Lettera al Direttore de La Stampa

Caro Direttore Massimo Giannini,

assistiamo preoccupati da alcuni giorni alla scelta di alcune testate, tra cui il Suo giornale, di rappresentare il tema della sperimentazione animale come una posizione controversa nella comunità scientifica. L’articolo dell’11 dicembre della Senatrice a Vita, prof.ssa Elena Cattaneo, riprendeva un intervento della stessa Senatrice in Senato, in cui veniva riportata una verità di fatto: i test su animali hanno dato un contributo fondamentale e imprescindibile allo sviluppo dei vaccini contro Covid-19. Non potrebbe essere altrimenti, peraltro, poiché la sperimentazione animale è obbligatoria nella fase pre-clinica di sviluppo di farmaci e vaccini. Il giorno successivo, il Suo giornale pubblicava una lettera del presidente della Lega Antivivisezione, Gianluca Felicetti, indirizzata al Ministro della Salute, Roberto Speranza, con la richiesta di rendere attuativi in Italia i divieti alla sperimentazione animale su sostanze d’abuso e xenotrapianti, sperimentazioni regolarmente condotte nel resto d’Europa e del mondo. Infine, un articolo del 13 dicembre u.s., a firma Fabio Poletti, riprendeva la presunta diatriba “tra ricercatori”.

Ovviamente, un grande giornale nazionale come La Stampa deve essere luogo di espressione libera e plurale, in cui le opinioni diverse trovano spazio. Però, e qui sta il punto, le opinioni vanno separate dai fatti e la par condicio delle opinioni non può trasformarsi nel disconoscimento di dati di realtà e prove scientifiche consolidate. Alimentare una rappresentazione di conflittualità tra ricercatori e presentare come equivalenti le posizioni della comunità scientifica e quelle di associazioni prive di ogni autorevolezza, non ha nulla a che vedere con la libertà di espressione, ma mette a rischio due diritti costituzionali: il diritto alla salute e il diritto alla ricerca scientifica. Nessuno penserebbe oggi di adottare un criterio di par condicio per chi nega la forza di gravità in fisica o l’esistenza di campi di sterminio in storia. Per quale ragione allora, in ambito biomedico si dovrebbe dare voce a invenzioni “negazioniste” prive di riscontro, elevandole a opinioni legittime?

Questi i fatti.

L’intera comunità scientifica si è espressa unanimemente sulla indispensabilità della sperimentazione animale. Non lo affermano singoli ricercatori, ma gli organismi più rappresentativi e prestigiosi. Richiamiamo a titolo di esempio, nell’ordine:

  1. La Direttiva Europea 63/2010, punto di riferimento normativo comunitario in materia di sperimentazione animale, riporta al considerando 10 “l’impiego di animali vivi continua ad essere necessario per tutelare la salute umana e animale e l’ambiente.”
  2. L’Accademia dei Lincei (di cui sono stati soci Galileo Galilei e Quintino Sella), oggi organo consultivo della Presidenza della Repubblica ha espresso un parere sul tema il 25 maggio u.s. dichiarando che un “aspetto fondamentale ed irrinunciabile [per la ricerca biomedica] è basato sull’uso sperimentale di animali, necessari come modelli per il progresso delle conoscenze e per lo sviluppo di interventi medici e terapeutici.”
  3. La conferenza dei Rettori di tutte le Università italiane (CRUI), in un documento del 27 novembre u.s. dall’eloquente titolo “Documento per affermare la centralità della ricerca e della sperimentazione animale”, afferma, tra altre considerazioni, “La sperimentazione animale rientra tra i metodi e mezzi necessari per arrivare a terapie efficaci e sicure. L’uso di animali è infatti previsto nell’ultima fase della sperimentazione che precede le prove di farmaci e terapie sull’uomo, la così detta “ricerca preclinica” ed è indispensabile nella ricerca di base, in particolare nel campo degli studi sul cervello e le sue patologie”.

In conclusione, noi, Patto Trasversale per la Scienza (PTS), riteniamo che sia del tutto legittimo rifiutare per motivi etici la sperimentazione animale, ma a condizione di non ingannare i cittadini e i lettori affermando che “le alternative esistono già”. L’unica alternativa reale è rinunciare a future terapie e togliere ogni speranza di guarigione a quei pazienti per i quali non esista già un trattamento efficace o, come possibilità estrema, testare direttamente sull’uomo potenziali farmaci o vaccini. È evidente che entrambe le scelte avrebbero implicazioni etiche e ricadute sociali inaccettabili.

Desideriamo ribadire che ogni singola terapia o vaccino disponibile oggi è stata ottenuta grazie a precedenti studi su modelli animali. Va in questa direzione la proposta di molti scienziati di riportare sulle scatole dei farmaci e nei ‘bugiardini’ la scritta “È stato possibile sviluppare questo farmaco grazie alla sperimentazione animale“.

In conclusione, come PTS, ci auguriamo che chi come Lei dirige un importante strumento di informazione scelga sempre di offrire ai lettori una comunicazione sì libera e plurale, ma al contempo verificata, accurata e coerente e non necessariamente vincolata al principio dell’”opinione bilanciata”. A tutela della salute, della comunità tutta e del nostro futuro. 

Questo testo potrà essere liberamente diffuso, dal mittente o dal ricevente.

Cordialmente,

il Consiglio Direttivo del PTS

Prof. Guido Poli (Presidente), Dr.ssa Francesca Ulivi (Vice-Presidente), Prof. Enrico Bucci, Avv. Luciano Butti, Avv. Corrado Canafoglia, Prof.ssa Julia Filingeri, Prof. Andrea Grignolio, Dr. Diego Pavesio, Dr. Luca Pezzullo, Prof. Guido Silvestri, Prof. Marco Tamietto, Prof. Vincenzo Trischitta, Sig. Andrea Uranic, Prof.ssa Antonella Viola

Prof. Roberto Caminiti, Coordinatore, Gruppo Operativo sulla “Sperimentazione Animale”, PTS https://www.pattoperlascienza.it/

Sperimentazione animale: lettere dei ricercatori PTS su La Stampa

“Riportiamo le lettere di scienziati e ricercatori del PTS pubblicate da La Stampa di data 13 dicembre 2020 in risposta agli articoli sulla Sperimentazione Animale dei giorni precedenti”

Gentile Direttore, 

le scrivo sia come storico della medicina (Università Vita-Salute S. Raffaele) sia come ex collaboratore de La Stampa (ho lavorato per 3 anni soprattutto per TuttoScienze, questo è il libro che ne è emerso, edito da La Stampa) a proposito della lettera odierna di G. Felicetti (“Salviamo gli animali dalla sperimentazione”) che lei ha voluto ospitare sul suo quotidiano. Vorrei sottoporle alcune riflessioni che mirano ad argomentare perché in certi, pochi, alcuni casi un direttore possa anche rifiutare di dar voce a una opinione senza infrangere alcuna libertà o deontologia. 

Un errore logico studiato e documentato come ricorrente nel giornalismo (anche italiano) quando tratta di aspetti scientifici riguarda la cosiddetta par condicio scientifica. Si tratta di un termine che nella letteratura definisce il forzato bilanciamento dell’informazione (information balance), cioè la scorretta parità di condizioni sul piano della visibilità mediatica e politica assicurata a una teoria ritenuta “controversa”, circostanza che negli ultimi decenni – soprattutto nel nostro paese – ha messo a serio rischio la credibilità delle istituzioni sanitarie italiane.  

In particolare, quando nasce un dibattito scientifico – si pensi non solo alla sperimentazione animale ma anche al cambiamento climatico, all’evoluzionismo o al rapporto tra autismo e vaccini – la politica e i mezzi di informazione tendono ad “ascoltare entrambe le campane”. Tale scenario, pensiamo alle teorie degli antivaccinisti o alle cure “alternative” al cancro, prevede da una parte la comunità di esperti (l’ampia maggioranza se non la totalità degli esperti che si confrontano su dati) e dall’altra comitati e associazioni di parenti dei malati, magari qualche sparuto ricercatore, ma anche cantanti e vip e, com’è ovvio, i diretti interessati: cioè gli inventori della terapia alternativa, privi di prove scientificamente validate ma, in totale conflitto di interesse, ricchi di cure miracolose (spesso) da commercializzare. Stamina è ormai un caso-scuola, che il suo giornale, ai tempi del Direttore Mario Calabresi, fu l’unico (insieme al Sole24ore) a trattare con il metodo e il rigore della scienza sin dal primo giorno, senza mai piegarsi ad alcun (falso) racconto di una realtà (di cura) inesistente. 

Invece, spesso, alimentato da quei mezzi di informazione in cerca di divisione e conflitto, il dibattito cresce, l’opinione pubblica si divide tra chi è pro e chi è contro, e la politica viene chiamata a prendere una decisione, talvolta istituendo commissioni d’indagine. A questo punto, in genere, la logica tracolla e il sistema Paese si incaglia sulle secche della demagogia e dell’irrazionalità. Politica e media, con qualche significativa eccezione, anziché avvalersi ai chili di prove degli esperti della materia cercano e danno spazio a quell’unico strano personaggio o anche ricercatore (dall’altra parte ce ne sono sempre centomila) che è voce fuori dal coro, che non ha prove ma tante parole, ed ecco che cominciano a preoccuparsi della imparzialità o dell’equo bilanciamento delle informazioni che presentano. Il che riecheggia la lettera sulla sperimentazione animale da lei pubblicata su La Stampa. E scatta il noto inganno cognitivo della par condicio, del falso bilanciamento (false balance), del considerare l’informazione (sulla scienza) lo spazio per le opinioni di tutti.  Un fenomeno ben noto e studiato, un tipico bias cognitivo di giornalisti e testate giornalistiche che vediamo spesso in Italia e che emerge quando si presentano punti di vista opposti come uguali – di pari valore, quando invece solo uno è basato su prove scientifiche.  

Se al posto di una terapia o della sperimentazione animale si sceglie il caso del sistema solare il paradosso diventa subito chiaro. Immaginiamo che esca la notizia che un ricercatore ha trovato un metodo innovativo che proverebbe che è il Sole a girare intorno alla Terra, e non viceversa, come vuole invece farci credere la scienza accreditata dalle prove. In fondo – è la tesi della teoria alternativa – l’intuizione dell’uomo e i suoi sentimenti, che si basano sulla diretta osservazione e il buon senso, gli hanno suggerito per millenni che sia il Sole a girare intorno alla Terra. Cosa facciamo in questo caso? Pubblichiamo sui quotidiani articoli che presentano una prospettiva scorretta, perché basata sulle due opinioni a confronto?   

La par condicio non esiste nella scienza: le prove dimostrano che la Terra è sferica e che al centro del nostro sistema planetario c’è il Sole. Si tratta di una teoria corroborata da fatti ripetuti e ripetibili; e dunque chi ritiene che il vaccino trivalente MPR causi l’autismo, chi immagina che vi siano eccipienti o metalli tossici che conducono a malattie neurologiche e chi sospetta che i vaccini combinati come il trivalente o l’esavalente stabiliti dal calendario vaccinale indeboliscano il sistema immunitario, facilitando lo sviluppo di malattie autoimmuni o il cancro, deve dimostrarlo con i fatti e non con opinioni o esperienze personali.  

L’obbligo di basarsi sui fatti dimostrati è forse ciò che più distingue la scienza dalle discipline umanistiche, dove le opinioni hanno importanza maggiore ed è quindi sensato invocare pari condizioni di discussione. Ma anche in questo caso senza mai derogare dalle prove, altrimenti si giunge alla situazione paradossale e inaccettabile in cui, per fare un esempio storico, la dimostrazione dell’esistenza delle camere a gas a cui aderisce il 99,99 per cento degli storici – e basata su enormi quantità di dati tra loro coerenti, e di continuo ricontrollati e aggiornati –, assume pari dignità delle manipolazioni di dati offerte da un piccolo gruppo di negazionisti in cerca di visibilità (Carlo Ginzburg, 2006). Tale idea di relativismo (posizione filosofica che nega l’esistenza di verità oggettive, considerate convenzioni arbitrarie) non è solo teoricamente scorretta, ma anche socialmente dannosa: i dati di realtà non si possono né marginalizzare né rifiutare. 

Invece è proprio alle opinioni, e allo spazio che viene dato loro dai media che ricorrono gli oppositori del metodo della scienza.   

Anche i media hanno il dovere di affrontare l’essenziale differenza tra fatto e opinione. Se è vero che i fatti scientifici hanno diversi livelli di certezza, e che le teorie scientifiche non sono prive di interpretazioni, è vero anche che nella scienza le interpretazioni non sono infinite e soprattutto non sono tutte uguali. Alcune sono vere, alcune hanno bisogno di essere testate, altre sono false e vengono scartate. Dato che le idee non sono tutte vere, non tutti hanno ragione, di conseguenza, specie nelle scelte tese al raggiungimento del bene comune che influenzano la vita politica dei cittadini (terapie mediche, vaccini ecc.), non tutte le posizioni hanno lo stesso diritto di cittadinanza. Nemmeno sulla sperimentazione animale. Chiunque, certo, è libero di esprimere la propria opinione contraria ad essa, e difendere la propria credenza, ma solo le affermazioni  suffragate da dati e prove attendibili secondo standard internazionali, possono essere prese in considerazione nel dibattito pubblico e dai decisori politici. 

Spero di averle offerto alcune argomentazioni che mi spingono a concludere che il buon giornalismo non può dare spazio a chi sostiene irrazionalmente e senza prove, che la sperimentazione animale non è necessaria o che esistono alternative efficaci (a oggi purtroppo ancora non ne esistono) allo sviluppo di terapie, comprese quelle per Covid e per i vaccini. 

Cordiali saluti 

Andrea Grignolio Corsini, Ph.D.
Medical Humanities
International MD Program/Faculty of Medicine & Surgery
Vita-Salute San Raffaele University

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Gentilissimo Direttore,
sono un docente ricercatore del Dipartimento di Neuroscienze ‘Rita Levi Montalcini’ dell’Università di Torino e Le scrivo in riferimento alla lettera che LaStampa, che lei dirige, ha pubblicato oggi a firma di Gianluca Felicetti,
Presidente della LAV, richiedendo al Ministro Speranza di dare parere negativo agli emendamenti sulla Sperimentazione Animale che saranno in votazione nella Commissione Politiche Europee.
Come altri colleghi membri del gruppo Sperimentazione Animale del Patto Trasversale per la Scienza (PTS) siamo dispiaciuti che si sia data voce a chi demonizza tale fondamentale sperimentazione; è superfluo ribadire che tra l’altro siamo in un paese dove chi si occupa di questi temi cruciali per la ricerca (per esempio per lo sviluppo di vaccini) deve faticare quotidianamente per svolgere un lavoro di altissimo livello.
Ho apprezzato molto che il Suo giornale abbia pubblicato a tutta pagina la presa di posizione della Senatrice Cattaneo, e recentemente una lettera del Patto Trasversale per la Scienza (PTS) su questo stesso argomento e a favore di una correzione
di alcuni punti essenziali del D.Lgs n. 26 del 2014. Speriamo che queste correzioni
vengano approvate, perchè in caso contrario la ricerca biomedica Italiana sarebbe messa in estrema difficoltà su molti temi quali i trapianti d’organo e le tossicodipendenze, ma soprattutto le malattie infettive e neurodegenerative, come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) o la malattia di Alzheimer.
Sottolineo, come saprà certamente, che la sperimentazione animale moderna è già soggetta normative procedurali estremamente stringenti soprattutto sul piano etico al fine di giustificare e minimizzare l’eventuale sofferenza nei soggetti di laboratorio. 

Limitare questa normativa poterebbe a pericolose conseguenze sulla salute e a perdere credibilità internazionale nell’ambito delle ricerche all’avanguardia sulle elencate qui sopra.
Sono, insieme a innumerevoli ricercatori, a disposizione per poter aiutare a comprendere in maniera approfondita questi temi.

La ringrazio per la Sua cortese attenzione

Andrea Calvo

Professore Associato di Neurologia
Centro Regionale Esperto per la Sclerosi Laterale Amiotrofica
Dipartimento di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini”
Università degli Studi di Torino
AOU Città della Salute e della Scienza di Torino

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Gentile Direttore

Leggo sempre con grande piacere e interesse il quotidiano da Lei diretto, perché riesce a mantenere equilibrio nella presentazione delle notizie.

Tengo quindi in modo particolare a rappresentarle il mio rammarico nel vedere pubblicato nella prima pagina del Suo quotidiano un articolo del rappresentante della Lega Anti Vivisezione (LAV). Una associazione, che già dal nome è facile comprendere quanto sia mistificatoria: la vivisezione non esiste da decenni in alcun Paese al mondo. Eppure questa associazione continua ad usare questo termine perché suscita sentimenti di raccapriccio nei confronti di chi la praticasse. Il solo fatto di presentarsi con quel termine mistificatorio dovrebbe tenere lontano quotidiani autorevoli e letti dal grande pubblico come il Suo.

Pubblicare poi, in prima pagina, una lettera che esprime solo opinioni, supportate da nessun fatto, mi stupisce ancora di più. Opinioni, peraltro, contrapposte e smentite dalla senatrice e collega Elena Cattaneo, appena espresse in maniera magistrale in un articolo pubblicato dal Suo giornale. Articolo che comunicava informazioni fondamentali in una società che in questo momento sta vivendo un periodo particolarmente difficile, e che valgono moltissimo in quanto il bene di tutti dipende in maniera determinante da comportamenti corretti che i media contribuiscono a diffondere.

Cosa sarebbe successo se sul contagio da HIV, i giornali avessero riportato le “opinioni” di associazioni che ritenevano inutile utilizzare adeguate protezioni? Si sarebbe fatto un pessimo servizio alla società. Oggi si pone un problema analogo. Che segnale si fornisce quando si propongono fantomatiche alternative alla sperimentazione animale in contrasto con lo stesso Ministero della Salute che correttamente dichiara che queste, allo stato attuale, non esistono? Sono affermazioni che ostacolano anche la ricerca su quei vaccini universalmente attesi e condizionano in maniera pericolosa i decisori politici. Ad oggi tutti i farmaci per curare il COVID-19 sono stati studiati e testati preliminarmente su specie animali. Non esiste una terapia se non attraverso questa sperimentazione. Di fatto, nei propri interventi la LAV non è MAI in grado di citare una sola terapia ottenuta in modo alternativo alla sperimentazione animale, ma si limita ad accusare “metodiche del secolo passato”, metodiche che, a tutt’oggi, rimangono l’unico mezzo atto a introdurre le terapie che oggi salvano la vita a tante persone.

Il pluralismo di opinioni non può prescindere da una selezione attenta, per evitare la diffusione di messaggi ingannatori e pericolosi per l’orientamento dell’opinione pubblica. Dare spazio a narrazioni come quelle apparse sulla prima pagina de La Stampa di oggi è molto pericoloso perché con l’autorevolezza del giornale dà credibilità all’idea che la sperimentazione animale sia praticata in modo crudele con conseguenze gravi per l’opinione pubblica e per i decisori politici.
Cordialmente

Micaela Morelli

Prorettore per la Ricerca
Università degli studi di Cagliari

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Gentile Direttore,

leggo con sincero dispiacere la lettera del presidente della Lega Antivivisezione – LAV – al Ministro Speranza riuguardo la sperimentazione animale che il Suo giornale ha pubblicato in prima (e 23a) pagina.

Vorrei sgombrare il campo da equivoci comuni, cui spesso si devia facendo ricorso al “falso bilanciamento” come ragione che giustifica la pubblicazione di opinioni diverse. E’ del tutto ovvio che un giornale debba essere luogo di espressione libera e di pluralismo, e che dunque un lettore debba aspettarsi di leggere articoli e interventi che non condivide. Questo non è in discussione, almeno da parte mia.

Diverso è proporre un intervento “negazionista” e “terrapiattista” come quello di Felicetti, poiché presenta come dati di fatto posizioni palesemente false, degradando ogni conoscenza scientifica consolidata e alimentando una demagogia vuota che in definitiva mette a rischio il diritto alla salute e alla ricerca di cure, influenzando il cittadino e il legislatore che non abbia voglia o strumenti per risalire ai fatti e alle fonti.

Proprio perché sono consapevole che un approccio dogmatico a ogni tema non aiuta il consolidarsi di una pubblica opinione informata e consapevole, mi permetto di segnalare di seguito alcune evidenze fattuali che l’intervento di Felicetti disconosce o altera, e che, a mio parere, meriterebbero un fact checking puntuale; questo a tutela non delle “mie” opinioni, ma del diritto dei cittadini a ricevere un’informazione che distingue fatti scientifici consolidati (quando esistono) da opinioni etiche-politiche.

Ho letto, naturalmente, l’intervento della Senatrice a Vita, prof.ssa Cattaneo, sul Suo giornale e sullo stesso tema. Ribadisco: la questione qui in gioco non è presentare una pluralità di opinioni, ma mettere alcuni punti fermi rispetto ai fatti, recepiti i quali, ciascuno è libero di formarsi l’opinione che desidera. Questo compito, alto e difficile, credo spetti a Lei, Direttore, e ai suoi colleghi. In questo spero, di aver potuto dare un contributo riportando alcuni elementi oggettivi di seguito.

Mi creda, con immutata stima

Marco Tamietto, Prof

Department of Psychology | University of Torino
Nuffield Department of Clinical Neurosciences
University of Oxford | OX1 4AU, UK

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1) “Esperimenti sui vizi dell’uomo”

Le sostanze passibili di abuso in questa categoria non sono solo le “droghe ricreative”. La ricerca sulle sostanze d’abuso infatti è resa obbligatoria per lo studio di ogni nuovo farmaco o molecola che attraversa la barriera che separa sangue e cervello (barriera ematoencefalica) al fine di determinare se questa sostanza, potenzialmente utile per il trattamento di una patologia, produce dipendenze. Esempi comuni sono le benzodiazepine, anti depressivi, ketamina ecc.

2) “Le alternative esistono già”

In una relazione inviata dal Ministero della Salute alle Camere nel luglio 2020 sullo stato dell’arte della ricerca su sostanze d’abuso e xenotrapianti, il Ministero scrive:

“pensare di  sostituire in toto il modello animale con quello non animale (…) sarebbe non solo utopistico, ma, al  momento anche non scientificamente valido; infatti, è fondamentale ricordare che, come nei  modelli in vivo, vi sono dei forti limiti applicativi legati anche all’approccio human-based che devono  essere tenuti in considerazione” (p. 17)

La normativa italiana D.Lgs 26/2014 stabilisce, art. 1 comma 2  sancisce che: “E’ consentito l’utilizzo degli animali  ai  fini  scientifici  o educativi soltanto quando, per ottenere il risultato  ricercato,  non sia  possibile  utilizzare  altro metodo o una strategia di sperimentazione scientificamente valida, ragionevolmente e praticamente applicabile che non implichi l’impiego di animali vivi”.  Questa valutazione viene svolta dall’Istituto Superiore di Sanità, o dal Consiglio Superiore di Sanità (per esperimenti che coinvolgono primati non umani, cani e gatti). Dunque, se esistessero metodi alternativi e certificati in grado di raggiungere gli obiettivi conoscitivi e di cura di un progetto sperimentale, questo, per legge, non potrebbe essere autorizzato.

3) “Continuano a essere autorizzate e finanziate ricerche su animali per ripetitive e infruttuose investigazioni”

Sempre nel D.Lgs 26/2014, art. 31, lettera e), si elencano i criteri che un progetto deve soddisfare per essere autorizzato dal Ministero della Salute, e su cui, come sopra, valuta ISS e CSS “e) effettiva  necessita’  della  ricerca  in   quanto   non costituisce una inutile duplicazione di ricerche precedenti”

4) “Esperimenti…che procurano, ogni anno, dopo atroci sofferenze, la morte…”

Ogni progetto deve essere valutato e approvato rispetto a “tutte  le  possibili  precauzioni  assunte  per  prevenire  o ridurre al minimo il  dolore,  la  sofferenza  e  il  distress  nelle procedure” (art. 31 lettera l)

5) “l’Italia ha numerosi ricercatori che lavorano nel campo dei metodo alternativi ritenendoli maggiormente predittivi”

Sul tema si è recentemente espressa all’unanimità la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) “per affermare la centralità della ricerca e della sperimentazione animale”. Si legge, tra l’altro: “La sperimentazione animale rientra tra i metodi e mezzi necessari per arrivare a terapie efficaci e sicure. L’uso di animali è infatti previsto nell’ultima fase della sperimentazione che precede le prove di farmaci e terapie sull’uomo, la così detta “ricerca preclinica” ed è indispensabile nella ricerca di base, in particolare nel campo degli studi sul cervello e le sue patologie. Allego il documento in cui, per altro, la CRUI si esprime direttamente sulla vicenda del progetto LIGHTUP che mi vede direttamente coinvolto.

6) “non rimandare i divieti previsti dal 1 gennaio 2021…darà un segnale di supporto…come fatto in altri Stati dell’EU”

Proprio lo scorretto recepimento da parte del nostro Paese delle normativa europea (Direttiva 63/2010/UE) e l’inclusione di divieti eccedenti rispetto agli altri paesi membri, ha comportato nell’Aprile 2016 l’attivazione da parte della  Commissione dell’UE della procedura di infrazione ex art. 258 TFUE nei confronti dell’Italia, e un detrimento  del diritto connesso alla ricerca scientifica rispetto agli altri Paesi membri (https://eurinfra.politichecomunitarie.it/ElencoAreaLibera.aspx)

7) “Attenzione sull’uso degli animali è sempre più alta e osteggiata”

Sull’attenzione alta e sull’atteggiamento ostruzionistico e violento di alcune associazioni animaliste, posso confermare, avendo ricevuto lettere di minaccia, una con un proiettile, epiteti quali “Menghele” e simili. Quanto alla sensibilità sul tema etico, segnalo la mozione del Comitato Nazionale per la Bioetica (Organo consultivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri” in cui si legge (p.4): “Pertanto, come già auspicato dal Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita, il Comitato invita il Governo a procedere rapidamente ad adeguare il decreto legislativo alla Direttiva europea 2010/63 in materia di protezione di animali a fini scientifici, al fine di rimuovere le cause di una possibile marginalizzazione del sistema di ricerca italiano, già fragile, e in modo da non tradire l’obiettivo di armonizzazione perseguito dalle nuove norme UE

Marco Tamietto, Prof

Department of Psychology | University of Torino
Nuffield Department of Clinical Neurosciences
University of Oxford | OX1 4AU, UK

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Gentile Direttore,
Sono un ricercatore all’International Centre of Genetic Engineering and Biotechnology di Trieste e la ragione per cui Le scrivo è la lettera che il Suo giornale ha pubblicato oggi a firma di Gianluca Felicetti, Presidente della LAV. In questa lettera, il Presidente della LAV rivolge la richiesta al Ministro Speranza di dare parere negativo agli emendamenti sulla Sperimentazione Animale che saranno in votazione nella Commissione Politiche Europee.
Ancora una volta, mi dispiace notare come la sperimentazione animale sia continuamente demonizzata specialmente in un paese dove la ricerca e i suoi addetti hanno sempre fatto fatica ad avere accesso alle strutture e ai finanziamenti necessari per rimanere competitivi in ambito
internazionale.
In seguito alla pubblicazione di questa lettera mi piacerebbe pertanto ribadire, a Lei e i suoi validi Collaboratori, che la sperimentazione animale è un essenziale strumento scientifico nella ricerca biomedica moderna. Non vorrei dilungarmi troppo sull’argomento anche perché il Suo giornale ha recentemente pubblicato una lettera del Patto Trasversale per la Scienza (PTS) su questo stesso argomento e a favore di una correzione di alcuni punti essenziali del D.Lgs n. 26 del 2014. Se queste correzioni non dovessero essere approvate la ricerca biomedica Italiana sarebbe messa in estrema difficoltà su molti temi quali i trapianti d’organo e le tossicodipendenze.
A questo proposito, mi piacerebbe soprattutto ripetere che la sperimentazione animale moderna è già soggetta normative procedurali estremamente stringenti soprattutto sul piano etico al fine di giustificare e minimizzare l’eventuale sofferenza nei soggetti di laboratorio. Ulteriori limitazioni a queste normative non porterebbero a nessun beneficio ma solo al rischio di perdere ricerche all’avanguardia nel panorama scientifico mondiale (un esempio lo stiamo vedendo tuttora con il Progetto LightUp di cui il Suo giornale si è occupato negli anni scorsi).
Nel mondo anglosassone, e adesso in Italia grazie soprattutto al PTS, esiste ampia documentazione a riguardo della necessità di poter accedere alla sperimentazione animale in maniera giustificata e responsabile. Ovviamente, di tutti questi argomenti sarei felicissimo di discuterne con i Suoi collaboratori nel caso Lei volesse approfondire l’argomento
La ringrazio per la Sua cortese attenzione,
Emanuele Buratti
 

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Gentile Direttore,

Le scrivo, in qualità di Neuroscienziata, Professore Ordinario di Fisiologia presso la Sapienza Università di Roma.
Leggo stamane con sorpresa e disappunto la Vostra pubblicazione della lettera di Gianluca Felicetti, Presidente della LAV, con la richiesta rivolta al Ministro Speranza di dare parere negativo agli emendamenti sulla Sperimentazione Animale che saranno in votazione nella Commissione Politiche Europee.

Sappiamo anche che è stata recentemente inviata al Suo giornale  una lettera da parte del Patto Trasversale per la Scienza indirizzata al  Presidente della Repubblica Italiana, al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri della Salute, e dell’Università e della Ricerca, con la preghiera di porgere la loro attenzione sugli stessi emendamenti, tesi a correggere alcune punti essenziali del D.Lgs n. 26 del 2014, che se non approvati metterebbero in seria difficoltà la ricerca biomedica su temi essenziali, quali i trapianti d’organo e le tossicodipendenze.

Come scienziata che con fatica e continuo impegno opera in Italia,  dove la Ricerca Scientifica non costituisce certamente una priorità di investimento, sono addolorata e profondamente delusa nel vedere come un giornale di chiara visione laica e sicuramente non antiscientista, dia voce ad organizzazioni come la LAV, trascurando invece per la sua pubblicazione  una posizione condivisa dalla Conferenza dei Rettori Universitari, dall’Accademia dei Lincei, e da un gran numero di Società Scientifiche, come ad esempio AIRC, Fondazione Veronesi, Istituto Mario Negri, Scuola Normale Superiore.

E’ forse inutile ricordare che la LAV da anni combatte e condanna, seppure senza alcuna autorevolezza e competenza sul piano scientifico, l’operato di gran parte della comunità biomedica. Sappiamo con quale ostinazione essa da sempre discrediti valorosissimi ricercatori le cui preziose competenze sono sostenute da finanziamenti statali ed europei,  soprattutto quando essi si avvalgano della sperimentazione animale. 

Ricordiamo che a tutt’oggi la Sperimentazione Animale è ritenuto unico strumento valido di studio per l’avanzamento delle conoscenza di base dei nostri organi e sistemi, del nostro cervello, allo sviluppo di nuovi farmaci, e di nuovi vaccini (sic!). Essa è sempre stata finalizzata al miglioramento della salute e a quella degli animali stessi (si pensi alla rilevanza di tali ricerche anche in ambito veterinario).

Tali esperimenti è inutile ricordare vengono svolti da ricercatori che hanno alti livelli di formazione, atta a valutare quale sia il metodo più appropriato per raggiungere gli scopi della ricerca. Il loro operato viene valutato da organi preposti e da Comitati Etici, sempre orientati  a valutare in primis il benessere degli animali.

Ci giunge quindi con più forte sorpresa la pubblicazione del Felicetti, dove vengono affermate falsità ( “atroci sofferenze inflitte animali”, “metodi del secolo scorso” e “infruttuose investigazioni”) che gettano discredito nei confronti di chi opera con serietà e dedizione con il fine ultimo del progresso scientifico.

Considerati i tempi in cui viviamo, è bene riflettere se il valorizzare queste posizioni faccia il bene della Comunità nazionale.

Con i miei più sentiti ringraziamenti per la Sua cortese attenzione, Le invio cordiali saluti

Alexandra Battaglia Mayer
Professore Ordinario di Fisiologia
Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia
SAPIENZA – Università di Roma

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Gentile Direttore,
come scienziato e lettore abituale del giornale da Lei diretto, sono rimasto colpito e deluso della pubblicazione sulla Stampa di oggi, di un articolo della Lega Antivivisezione (LAV), contenente gravi e non veritiere affermazioni circa l’uso degli animali nella sperimentazione biomedica In Italia. 

E’ ormai qualche decennio che l’intera comunità scientifica italiana contrasta queste posizioni che, se accettate dal modo politico, costituirebbero un sicuro vulnus alla ricerca biomedica di base e translazionale in Italia, quella stessa ricerca che sta consentendo di salvare migliaia di vite e di contrastare l’attuale pandemia.

In qualità di coordinatore del Gruppo operativo sulla Sperimentazione animale del Patto Trasversale della Scienza, la pregherei di consentirci di replicare nel merito, mediante la pubblicazione su Suo giornale della lettera aperta (in allegato) che, assieme ed a nome della comunità scientifica italiana, abbiamo inviato al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Salute, ed al Ministro dell’Università e della Ricerca.

Certo che questa richiesta troverà una favorevole accoglienza, Le porgo i miei ringraziamenti ed auguri di buon lavoro.

Cordiali saluti

Roberto Caminiti

Professor of Physiology SAPIENZA University of Rome
Neuroscience and Behaviour Laboratory
Istituto Italiano di Tecnologia (IIT)

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Gentile Direttore,

Leggo con profondo sconcerto la lettera a firma Felicetti pubblicata oggi dal suo giornale.

Mi sembra incredibile che una testata autorevole come la Stampa possa dare ospitalità e risalto ad una lettera aperta al Ministro della Salute che contiene opinioni non avvalorate dai fatti. I fatti sono stati presentati in modo chiaro dallo stesso Ministero della Salute alcuni mesi fa: non esistono metodi alternativi alla sperimentazione animale sui temi discussi (sostanze di abuso). Il documento del Ministero dovrebbe essere noto al suo giornale, che mi immaginavo facesse un accurato fact checking prima di pubblicare.

Trovo peraltro che questo articolo sia particolarmente intempestivo nella contingenza attuale, in cui proprio la sperimentazione animale ha permesso di raccogliere informazioni essenziali alla comprensione dei meccanismi di malattia e allo sviluppo di vaccini contro il Sars-CoV-2.

Considerata l’attenzione che il suo giornale ha sempre posto ai temi scientifici e alle loro implicazioni, sono certo che questo sia solo un piccolo incidente di percorso.

Con i più cordiali saluti

Michele Simonato, MD

Professor of Pharmacology and Toxicology 
Department of Neuroscience and Rehabilitation
University of Ferrara
 

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Gentile Direttore,

Sono uno dei 17 vincitori italiani dell’ultima tornata di ERC Consolidator grant, annunciati mercoledì 9 Dicembre, che – fino a prova contraria – porteranno avanti il loro progetto nel nostro Paese.

Personalmente sono, credo, il terzo ricercatore italiano dal 2007 ad oggi a vincere ben 3 ERC nell’arco di 5 anni. E tutti basati sulla sperimentazione animale: macachi, in particolare.

In effetti, sono anche il responsabile degli esperimenti dell’ormai famigerato progetto LightUp, altro progetto ERC del collega Marco Tamietto dell’Università di Torino: del nostro caso spesso il Suo giornale ha correttamente parlato, della qual cosa non posso che ringraziarLa.

Detto ciò, e anzi a fronte di tutto ciò, Le scrivo non per chiedere spazi, repliche o altro, ma proprio per avere una semplice risposta, se possibile.

Scrivo per capire le ragioni che hanno spinto il Suo giornale, altrimenti a mia memoria giustamente imparziale e corretto nella presentazione dei fatti, a concedere univocamente spazio alla triste lettera di Gianluca Felicetti, pubblicata nell’edizione odierna, e non per esempio alla lettera inviata da Società Scientifiche, CRUI e le principali istituzioni universitarie e della ricerca biomedica del nostro Paese giovedì mattina al Presidente della Repubblica, al Ministro della Salute e al Presidente del Consiglio, sullo stesso tema trattato da Felicetti (e ricevuta anche dal Suo giornale).

Felicetti svilisce una Direttiva Europea che gli stessi gruppi animalisti Europei, di cui LAV fa parte, hanno contribuito a rendere ciò che, giustamente, è oggi.

Rivendica e ribadisce con orgoglio la necessità di ratificare restrizioni eccedenti a quella Direttiva che il nostro Paese ha introdotto, grazie alla stessa LAV, nel 2014, deturpando l’equilibrio della Direttiva stessa e ponendo così l’Italia di fronte all’ennesima procedura di infrazione dell’UE, iniziata nel 2016.

Si rivolge tramite le pagine del Suo giornale al Ministro Speranza, che la scorsa estate ha relazionato in Parlamento sulla mancanza di metodi alternativi ai test su sostanza d’abuso e xenotrapianti.

Produce e utilizza affermazioni vaghe e totalmente infondate, per giunta prive dell’autorevolezza che potrebbe renderle di qualche valore, per lo meno giornalistico.

Francamente, mi pare si tratti di pura, infondata propaganda ideologica.

Se posso, dunque, in virtù degli sforzi che da anni fruttuosamente mi vedono impegnato a beneficio della conoscenza e del progresso scientifico del nostro Paese quale Professore Associato di un Ateneo italiano, le chiedo semplicemente: perché?

Premettendo che questo testo potrà essere liberamente diffuso, dal mittente o dal ricevente, confido in un Suo gentile riscontro e colgo l’occasione per rivolgerLe

i miei più cordiali saluti,

Luca Bonini

Associate Professor of Psychobiology and Physiological Psychology
University of Parma, Dept of Medicine and Surgery

ALLA SCIENZA ITALIANA SERVONO DELLE REGOLE DI CONDOTTA

IL PATTO TRASVERSALE PER LA SCIENZA CHIEDE AI VERTICI DELL’AIRC DI PRENDERE POSIZIONE SULL’INDAGINE DELLA PROCURA DI MILANO RELATIVA ALLE PUBBLICAZIONI SCIENTIFICHE CON IMMAGINI MANIPOLATE

La Procura di Milano ha recentemente concluso una indagine lunga e complessa che ha provato la manipolazione di alcune immagini di pubblicazioni scientifiche.

Secondo i consulenti scientifici incaricati dalla Procura di Milano “sulle 32 analizzate, 25 pubblicazioni scientifiche sono risultate oggetto di manipolazione delle immagini ottenute con la tecnica della gel elettroforesi”.

Nell’inchiesta si erano costituiti come parte civile l’associazione di consumatori Codacons, l’Associazione italiana per i diritti del malato, l’Istituto nazionale dei tumori di Milano e l’AIRC, l’associazione italiana per la ricerca sul cancro.

Per quella che viene chiamata “misconduct” degli scienziati, ovvero comportamenti impropri nel portare avanti le ricerche, non esiste in Italia un corrispondente reato. In Europa solo Danimarca e Norvegia hanno una legge per contrastare il fenomeno delle frodi scientifiche, mentre altri paesi europei si sono dotati di linee guida e di codici etici applicati da tutti gli organismi interessati. In Italia non esiste nulla del genere. Nel 2015 il CNR ha adottato delle linee guida specifiche in materia, che ha aggiornato ad aprile. Alcuni atenei hanno fatto lo stesso. Ma non esistono una regolamentazione nazionale o codici di condotta condivisi.

Noi del Patto Trasversale per la Scienza, nel rispetto dei cittadini, della loro salute, della loro fiducia nei risultati della ricerca e perché la reputazione dei ricercatori e della scienza stessa venga rispettata chiediamo chiarezza e trasparenza rispetto a quanto accaduto e ribadiamo la necessità di una regolamentazione nazionale in materia. Riteniamo che sia necessario dotare le istituzioni scientifiche e di ricerca di un sistema di identificazione e sanzione dei casi di cattiva condotta scientifica. Parallelamente è necessario liberare da ogni conflitto di interesse e dotare di regole chiare che favoriscano l’integrità scientifica ogni organismo di raccolta e gestione dei fondi per la ricerca.

Per questo, in un silenzio che sta diventando assordante sulla vicenda, il Patto Trasversale per la Scienza chiede ai vertici di AIRC, in una lettera aperta, di unire le forze per liberare l’opinione pubblica da ogni sfiducia verso i ricercatori, la scienza e chi raccoglie fondi per la ricerca creando un movimento unitario per far si che vengano creati a livello nazionale gli strumenti necessari per tutelare i cittadini da eventuali manipolazioni scientifiche.

Il testo integrale della lettera inviata ai vertici dell’AIRC

LETTERA APERTA DEL PATTO TRASVERSALE PER LA SCIENZA AI VERTICI DI AIRC

Alcuni fra i massimi esponenti della ricerca oncologica nazionale sono stati coinvolti in un’indagine che, secondo l’accusa, ha dimostrato la presenza di immagini manipolate o comunque alterate nei loro lavori. L’indagine della Procura di Milano ha coinvolto diversi ricercatori di punta nell’ambito della ricerca sul cancro, che lavorano in altrettante strutture importanti della città lombarda. Al momento non è dato sapere quali pubblicazioni scientifiche siano risultate manipolate, né se la presenza di immagini manipolate o comunque alterate abbia modificato in modo rilevante il contributo della pubblicazione all’avanzamento della conoscenza nell’ambito studiato. Ma quello che è venuto alla ribalta deve far riflettere.

La scienza progredisce grazie alla continua verifica dei risultati ed alla correzione di eventuali errori. E’ questo un elemento imprescindibile del metodo scientifico. Il ricercatore che non ammette i propri errori e non li corregge, per frustrazione o per interessi personali, diviene il peggiore nemico della scienza e mina alle basi il rapporto di fiducia fra il cittadino e gli enti di ricerca.

Al Patto Trasversale per la Scienza non spetta emettere verdetti di colpevolezza o di innocenza, ma i suoi aderenti sentono la necessità di far sì che la comunità stessa si doti di anticorpi più robusti perché certi fatti non si ripetano.

In particolare, riteniamo che si debba procedere per:

  1. Dotare tutte le istituzioni scientifiche e di ricerca del nostro Paese di un sistema coerente ed omogeneo per la gestione, l’identificazione precoce e la correzione degli eventuali casi di cattiva condotta scientifica
  2. Far sì che i finanziatori, pubblici e privati, della ricerca scientifica, i quali raccolgono soldi dai cittadini italiani o direttamente o attraverso le tasse, siano essi stessi scevri da conflitti di interesse e dotati di regole chiare per favorire la pratica dell’integrità scientifica

Per quello che riguarda il primo punto, alcuni passi nella giusta direzione sono stati fatti negli ultimi anni, dato che diverse istituzioni nazionali si sono dotate di regolamenti per il mantenimento dell’integrità nella ricerca scientifica. Ma il panorama generale è ancora troppo frammentato. E’ necessario invece uno sforzo di livello nazionale, che coordini e riscriva poche regole chiare ed efficaci, valide per tutti ed applicate ugualmente per tutti.

Per quel che riguarda il secondo punto, come è noto, spesso i comportamenti impropri sono indotti dalla pressione psicologica di dover produrre risultati concreti per lo sponsor che ha finanziato la ricerca o per affermare il proprio status scientifico in un determinato settore. Questo è ancora più vero in un sistema altamente competitivo gravato da una disponibilità di fondi sempre più ridotta. Le agenzie che distribuiscono fondi di ricerca devono quindi vigilare dotandosi di un attento sistema di regole e controlli sia prima che dopo l’assegnazione dei finanziamenti.

Nel caso specifico, come Patto Trasversale per la Scienza, ci rivolgiamo ai vertici di AIRC perché prendano immediatamente una posizione pubblica rispetto all’indagine della procura di Milano e, in tempi rapidi, si dotino, sull’esempio di altre agenzie di finanziamento sia italiane che estere, di procedure più stringenti  che garantiscano sulla bontà della selezione per l’assegnazione dei fondi, che vigilino sulla qualità della ricerca prodotta e, infine, che limitino grandemente il rischio di condotte scientifiche scorrette. Ne va della reputazione delle tante associazioni e fondazioni che, come AIRC, meritoriamente raccolgono fondi per sostenere la ricerca italiana. Lo dobbiamo ai tanti concittadini che con le loro donazioni permettono il finanziamento della ricerca, ma ne va, più in generale, della reputazione della scienza.

Associazione Patto Trasversale per la Scienza