12 domande – 12 risposte
Dr. Stefano Zona & Prof. Guido Poli
- Cos’è un “Vaccino”?
Il termine “vaccino” ha un significato storico: il medico inglese Edward Jenner a fine ‘700, notando che i mungitori spesso si ammalavano di una malattia delle mucche chiamata “vaiolo vaccino” (=delle vacche), ma erano resistenti al ben più grave vaiolo umano, inoculò il contenuto di una pustola di vaiolo vaccino nel braccio di un ragazzino e poi lo espose al vaiolo umano. Il ragazzino (e altri che furono trattati in seguito) non s’infettò mai di vaiolo umano. Da allora la procedura è universalmente definita “vaccinazione”.
I vaccini espongono alle cellule del sistema immunitario quelle componenti dei patogeni (chiamate antìgeni – vedi sotto) utili a indurre una risposta immunitaria protettiva; servono quindi ad addestrare i linfociti, esattamente come si addestrano e si allenano i militari o gli atleti.
Ogni giorno, nel nostro corpo, un esercito costituito da cellule di diversi tipi (complessivamente definito “sistema immunitario”) ci protegge da vari agenti infettivi molto diversi tra loro (batteri, vermi, funghi e virus) che potrebbero causare malattie. Il nostro sistema immunitario adotta una complessa strategia per difenderci, così da evitare di avere nuovamente la malattia nel caso di un secondo incontro con lo stesso agente patogeno. Nel caso delle malattie virali, il meccanismo di difesa più importante è la produzione di speciali proteine a forma di “Y” dette anticorpi.
Gli antìgeni sono costituiti principalmente dalle proteine del patogeno. Quando il sistema immunitario riesce a reagire efficacemente, producendo anticorpi neutralizzanti (cioè capaci di legarsi all’agente patogeno impedendogli d’infettare le nostre cellule), allora sarà possibile produrre anche un vaccino efficace. Purtroppo, esistono gravi malattie infettive come l’AIDS, la malaria e la tubercolosi per cui non è ancora stato trovato un vaccino efficace.
2. Come fanno i vaccini a proteggerci dalle malattie infettive?
I vaccini sfruttano una proprietà del sistema immunitario nota come “memoria immunologica”. Ogni infezione lascia una “traccia” di sé in un piccolo numero di cellule immunitarie, definiti “linfociti memoria”. Nel caso in cui un individuo fosse nuovamente esposto allo stesso agente infettivo i linfociti memoria molto rapidamente attiverebbero una risposta immunitaria specifica contro quell’agente.
La componente più importante di questa risposta immunitaria sono gli anticorpi, proteine solubili in grado di riconoscere l’agente infettivo con alta specificità. A seconda dell’infezione, un certo livello di anticorpi rimane in circolo e, a volte, può essere sufficiente a proteggerci da infezioni successive.
La vaccinazione “inganna” il sistema immunitario facendogli credere che sia in atto un’infezione, per cui induce lo stesso tipo di anticorpi e la selezione di “linfociti memoria” che sarebbero indotti dall’infezione.
La vaccinazione è considerata “profilassi”, ovvero ha lo scopo di impedire (prevenire) l’infezione a differenza dei farmaci che vengono somministrati dopo che un’infezione si è instaurata e hanno lo scopo di eliminarla.
- Quanti vaccini abbiamo a disposizione contro la COVID-19, la malattia causata dal coronavirus SARS-CoV-2?
La malattia “COVID-19” è una grave patologia respiratoria che colpisce ca. il 10% delle persone che s’infettano col coronavirus SARS-CoV-2.
Al momento, in Italia, ci sono 3 vaccini autorizzati per la vaccinazione contro la COVID-19:
due vaccini basati sull’iniezione di RNA messaggero (RNAm, prodotti dalle ditte Pfizer/BioNtech e dalla ditta ModeRNA negli USA). A questi due si è recentemente aggiunto un terzo vaccino basato su una tecnologia diversa (vettori adenovirali) e prodotto dalla ditta AstraZeneca in collaborazione con l’università di Oxford in Inghilterra.
Tutti e 3 i vaccini prevedono due dosi somministrate a diverse settimane di distanza l’una dall’altra con un’iniezione nel muscolo deltoide della spalla. I primi due vaccini a RNAm conferiscono una protezione di ca. il 95% (ovvero, su 100 persone vaccinate, 95 saranno protette e 5 no), mentre l’efficacia del terzo vaccino, per il momento, è di ca. il 63%.
Per questo motivo il vaccino di AstraZeneca/Oxford sarà destinato preferenzialmente a persone con meno di 55 anni, in quanto al di sotto di questa età anche in caso d’infezione si sviluppa raramente la malattia grave COVID-19.
4. Come vengono prodotte le proteine e perché è importante l’RNA messaggero (RNAm)?
Ogni cellula del nostro corpo è una “fabbrica” di proteine in base all’informazione del codice genetico scritto nel nostro DNA che si trova nel nucleo delle nostre cellule (esattamente come il tuorlo di un uovo). Dal DNA l’informazione di quali proteine fabbricare per una certa cellula viene copiata in molecole di RNA definite “RNA messaggeri” (RNAm) che escono dal nucleo e vanno nel citoplasma della cellula (l’albume dell’uovo) dove ci sono speciali “macchinette” (i ribosomi) che traducono il messaggio di RNA in una proteina specifica.
La rivoluzione, introdotta dai vaccini a mRNA di Pfizer/BioNTech e ModeRNA o nei vaccini a vettori virali che trasportano DNA di AstraZeneca/Oxford e Johnson&Johnson (tra poco in arrivo anche in Italia), sta nel far produrre le proteine virali alle cellule del corpo umano invece che introdurli artificialmente come fanno i vaccini tradizionali. Le cellule umane produrranno quindi solo l’informazione che serve per esprimere l’antigene virale adatto a stimolare la produzione di anticorpi protettivi. Nel caso di COVID-19 è la proteina virale detta “Spike” (= punta), che il virus utilizza come una chiave per entrare (infettare) le nostre cellule. Gli anticorpi anti-Spike prodotti in seguito alla vaccinazione sono in grado di bloccare il coronavirus qualora una persona vaccinata venisse esposta ad un potenziale contagio.
5. Come è possibile che il vaccino sia sicuro se è stato prodotto in tempi così rapidi?
Le ragioni sono molte, ma principalmente 3.
Prima di tutto l’imponente finanziamento della ricerca di uno o più vaccini: maggiore il finanziamento e più rapidi sono i tempi di produzione. Nel caso di questa emergenza mondiale, il finanziamento sia pubblico (degli stati) che privato è stato molto importante. Inoltre, è stato relativamente facile trovare le decine di migliaia di persone infettate e con malattia agli stadi iniziali che si sono sottoposte alla vaccinazione sperimentale per verificare l’efficacia dei vaccini. Infatti, questi vaccini sono stati testati e approvati in via preliminare per prevenire l’aggravamento dell’infezione e non per la loro efficacia nel prevenire l’infezione stessa che avrebbe richiesto molto più tempo, più finanziamenti e la possibilità di controllare con i tamponi se le persone vaccinate si sarebbero infettate di meno rispetto a quelle non vaccinate.
Un secondo motivo importante è stato che le tre fasi necessarie per approvare qualsiasi nuovo farmaco o vaccino (fase 1: sicurezza e mancanza di tossicità, testata su poche decine di persone; fase 2, definizione del dosaggio più efficace, testata su alcune centinaia di persone; fase 3, evidenza di efficacia clinica, testata su migliaia di persone) sono state condotte simultaneamente e non una dopo l’altra. Ciò è stato possibile perché, come ricordato sopra, molti stati e anche le stesse aziende hanno accettato il rischio di buttare via molti soldi nel caso di vaccini che si fossero rivelati tossici o non efficaci (com’è successo nel caso di un vaccino sperimentale australiano).
Terzo, le agenzie regolatorie che devono approvare i nuovi farmaci e vaccini (in Europa la “EMA”, European Medicines Agency, in Italia l’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco) hanno modificato le loro procedure analizzando i risultati delle vaccinazioni man mano che questi venivano inviati senza aspettare la fine del periodo sperimentale, ma senza compromettere la sicurezza dei vaccini stessi.
Questi fattori combinati, unitamente al fatto che questo virus induce una robusta produzione di anticorpi, hanno permesso di ottenere vaccini efficaci in tempi incredibilmente rapidi.
- Se i vaccini contengono informazioni genetiche, possono modificare il mio DNA?
I due vaccini di Pfizer e Moderna sono costituiti da una molecola di RNA messaggero (RNAm), avvolta in un guscio di grassi simili a quelli della membrana delle nostre cellule. La molecola di RNAm presente nel vaccino e inoculata nelle nostre cellule non entra nel loro nucleo dove risiede il DNA (il tuorlo dell’uovo), quindi la molecola di RNA del vaccino non può in alcun modo modificare il nostro DNA.
Inoltre, per sua natura, l’RNAm è rapidamente degradato e quindi la sua azione è di brevissima durata, di qualche ora o al massimo di qualche giorno.
7. Quali sono gli effetti secondari principali?
I vaccini in generale sono molto sicuri e, mediamente, sono associati ad effetti collaterali gravi solo in 1 caso su un milione di persone vaccinate. Nel caso dei vaccini a RNAm effetti collaterali seri sono stati riscontrati in 1 persona su 100.000, quindi un po’ più frequentemente rispetto ai vaccini tradizionali. Questi effetti collaterali non sono causati dall’RNAm, ma dal guscio di grassi che lo contengono. E’ probabile che nei prossimi mesi le aziende produrranno vaccini con ancora minor probabilità di causare quei pochi casi di eventi avversi. Le reazioni più comuni registrate sono state:
1. Dolore nel sito di iniezione: lieve 70%; moderato 16%; severo 0,3% (cioè in 3 soggetti su mille);
2. Febbre (da 38°C in su): 4% alla prima dose e 16 % alla seconda dose;
3. Mal di testa: severo nel 3% alla seconda dose.
4. Dolori muscolari: 2% alla seconda dose.
Ci sono stati poi altre manifestazioni di qualche importanza, ma, in tutti i casi, si è trattato di effetti temporanei. Non ci sono ragioni per pensare ad effetti che si manifesteranno a distanza di mesi o anni, anche se il monitoraggio dei soggetti vaccinati continuerà nel tempo.
Durante le sperimentazioni non sono state riscontrate reazioni allergiche. Tuttavia, nel corso della vaccinazione in Inghilterra, due pazienti con storia personale di anafilassi (grave reazione allergica che coinvolge tutto il corpo) hanno sviluppato una forte reazione allergica al vaccino. Uno dei componenti dei vaccini a mRNA, il poli-etilen-glicole (PEG), usato nell’industria alimentare, può causare in soggetti predisposti reazioni allergiche più o meno gravi: è importante sottolineare che nessuna reazione allergica su milioni di somministrazioni di vaccino ha portato comunque alla morte o a effetti a lungo termine. Per questi motivi, chi soffre d reazioni allergiche gravi ai vaccini o a sostanze alimentari in generale deve segnalarlo al proprio medico (che probabilmente ne è già a conoscenza) e/o al medico che si appresta a somministrare il vaccino che prenderà opportuni provvedimenti. Non c’è nulla da temere per chi soffre di banali allergie stagionali.
- Cosa contengono i vaccini anti-Covid-19?
I vaccini a mRNA contengono l’informazione genetica per produrre l’antigene Spike (mRNA) avvolta e protetta da una membrana di grassi e zuccheri. I vaccini a vettori virali contengono l’informazione genetica avvolgendolo in una capsula di adenovirus del raffreddore dello scimpanzé, per AstraZeneca/Oxford, o dell’uomo, per Johnson&Johnson (solo la capsula del virus, non possono quindi causare alcuna malattia). Quindi, non sono presenti sostanze potenzialmente pericolose.
- Quanto durerà la protezione data dal vaccino? Dovremo ripeterlo ogni anno?
Poiché sia la pandemia che i vaccini hanno meno di un anno di vita non abbiamo ancora informazioni certe sulla durata dell’immunità conferita dall’infezione naturale o dai vaccini. Le informazioni preliminari raccolte in questi mesi indicano una durata di diversi mesi. Nella peggiore delle ipotesi dovremo prevedere una vaccinazione annuale come già facciamo per prevenire l’influenza stagionale.
- Si sente parlare di “varianti virali”…se circolassero in Italia sarebbero un ostacolo per l’efficacia dei vaccini?
La presenza di varianti virali è nota fin dall’anno scorso; infatti, in Italia, in Europa e nel resto del mondo si è diffusa una prima variante (detta “D614G”) rispetto al virus originalmente emerso in Cina dotata “di una marcia in più” per contagiosità, anche se ciò non significa che sia più “aggressiva” nella singola persona infettata. Attualmente, vi sono altre varianti che stanno circolando e che vengono comunemente identificate come “variante inglese, brasiliana, sudafricana, ecc.”.
Quasi tutte queste varianti sono neutralizzate dagli anticorpi indotti dai vaccini disponibili, anche se qualcuna di loro meno efficacemente. In ogni caso, le aziende stanno già programmando di modificare i vaccini in modo da bloccare efficacemente anche queste varianti; i vaccini a RNAm sono particolarmente “facili” da riprogrammare vista la semplicità della loro composizione.
- Chi ha avuto la COVID-19 si dovrà vaccinare? Sarà il caso di fare un
dosaggio degli anticorpi?
Come ricordato, si stanno ancora raccogliendo le informazioni sulla durata della risposta immunitaria nelle persone che si sono infettate per capire se possano considerarsi ragionevolmente protette dalla possibilità di infettarsi nuovamente. Le informazioni a disposizione attualmente sono molto incoraggianti in quanto i casi di seconda infezione sono molto limitati.
Prudenzialmente, possiamo affermare che chi si è già infettato dovrebbe “andare in coda” rispetto a chi non è stato esposto già al virus. Tuttavia, in base alla disponibilità dei vaccini e alle priorità stabilite dal Ministero della Salute, è sicuramente una buona idea programmare di vaccinarsi più avanti per stimolare la produzione di anticorpi protettivi (quello che in gergo viene anche definito un “richiamo”, come la vaccinazione anti tetanica che viene eseguita per prudenza in caso di ferita accidentale quando ci si reca al Pronto Soccorso).
- Potrò scegliere quale vaccino utilizzare?
No, questa è una scelta fatta dal Ministero della Salute che, in base alla disponibilità dei vaccini, definisce e aggiorna un elenco di priorità e assegna anche il tipo di vaccino più adatto.