da notiziepromettenti, pur se ancora preliminari sulla messa a punto di vaccini e terapie specifiche anti-COVID-19.

Noi cittadini dobbiamo fare di più e meglio: anche oltre i divieti e gli obblighi (tutti da rispettare), riduciamo temporaneamente tutti i contatti sociali non indispensabili, soprattutto al chiuso, senza ascoltare chi nega la gravità della situazione.

Le istituzioni nazionali e regionali devono tutte fare di più e meglio:

organizzando finalmente quanto finora non è stato adeguatamente organizzato, in termini di trasporti pubblici, assistenza domiciliare ai malati e medicina territoriale (dal coinvolgimento dei medici di famiglia alle USCA, Unità Speciali di Continuità Assistenziale);

– rendendo subito disponibili, in formati utilizzabili per la ricerca, cioè disaggregati, tutti i dati epidemiologici (oltre a tutti i verbali del CTS);

– appoggiando – forti anche della completa trasparenza sui dati – le iniziative miranti a contrastare ogni forma di negazionismo e di pseudoscienza, anche relativamente alla pandemia;

– avviando un monitoraggio epidemiologico su solide basi statistiche, per poter sapere quanto siano efficaci le variazioni delle misure di contenimento decise a livello nazionale, regionale, provinciale o locale.

Tutta la comunità nazionale – governo, regioni, insegnanti, personale scolastico, genitori, studenti – deve fare di più e meglio per la scuola. Evitiamo, tutti insieme, che l’Italia la sola nazione ad usare la chiusura delle scuole come principale strumento per ridurre il contagio: ciò non avviene in alcun altro paese europeo! In tutte le regioni governo e enti locali devono lavorare insieme, con l’obiettivo che la scuola in presenza, con tutte le cautele necessarie (mascherine incluse), sia garantita, soprattutto per i più piccoli.

Il Governo e il Ministero della Salute devono fare di più e meglio! Devono informare i cittadini – adesso e in dettaglio – su quanto si sta facendo per acquisire la disponibilità e organizzare la distribuzione non solo dei futuri vaccini, ma anche delle terapie innovative già approvate per uso di emergenza in altri paesi (per es., alcuni anticorpi monoclonali, di comprovata efficacia per ridurre in modo importante il carico ospedaliero di pazienti che possono quindi essere curati a casa propria). E’ quanto serve oggi (non domani) ed a tal fine occorre utilizzare subito, se necessario, tutte le risorse rese disponibili anche dall’Europa.

Pubblichiamo la lettera del Presidente del PTS inviata al Ministro dell’Università e della Ricerca, Prof. Gaetano Manfredi

inviata in data 21 ottobre 2020 e in attesa di una Sua cortese risposta

Alla C.A.

On. Gaetano Manfredi

Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica

Oggetto: la situazione del finanziamento alla ricerca scientifica in Italia. Il ruolo del Patto Trasversale per la Scienza (PTS)

On. Ministro, Ill.mo Prof. Manfredi,

Le scrivo in qualità di Presidente dell’Associazione “Patto Trasversale per la Scienza (PTS)” (https://www.pattoperlascienza.it/), oltre che, personalmente, da professore universitario e ricercatore, per comunicarLe la nostra posizione sul delicato quanto strategico tema in oggetto.

L’Associazione PTS, che ho l’onore di presiedere, nata a giugno 2019 e sostenuta da oltre 500 soci, ha come propria mission di essere un soggetto super partes capace d’interlocuzione coi decisori politici (a tutti i livelli) e, contemporaneamente, di rappresentare un punto di riferimento con solide basi scientifiche per la società civile. Nonostante la sua breve vita è già stata protagonista di diverse “battaglie” a favore della scienza e del progresso rispetto alla pseudoscienza nelle sue diverse manifestazioni (dai “no vax”, alla cosidetta “medicina omeopatica”, ai negazionisti della rilevanza del virus pandemico causa della COVID-19).

Tra le battaglie più importanti in cui il PTS ha preso una posizione netta vi è quella sulla libertà di sperimentazione animale, nel rispetto delle regole bioetiche internazionali, che vede l’Italia relegata grottescamente al di fuori dal contesto scientifico internazionale nonostante il livello assoluto dei propri ricercatori. Nello specifico, mi riferisco al Gruppo Operativo sulla sperimentazione animale del PTS, guidato dal Prof. Roberto Caminiti (che aveva già preso posizione a giugno sul caso Lightup: https://www.pattoperlascienza.it/2020/06/08/scienza-e-giustizia-in-italia-il-caso-light-up/) oltre ad un ricercatore di punta quale il Prof. Marco Tamietto, membro del Direttivo del PTS. Le chiedo quindi di considerarci parte attiva per riportare la ricerca italiana all’interno degli standard internazionali che merita.

Nell’attesa di poterLa incontrare, di persona o a distanza, per approfondire questi temi, La ringrazio per l’attenzione e La saluto cordialmente augurandomi che il PTS possa esserLe d’aiuto nella promozione della scienza e della ricerca italiana.

Cordialmente,

Prof. Guido Poli,

Presidente

Patto Trasversale per la Scienza

Comunicazione del PTS sulla sperimentazione animale (ordine cronologico)

LightUp

La storia del progetto europeo sospeso dal Consiglio di Stato

Con l’ordinanza del Consiglio di stato del 9 ottobre scorso, che sospende il progetto di ricerca “LightUp” si chiude, per il momento almeno, una vicenda che ha scosso, e non poco, la comunità scientifica. In breve, il progetto LightUp, sottomesso nel febbraio 2017, viene approvato e finanziato dallo European research council (Erc) all’inizio 2018. La ricerca parte nell’ottobre dello stesso anno, con l’obiettivo di studiare come recuperare le funzioni visive compromesse in pazienti che hanno subito danni cerebrali dovuti a ictus o traumi. Per avere un’idea, questi pazienti sono circa 100 mila l’anno in Italia e la cecità di cui sono affetti non dev’essere confusa con quella dovuta a lesioni della retina. 

di Corrado Sinigaglia – continua a leggere cliccando qui

SCONCERTO PER LE DECISIONI DEL CONSIGLIO DI STATO SUL CASO LIGHTUP

NON RIPETIAMO LE VICENDE STAMINA E DI BELLA, CHIEDIAMO UNA PRESA DI POSIZIONE CHIARA AI MINISTRI SPERANZA E MANFREDI

Abbiamo appreso con sconcerto la decisione del Consiglio di Stato di sospendere nuovamente il progetto di ricerca Lightup.

Con l’Ordinanza di ieri, firmata dal Presidente della Terza Sezione Franco Frattini meno di 48h fa, l’Italia della scienza rivive lo sconcerto avuto nel leggere le decisioni giudiziarie che hanno accompagnato e alimentato le tristemente note vicende “Stamina” e “Di Bella”, che, si sperava – almeno in tempi di pandemia -, di aver consegnato al passato. Oggi la giustizia amministrativa, pur negandolo a parole, ha finito col sostituirsi alle responsabilità e conoscenze tecnico-scientifiche che la legge assegna agli organismi di valutazione competenti.

Lo European Research Council (ERC), l’organismo Europeo più prestigioso nella valutazione e promozione della ricerca, ha giudicato il progetto LIGHTUP scientificamente eccellente e eticamente conforme alla direttiva europea. Un processo di valutazione durato oltre 1 anno che ha coinvolto più di 20 esperti internazionali indipendenti. A livello nazionale, Il Ministero della Salute, come prescrive la legge, ha chiesto al Consiglio Superiore di Sanità (CSS), il suo massimo organismo tecnico-scientifico, di esprimersi sul progetto. Nella valutazione, espressa all’unanimità, si legge che “il ricorso ad un modello animale chirurgicamente indotto è ampiamente riconosciuto in letteratura e rappresenta la metodologia di studio più idonea per esplorare i meccanismi soggiacenti al fenomeno del “blindsight” in prospettiva di una ricerca traslazionale in clinica umana”, e ancora che “la sperimentazione viene condotta nel rispetto delle tre R e comporta un rapporto danno/beneficio da considerarsi favorevole “. Dopo la precedente ordinanza, in cui il Consiglio di Stato chiedeva ancora una volta di “fornire prova sull’impossibilità di trovare alternativa ad una sperimentazione invasiva sugli animali” il Ministero ha nuovamente interpellato il CSS in una composizione di membri interamente rinnovata rispetto a quella che aveva inizialmente valutato e approvato il progetto. In questa ulteriore valutazione il CSS, di nuovo all’unanimità, scriveva: “alla data odierna, non esistano metodi alternativi ad una sperimentazione invasiva sugli animali così come prevista nel progetto di ricerca”. Infine, il TAR del Lazio, nell’unica sentenza di merito sulla vicenda, chiariva che “le censure dedotte dalle parti ricorrenti [LAV] si rivelano generiche e prive di fondamento in fatto e in diritto”.

Mesi di valutazioni e ri-valutazioni di esperti, tecnici, veterinari, giuristi.

Questa vicenda, come abbiamo sempre sostenuto, non riguarda però il progetto LIGHTUP, che certamente continuerà come è stato pensato e approvato, senza ricorrere ad un animale in più ma neanche ad uno in meno di quanti sono scientificamente necessari. Quello che si deciderà a gennaio è se il progetto ERC vinto continuerà a svilupparsi in Italia, oppure in un altro paese europeo. Di fatto, è in gioco la capacità dell’Italia di promuovere e tutelare la ricerca di eccellenza, la credibilità e il prestigio delle istituzioni scientifiche chiamate a valutare e monitorare la ricerca, nel pieno rispetto delle norme etiche che la disciplinano.

Ci chiediamo cosa ne pensino in particolare il Ministro della Salute Roberto Speranza di una ordinanza in cui si disconosce il giudizio di merito espresso per ben due volte, in due composizioni diverse, dal CSS, organo del suo Ministero e il Ministro dell’Università, Prof. Gaetano Manfredi, di un “sistema Paese” che non riesce a tutelare il regolare e ordinato svolgimento di quei pochi progetti ERC vinti da ricercatori italiani intenzionati a sviluppare il progetto in Italia nell’interesse della conoscenza e della salute di tutti, ma che sono sottoposti a minacce, lettere con proiettili e infine ripagati con questo livello di ottuso ostruzionismo? Chiediamo con forza che su questi temi il Governo in particolare, e la classe politica in generale, prendano una posizione netta, proprio in un momento in cui la pandemia ha reso evidente, ma forse non per tutti, quanto la nostra vita e la nostra capacità di affrontare vecchie e nuove sfide dipenda dalla ricerca e dalla sua tutela.

“Contagiati non vuol dire malati”? La lezione del virus dell’AIDS

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Cosa possiamo imparare dalla conoscenza accumulata sull’infezione da HIV che possa essere utile per affrontare meglio la sfida di SARS-CoV-2? E che lezione possiamo trarre da un virus che alcuni consideravano un fattore d’innesco (ma non la causa) della malattia – una posizione assimilabile all’espressione usata in questi giorni, “contagiati non vuol dire malati”?

di Guido Poli e Guido Silvestri

Erroneamente si parla spesso di “intelligenza del virus” o “strategia del virus” per descriverne le caratteristiche peculiari di trasmissione, patogenesi ed evoluzione in seguito all’accumulo di mutazioni che, tra altre proprietà, ne favoriscono la sfuggita al controllo del sistema immunitario o di farmaci antivirali. In realtà, i virus non sono dotati di “intelligenza”, ma sono il frutto di una selezione biologica che ne definisce le proprietà peculiari.

Restringendo l’analisi ai virus pericolosi per l’essere umano, possiamo considerare, per esempio, il fatto che l’infezione da HIV (human immunodeficiency virus, causa dell’immunodeficienza acquisita o AIDS, mortale per oltre il 95% delle persone infettate se non curata con la terapia antiretrovirale di combinazione, cART, disponibile dalla metà degli anni ’90 in poi) sarebbe perfettamente prevenibile se tutte le persone sessualmente attive utilizzassero condom, se non ci fossero più scambi di siringhe tra persone che usano droghe di ricreazione per via parenterale e se il sangue o altri emoderivati fossero universalmente controllati come avviene in Italia oramai da decenni.

Eppure, abbiamo circa 40 milioni di persone infettate sul pianeta e, nonostante gli indiscutibili progressi della cART (che permette alle persone infettate di condurre una vita quasi comparabile per durata e qualità a quelle delle persone non infette dello stesso sesso ed età) l’infezione da HIV e anche l’AIDS che ne è la conseguenza estrema continuano a persistere in Italia (circa 130.00 persone infettate, 3.500 nuovi casi l’anno di cui il 50% con sintomi clinici e il 15% già con AIDS conclamata, oltre a un “sommerso” stimato nel 12% di persone che non sa di essere infettata) come nel resto del mondo.

Cosa possiamo imparare dalla conoscenza accumulata nell’infezione da HIV che possa essere utile per affrontare meglio la sfida di quest’ultimo virus pandemico, il SARS-CoV-2, causa della grave malattia respiratoria e sistemica nota come Covid-19? Nel primo decennio dell’infezione da HIV (che ha fatto il suo esordio con uno scarno bollettino dei Centers for Disease Control, CDC, di Atlanta, Georgia, USA, nell’estate del 1981 [1]), la comunità scientifica era divisa, anche animosamente, tra coloro che ritenevano che il virus (scoperto nel 1983) fosse non solo la causa dell’AIDS, ma anche la principale causa di malattia, e altri che ritenevano che fosse semplicemente un fattore d’innesco della patologia, ma che questa fosse causata da un’alterata risposta immunitaria che conduceva alla grave immunodeficienza alla base dell’AIDS con meccanismi sostanzialmente indipendenti dal virus.

Questa dicotomia aveva profonde implicazioni per lo sviluppo di una terapia adeguata, perché, se il virus non avesse avuto potenziale patogenetico, lo sviluppo di farmaci antiretrovirali avrebbe potuto non avere l’impatto sperato nel controllo della malattia e nella reversione dello stato d’immunodeficienza (giova ricordare che le persone in AIDS morivano per infezioni o tumori definiti “opportunistici”, perché colpivano solo coloro che avevano profonda immunodeficienza). Potremmo assimilare questa seconda posizione all’efficace espressione di questi giorni riferita all’infezione da SARS-CoV-2: “contagiati non vuol dire malati”.

La disputa accademica sul ruolo del virus HIV finì grazie a uno studio retrospettivo del 1996 di John Mellors, di Philadelphia. Mellors si era posto una domanda semplice, ovvero se, nel momento dell’arruolamento di uno studio prospettico (cioè di monitoraggio nel tempo dell’evoluzione clinica dell’infezione) fosse più informativo il numero assoluto di linfociti T CD4+ nel sangue periferico (indice complessivo dello stato più o meno avanzato dell’immunodeficienza) o lo fossero i livelli di HIV nel sangue (“viremia”) misurati come numero di copie di RNA virale/ml di plasma e indice di replicazione virale.

Il risultato dello studio fu inequivocabile: i livelli di viremia erano enormemente (statisticamente) più predittivi del numero di linfociti T CD4+ nel predire l’evoluzione nel tempo dell’infezione (Figura 1). Tanto più alta la viremia, tanto più rapida la progressione ad AIDS e morte e viceversa, mentre il numero di linfociti T CD4+ era predittivo di evoluzione di morte per AIDS solamente al di sotto la soglia delle 385 cellule/µl [2].

“It’s the virus, stupid!” fu la battuta che pose fine alla disputa accademica e che determinò il fatto che la definizione di “HIV disease” (“malattia da HIV”), già introdotta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1990 [3], si affermasse definitivamente a significare, appunto, che l’infezione per se, ancorché asintomatica per molti anni, era da considerarsi già malattia. Infatti, la cART (che dimostrò la sua efficacia iniziale nello stesso anno, 1996, di questo studio, per poi affinarsi sempre più fino ai giorni nostri) viene iniziata indipendentemente dalla presenza o meno di sintomi clinici.

Curve di sopravvivenza di Kaplan-Meier stratificate in quartili delle medie delle prime due determinazioni di viremia (copie di RNA/ml di plasma) (A) o del n. assoluto di linfociti T CD4+ per µl (B) (n=172) rispetto al momento della morte.

Che lezione possiamo trarre dalla storia dell’infezione da HIV per meglio fronteggiare la pandemia di questo nuovo virus che, in meno di un anno, ha già infettato più di 20 milioni di persone al mondo e causato la morte di circa 800.000 persone? Come agli albori dell’infezione da HIV non abbiamo ancora terapie sufficientemente efficaci per poter guardare con tranquillità alla possibilità che una persona s’infetti e progredisca clinicamente verso gli stadi più gravi; idem per quanto riguarda il vaccino, che tuttavia sembra molto più vicino e probabile per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 che non da HIV.

Giova inoltre ricordare che anche nell’infezione da HIV esistono persone “contagiate, ma non malate”: sono le persone definite “long-term nonprogressors” o “elite controllers” (che rappresentano meno del 2-3% delle persone infettate) che, grazie a caratteristiche solo in parte decifrate, convivono col virus HIV senza assumere farmaci e senza evolvere verso l’AIDS per molti anni (in qualche caso decenni). Ovviamente questo non significa che “il virus non causa l’AIDS”, come sostenevano i negazionisti (altro fenomeno simile a certe posizioni estreme rispetto alla Covid-19), ma semplicemente che, nonostante i quasi 40 anni in cui il virus HIV è esordito a livello globale, esistono ancora aspetti sconosciuti nel rapporto tra virus e ospite per comprendere quali fattori proteggono questi rari individui dalle conseguenze del virus HIV, così come non conosciamo per quali motivi la maggioranza dei bambini e dei giovani adulti non vanno incontro a progressione clinica dell’infezione da SARS-CoV-2.

Un aspetto finale (ma sicuramente se ne potrebbero individuare altri) della convivenza col virus HIV riguarda lo stigma e la discriminazione che hano accompagnato, e in parte continuano ad accompagnare, soprattutto nelle regioni più povere del mondo, le persone infettate con importanti conseguenze sia psicologiche che relazionali e occupazionali. In questo senso, “contagiato non vuol dire malato” potrebbe essere riletto in chiave sociale non per negare la potenziale infettività di chiunque sia portatore di virus per i propri contatti (ne sappiamo ancora troppo poco della risposta immunitaria e dell’efficacia protettiva degli anticorpi nella trasmissione interindividuale per concludere che chi sviluppa le IgG non trasmette più il virus), ma per affermare una cultura di condivisione delle misure di protezione individuale (mascherine), di igiene delle mani e di distanziamento sociale, soprattutto nei luoghi chiusi, come migliore garanzia di contenimento della diffusione del nuovo virus e di prevenzione delle possibili conseguenze cliniche dell’infezione.

Referenze
1. M. Gottlieb et al, Pneumocysitis pneumonia–Los Angeles. Morbidity and Mortality Weekly Report, 30: 250-252, 1981- PMID: 6265753
2. J.W. Mellors et al, Prognosis of HIV-1 infection predicted by the quantity of virus in plasma. Science, 272 (5265): 1167-1170, 1996. DOI: 10.1126/science.272.5265.116
3. WHO. Interim proposal for a WHO staging system for HIV infection and disease”. Wkly Epidemiol. Res. 65 (29): 221-224, 1990. PMID: 1974812

PIER LUIGI LOPALCO SI DIMETTE DA PRESIDENTE DEL PTS

Il nostro Presidente ha rassegnato oggi le dimissioni per incompatibilità, a seguito della sua decisione di candidarsi alle elezioni amministrative in Puglia.

Scrive Lopalco nella sua lettera di dimissioni: “Fra poco sarò ufficialmente candidato nelle file di Emiliano aspirando al ruolo di Assessore alla Sanità in Puglia. E’ una sfida che non mi sono sentito di non accettare, per amore nei confronti della mia terra e per il principio cui sono stato sempre fedele in base al quale l’impegno civico deve essere vissuto sempre al massimo delle possibilità. D’altro canto, sulla base dei principi che animano la nostra associazione, credo sia opportuno che mi dimetta dalla carica di Presidente, pur garantendo tutto il mio supporto e sostegno per le attività correnti del PTS” e ancora, nella nota per i soci: “tutti voi sapete quanto sia stato onorato e felice quando, poco più di un anno fa, mi chiedeste di rappresentare il PTS in qualità di Presidente. La nascita del PTS è stata una avventura entusiasmante in cui tutti voi vi siete gettati con entusiasmo e generosità. Il mio compito di Presidente, infatti, è stato a conti fatti semplicissimo: ho dovuto fare davvero poco, potendo contare su una squadra del genere”

Il Prof. Andrea Cossarizza, attuale vice-presidente, prenderà le redini del PTS in attesa della nomina di un nuovo Presidente eletto: “Mi dispiace che Pier Luigi debba lasciarci e a lui va il mio più grande in bocca al lupo. Proseguirò nel solco tracciato nel momento della fondazione del PTS lo scorso giugno, per la tutela della salute dei cittadini, contro bufale mediche, pseudo scienza e ciarlatani. Attività oggi ancora più necessaria”

Grazie Pier Luigi da parte di tutto il Direttivo e dei soci fondatori