Nel novembre scorso la Federazione Nazionale Infermieri (FNOPI), che raccoglie oltre 450.000 infermieri di tutta Italia, ha aderito al Patto Trasversale per la Scienza tramite la presidente Barbara Mangiacavalli – https://bit.ly/3bG0Ewx
Il prof. Guido Silvestri è stato intervistato da Danilo Di Lorenzo per la rivista FNOPI – https://bit.ly/31YSH10
A seguire l’intervista:
Professore, abbiamo appreso da alcuni articoli pubblicati sulla prestigiosa rivista “Nature” della scoperta fatta dal team di ricercatori da lei guidato e che aprirà una nuova era nella lotta all’HIV. Può spiegarci meglio di cosa si tratta e quali saranno i prossimi passi della ricerca?
“Sono due articoli in cui descriviamo la scoperta di nuovi metodi per costringere il virus HIV ad uscire allo scoperto, cioè dalla fase di latenza. Oggi un soggetto con infezione da HIV trattato con farmaci antiretrovirali (ART) non puo’ dirsi “guarito” perché il virus torna a replicarsi non appena i farmaci vengono interrotti. Questa persistenza è dovuta a cellule con infezione latente che persistono nonostante le terapie (il cosiddetto reservoir). Si tratta di conoscenze importanti perché aumentano la nostra abilità di far emergere il virus dalla latenza, il che è un presupposto fondamentale per guarire l’AIDS. Fatto questo, l’obiettivo finale è di eliminare le cellule con virus riattivato usando meccanismi immunitari come anticorpi e cellule killer, una cosa non facile ma certamente possibile.
Insomma, un messaggio di cauto ottimismo per le persone HIV positive.”Lei è considerato tra i massimi esperti a livello mondiale nello studio dell’infezione da HIV. Siamo nel 2020, quali sono le stime del fenomeno e quale trend ha presentato negli ultimi anni in termini di mortalità ed incidenza?
“Mortalità ed incidenza dell’infezione sono in lieve ma costante calo, anche se rimane tantissimo da fare. Basti pensare che si parla cosi tanto del nuovo Coronavirus, eppure questa epidemia finora (al 10 febbraio) ha fatto circa 900 morti, cioè quanti ne fa HIV ogni 8 ore, ma da oltre 30 anni.”In queste ultime settimane il dibattito mediatico è focalizzato sull’epidemia causata dal Coronavirus.
In Europa l’allarme è reale oppure si tratta di allarmismo infondato?
“Innanzitutto diciamo che in situazioni come queste dobbiamo sentirci fortunati di avere la scienza moderna a nostra disposizione, perché è la scienza che ci ha permesso di identificare il virus nel giro di pochi giorni e che ci permette sia di monitorare l’epidemia che di studiare il comportamento del virus in grande dettaglio (i.e., sviluppo di mutazioni genetiche, etc) in modo tale da ottimizzare al più presto diagnosi e terapia dell’infezione. Poi naturalmente quando si ha a che fare con un nuovo virus bisogna prepararsi allo scenario peggiore e mettere in atto tutte le misure epidemiologiche per evitare nuovi contagi. Per questo credo sia importante prendere tutti i dovuti provvedimenti dal punto di vista medico ed epidemiologico, però controllando gli allarmismi, ed evitando reazioni di panico generalizzate.” Sull’origine di questa epidemia ne abbiamo lette di ogni tipo ed i complottisti sul web hanno dato spazio alle loro teorie, se cosi possiamo definirle: Armi batteriologiche, virus creato in laboratorio. Mark Twain sosteneva che “ Una bugia fa in tempo a fare mezzo il giro del mondo prima che la verità riesca a mettersi le scarpe”, allora cerchiamo di bruciare i tempi.
Professore dove sta la verità sull’origine di questa infezione?
“E’ un virus passato all’uomo dai pipistrelli. L’ipotesi di un virus “creato” in laboratorio è una fesseria galattica. Tra l’altro, se si volesse fare la guerra virologica ci sono tanti altri virus molto più pericolosi di 2019-nCoV…”I ricercatori dello Spallanzani sono riusciti ad isolare il DNA virale, nonostante la ricerca in Italia non sia finanziata a sufficienza ed i ricercatori lavorino spesso in condizioni di precarietà.
Quale consiglio si sente di dare alla nostra classe politica ed ai ricercatori?
“Di investire sulla scienza e di proteggerla sia dalle interferenze della politica che dalle fandonie dei ciarlatani. Bisogna costantemente ricordare al pubblico ed ai politici cosa facciamo e perché lo facciamo. La nostra missione è quella di aumentare le conoscenze per poter lenire le sofferenze dell’umanità e dare un futuro migliore e più sano ai nostri figli.”
Vaccini, obbligo o raccomandazioni? Qual è secondo lei la strada giusta da seguire?
“Discorso complesso. Obbligo e raccomandazione hanno pro e contro, e forse sono misure che di volta in volta si adattano meglio a specifiche situazioni. L’approccio basato sulla raccomandazione funziona benissimo nei paesi del Nord Europa, dove l’obbligo vaccinale non esiste e le coperture sono altissime. Ma forse in Italia c’era bisogno di una “spinta” in più…”
Tra le notizie circolate sui media e non supportate da evidenze scientifiche possiamo annoverare senz’altro la correlazione tra vaccinazioni e autismo. Da dove nasce questa fake news?
“Da un articolaccio fraudolento di un ex-medico inglese che voleva speculare su questa falsa correlazione per vendere una sua “cura” contro il morbillo. L’articolo fu poi ritrattato dalla rivista e il medico radiato dall’ordine. Purtroppo è una leggenda nera dura da estirpare.”
Nell’immaginario collettivo i virus vengono ritenuti dei nemici subdoli e pericolosi, eppure lei ha intitolato il suo ultimo libro “Il virus buono”. Come ce lo spiega? Può farci qualche esempio di virus “amico” dell’uomo?
“Il titolo un po’ provocatorio (“Il virus buono”, editore Rizzoli, ndr) nasce dalla osservazione che la maggior parte dei virus che vivono nel nostro ambiente e perfino nel nostro corpo non causano alcuna malattia. Sono virus che nel corso del tempo si sono adattati a convivere con l’organismo umano. La cosa più interessante è che in alcuni casi questi virus sono addirittura utili alla nostra esistenza. L’esempio più eclatante è quello di alcuni retrovirus endogeni che sono necessari per la funzione di organi come la placenta, che è assolutamente necessaria per lo sviluppo del feto nell’utero materno.”
Professore lei è, insieme al Prof. Burioni, il promotore del “Patto trasversale per la scienza”. Qual è la finalità principale di questa lodevole iniziativa?
“L’obiettivo principale del Patto Trasversale per la Scienza (PTS) è portare le evidenze scientifiche alla base delle scelte legislative e di governo di tutti i partiti politici, trasversalmente. L’associazione si propone anche di essere un mezzo operativo e una cassa di risonanza per tutti i cittadini che vogliono combattere bufale e fake news in ambito medico-scientifico, così come i ciarlatani e gli pseudomedici. Tutto questo per promuovere la cultura della scienza e il metodo scientifico attraverso programmi formativi e divulgativi in ambito scolastico, sanitario e mediatico.”
Le parole non sono nostre ma rappresentano perfettamente il pensiero della nostra Associazione. Le parole sono di Elena Cattaneo, scienziata e senatrice a vita che così commenta la decisione del Consiglio di Stato, resa nota ieri, di sospendere l’autorizzazione alla fase sperimentale su macachi del progetto di ricerca europeo “LightUp” guidato dai professori Marco Tamietto e Luca Bonini delle Università di Torino e Parma – https://bit.ly/2RQyGW5“Un vero e proprio attacco alla scienza e agli scienziati che negli scorsi mesi sono stati minacciati di morte a causa dei loro studi. Nell’ordinanza che contraddice quanto stabilito dal Tar del Lazio lo scorso novembre si inverte l’onere della prova, pretendendo che sia il Ministero della Salute a dover dimostrare l’inesistenza di metodi alternativi alla sperimentazione su animali. Stupisce come il Consiglio di Stato non offra alcuna argomentazione a sostegno della decisione di ribaltare la decisione del Tar. I giudici disconoscono la premessa nota di tutta la vicenda. Come sa, o dovrebbe sapere, chiunque si occupi o si trovi a decidere di delicati temi di ricerca, è la stessa direttiva europea sulla sperimentazione animale a prevedere che né l’Erc (Consiglio europeo della Ricerca), né il Ministero della Salute, né le rispettive Università possano autorizzare un progetto in tal senso, se esistono metodi alternativi che la scienza ha certificato come altrettanto validi. In altre parole, è già obbligo di legge che i progetti debbano includere la prova dell’assenza di alternative alla sperimentazione animale: vengono giudicati anche su questo. Di fronte a decisioni del genere, che – seppur provvisorie – ostacolano e bloccano la nostra ricerca, non può stupire che tanti ottimi studiosi italiani scelgano di fuggire dall’Italia, portando i loro progetti di eccellenza, e i relativi finanziamenti ottenuti vincendo la competizione al vertice della ricerca europea, in Paesi le cui istituzioni sostengono la scienza non con dichiarazioni retoriche sulla ‘fuga dei cervelli’, ma applicando le normative vigenti senza ulteriori restrizioni e divieti”.
MA NON BASANO LE LORO DECISIONI SULLE EVIDENZE SCIENTIFICHE: PER LA CORTE DI APPELLO DI TORINO ESISTE UN NESSO CAUSALE TRA IL NEURINOMA E L’USO DEL CELLULARE.
Non c’è molto da sperare che la Cassazione ponga rimedio alla sentenza della Corte di Appello di Torino che conferma il giudizio di primo grado del Tribunale di Ivrea: un ex lavoratore della Telecom, che ha passato molti anni al cellulare si è visto riconoscere e confermato il nesso causale tra il suo neurinoma, tumore benigno del nervo acustico e l’uso di quella apparecchiatura in modo “abnorme”. La maggior parte degli studi scientifici fatti in tutto il mondo nel corso degli decenni sugli effetti delle radiofrequenze escludono questo collegamento, la scorsa estate il nostro Istituto Superiore di Sanità assieme all’Enea, al CNR e all’Arpa Piemonte aveva compiuto una ricognizione scientifica includendo ricerche e metanalisi più rappresentative, arrivando al medesimo risultato: l’unico effetto di tenere appoggiato per lungo tempo il cellulare all’orecchio è un lieve riscaldamento della parte, decimi di grado, che niente hanno a che fare con lo sviluppo di patologie quali un tumore. Nello specifico del neurinoma, come ben descritto in un articolo di Gianni Comoretto su Query che trovate qui – https://bit.ly/2RGwYqf , gli studi che sono stati compiuti fin dal 2004 – quindi su cellulari di vecchia concezione, con tecnologie anche diverse rispetto a quelli di oggi – non hanno evidenziato differenza di rischio tra chi non usava il cellulare e chi invece lo faceva in modo “normale”: su quelli che usavano il telefonino in modo “intenso” il rischio aumentava di 2-4 volte, ma in mancanza di effetti conseguenti. Peraltro gli stessi autori di quello studio, 5 anni dopo scrivono: “gli studi finora pubblicati non mostrano un aumento del rischio a 10 anni di uso (del cellulare) per nessun tumore cerebrale o altri tumori alla testa”. A questa conclusione è arrivata anche la IARC, quando ha inserito le radiofrequenze nella categoria dei “possibili” cancerogeni, decisione presa a maggioranza perché gli altri membri del Comitato avrebbero voluto declassarle alla categoria 3, ovvero “cancerogenicità non valutabile”: per un principio di precauzione l’Agenzia dell’OMS ha voluto segnalare la possibilità teorica ma l’improbabilità pratica che le radiofrequenze di un cellulare possano avere effetti neoplastici su chi lo usi. Per capirci, le radiofrequenze si trovano nella stessa lista dell’acqua calda e della caffeina, come fattori capaci di scatenare un tumore.Ma non c’è da sperare in una revisione della sentenza di Torino, dato che la stessa Cassazione aveva ravvisato “almeno un ruolo concausale delle radiofrequenze nella genesi della neoplasia”, e con la sentenza 17438/2012 aveva riconosciuto ad un altro lavoratore che si era rivolto al la Corte di Appello di Brescia una invalidità dell’80% e la conseguente corresponsione dell’assegno a carico dell’Inail. A meno che ovviamente la Suprema Corte non riveda la sua stessa giurisprudenza.Quello che qui ci interessa sottolineare è -ancora una volta- l’impatto che certe sentenze di Tribunale, basate sul principio del “più probabile che non”, hanno sulla società, determinandone paure e comportamenti. Lasciamo perdere che se in questo caso si fosse applicato quel principio alla lettera, l’evidenza ci dice che è “più probabile che non” accada nulla a chi usi un cellulare anche per molte ore al giorno: l’epidemiologia di neurinomi o gliomi è sostanzialmente stabile, da decenni a questa parte. Eppure i cellulari li usano miliardi di persone al mondo, da decenni: anche tumori a lenta crescita si sarebbero intravisti.Il fatto è che a nessuno che non abbia studiato legge viene in mente che quella sentenza riguarda un caso specifico e solo quello, che la prova che si forma in dibattimento può non avere niente a che fare con la scienza, che il magistrato da “peritus peritorum” ha l’ultima parola e può non tenere conto di una perizia che lui stesso ha chiesto a chi più ha ritenuto opportuno coinvolgere, e quasi sempre non sono addetti al settore o professionisti di chiara fama. Lo abbiamo visto con le sentenze di primo grado sui vaccini, i tribunali di Rimini, Salerno, Caltanissetta che avevano stabilito il nesso fra trivalente ed autismo, condannando il Ministero: sentenze per fortuna ribaltate in Appello e poi definitivamente in Cassazione. Ancor prima le sentenze del Pretore di Maglie per la cosiddetta Cura Di Bella, si imponeva alle ASL di rimborsare quel cocktail che secondo la Commissione Bindi non aveva effetti terapeutici, poi quelle di vari Tribunali che costringevano gli Spedali Civili di Brescia ad infondere il famigerato Metodo Stamina, quello che Elena Cattaneo definì “un intruglio” e che la scienza non solo italiana aveva bollato come una truffa.Tutte decisioni di magistrati che riguardavano il singolo caso, ma che hanno fatto nascere in milioni di persone la convinzione che la “multiterapia” Di Bella fosse superiore a chemio e radioterapia “ufficiali”, o che si potesse guarire da drammatiche malattie metaboliche o dalla SLA con l’infusione di “cellule staminali” il cui protocollo è sempre restato segreto, la “cura” Stamina raccontata in televisione come miracolosa ma ostacolata da medici e scienziati corrotti da Big Pharma.Il “libero convincimento” del magistrato è alla base della divisione dei poteri, ed è una prerogativa che va difesa: ma quando da una decisione derivano conseguenze tanto impattanti per il resto della collettività allora bisogna chiedersi quel convincimento quali strade debba seguire per formarsi, per non trasformarsi in arbitrio.La cosiddetta legge Lorenzin ha imposto la presenza di un rappresentante dell’AIFA nei processi in cui si dibatte di vaccini: e questa è una importante anche se non sicura rete di protezione, perché il magistrato non è vincolato al suo parere. Ma quanto meno agli atti resta l’opinione certificata, scientifica di una Istituzione e non solo l’opinione più o meno qualificata del tecnico nominato CTU.Qualcosa del genere occorrerebbe prevedere per altri giudizi in cui si ha a che fare con la salute o la scienza: in quell’aula si celebra il processo ad un caso singolo, ma appena fuori c’è un mondo che ascolta e recepisce quelle conclusioni. Un mondo che non maneggia il diritto, che fa due più due e non sempre conclude che sia quattro, che deciderà di mettere a rischio la propria vita e quella dei propri cari sottraendosi alle vaccinazioni o rinunciando a terapie efficaci basate sull’evidenza scientifica per abbracciare quelle pubblicizzate alla TV. Gente che impatterà sulla collettività infettando di una malattia prevenibile col vaccino chi non poteva vaccinarsi, o perché chiederà allo Stato di finanziare cure immaginarie.Quando si tratta di salute una sentenza fa giurisprudenza per casi analoghi, ma se non è basata sulla scienza rischia di fare danni sociali.
La sperimentazione animale è un argomento estremamente delicato in cui è richiesto un tipo di comunicazione scrupoloso, doverosamente attinente ai fatti: la disinformazione e i fattoidi precludono la possibilità di farsi un’idea reale sulla faccenda, con l’aggravante di accrescere la polarizzazione e le persecuzioni nei confronti dei ricercatori. Abbiamo già parlato del progetto “Lightup”, finanziato dallo European Research Council, basato su una collaborazione tra gli atenei di Torino e Parma, volto a dare una speranza alle persone affette da una condizione nota come “blind sight”, un problema che coinvolge la corteccia visiva. Abbiamo già dato il nostro supporto ai ricercatori, perseguitati e minacciati di morte dagli estremisti animalisti e abbiamo demistificato delle sciocchezze veicolate da chi ha interesse a vietare la sperimentazione animale, cosí come qualsiasi impiego degli animali tout court. A livello mediatico spesso è complesso veicolare tematiche di carattere scientifico per il fenomeno del cosidetto false balance, ovvero raffrontare esperti e non, mettendo sullo stesso piano informazioni corrette e sbagliate, a causa della richiesta di contraddittorio da parte di chi non ha qualifiche. Le cose peggiorano quando i mass media veicolano solo la propaganda di chi ha idee opposte alla comunità scientifica, in particolare ove il consenso in verità è particolarmente coeso, come del caso dell’importanza della sperimentazione animale. In tal modo si accresce il gap tra la comunità scientifica e il cittadino.
Il giorno 18 dicembre nell’edizione delle 20:30 il TG2 ha mandato in onda un servizio proprio sul progetto “lightup”. Il servizio trasmesso è stato costruito in modo fazioso, poco professionale ed attraverso il ricorso ad un’ampia serie di informazioni false, fuorvianti e lesive della dignità dei ricercatori e del loro lavoro. Questo ha prodotto una grave disinformazione dei cittadini. Il giorno seguente il PTS ha inviato una mail di protesta formale alla RAI (clicca qui per leggere) e di sostegno alle Università (clicca qui per leggere).
Gli Atenei di Torino e Parma ci hanno risposto con la lettera in allegato (clicca qui per leggere) che ci sprona ad andare avanti nella difesa della Scienza, della ricerca e dei ricercatori. Il servizio del giornalista Piergiorgio Giacovazzo ha rappresentato un punto molto basso della televisione pubblica. Quarant’anni dopo “Non è mai troppo tardi” condotto da Alberto Manzi, maestro che educò a leggere e scrivere milioni di italiani analfabeti, nella stessa fascia oraria, la televisione pubblica, che avrebbe dovuto fornire un “servizio culturale” come mission, tradisce il cittadino. L’interesse non è più quello di preparare lo spettatore tramite educazione, formazione e informazione, ma lo angoscia, lo emoziona, lo confonde, lo bombarda di “vivisezione” invece che di sperimentazione animale.
Per giustificare la completa assenza del contradittorio, si sostiene che il prof. Marco Tamietto – uno dei massimi esperti di blind sight e direttore del progetto Lightup – abbia rifiutato di presenziare alla trasmissione e che l’Università di Parma abbia negato l’impossibilità di accedere immediatamente nella struttura, accusando indirettavamente di scarsa trasparenza, strutture adibite ad attività di ricerca scientifica. Una situazione paradossale che rieccheggia quanto successo alcuni messi fa, quando alcuni estremisti si sono arrampicati sul tetto delle università per protestare contro la ricerca, rappresentando un’allegoria della situazione attuale, dove l’estremismo sovrasta le istituzioni, la scienza e la conoscenza.
Il servizio è indubbiamente lesivo della dignità e della trasparenza di un Ateneo che, per primo, ha aperto le porte dei propri stabulari e laboratori proprio alle telecamere e ai giornalisti del servizio pubblico soltanto poche settimane prima. Forse l’intento non era informativo ma meramente strumentale, in particolar modo quando viene intervistata una persona come la dr. Candida Nastrucci, che risulta autrice di sole 7 pubblicazioni, l’ultima delle quali nel lontano 2012, nessun lavoro in ambito neuroscientifico e neurofisiologico, tantomeno sul sistema visivo.
Il Patto Trasversale per la Scienza, nell’augurio che il Consiglio di Disciplina RAI prenda gli opportuni provvedimenti, si augura che il servizio televisivo pubblico, corrisposto con le tasse dei cittadini, torni a considerarli come tali e non come meri consumatori, obbligati a rigide convenzioni ideologiche, tramite un’informazione manipolata che vizia le capacità di discernimento e preclude una libera scelta democratica informata.
Con riferimento all’articolo apparso il 28 Novembre sul Fatto Quotidiano a firma di Gianni Barbacetto, intitolato “Ricerche mediche ‘aggiustate’, però la scienza tace”, il Patto Trasversale per la Scienza intende specificare quanto segue.
Innanzitutto, è opportuno ricordare che il Patto, lungi dal tacere, è stato fra i primi a reagire alle notizie di richiesta di archiviazione dei ricercatori indagati dalla procura di Milano, con una lettera aperta che, oltre a denunciare l’assordante silenzio in tema, chiedeva ai vertici di AIRC di fare chiarezza e di dotarsi di regole più stringenti in tema di integrità e alla comunità scientifica italiana di dotarsi di regole chiare di condotta. Quest’ultima richiesta, in particolare, appare oggi particolarmente importante, proprio in presenza di una difformità di giudizio persino tra Procura e GIP, che pure hanno chiesto e decretato l’archiviazione per gli indagati. È quindi il caso di ribadire che per il PTS, come già dichiarato a luglio, è fondamentale:
1. dotare tutte le istituzioni scientifiche e di ricerca del nostro Paese di un sistema coerente ed omogeneo per la gestione, l’identificazione precoce e la correzione degli eventuali casi di cattiva condotta scientifica
2. far sì che i finanziatori, pubblici e privati, della ricerca scientifica, i quali raccolgono soldi dai cittadini italiani o direttamente o attraverso le tasse, siano essi stessi scevri da conflitti di interesse e dotati di regole chiare per favorire la pratica dell’integrità scientifica
Alla luce poi dei particolari emersi circa le indagini ed il decreto di archiviazione disposto dal GIP, nonché dei commenti apparsi sulla stampa, è necessario ribadire quanto segue.
Innanzitutto, sono alcuni membri della comunità scientifica – non i giornalisti, né la magistratura – ad aver identificato (rendendoli pubblici online) e poi esaminato (nella persona dei periti, appartenenti alla comunità scientifica ed accademica, ma anche di altri esperti che hanno a loro volta esaminato le segnalazioni su siti online dedicati) i casi in esame; dunque è la comunità scientifica che ha messo in moto il meccanismo che dovrà portare alla correzione del record pubblicato, a riprova dei meccanismi di cui la scienza dispone per identificare ed analizzare i propri errori.
Con riguardo poi alle notizie filtrate circa il dispositivo di archiviazione del GIP, il PTS sottolinea quanto segue: 1. nessuno, che non sia membro della comunità scientifica, può giudicare della gravità di un comportamento di violazione dell’integrità di un dato scientifico, visto che solo la comunità scientifica ha le competenze necessarie; 2. compito della magistratura penale è accertare se, in un caso di manipolazione dei dati, vi sia stato un crimine, e non di pesarne la gravità al di fuori del diritto penale, perché se sia “un falso innocuo e innocente”, quando siano escluse condotte criminali, solo la comunità scientifica può stabilirlo; 3. la comunità scientifica ha già cominciato a verificare i casi occorsi nei singoli articoli; questi hanno richiesto già adesso correzioni in almeno 5 degli articoli oggetto di indagine, correzioni occorse a valle dell’analisi tecnica delle immagini in questione da parte di membri esperti della comunità scientifica ed ovviamente condivise almeno dalla maggioranza degli autori dei lavori e dalle riviste; 4. le correzioni di un articolo scientifico non implicano necessariamente frode, ma sono necessarie e non derogabili in tutti i casi di manipolazione (ivi inclusa la duplicazione di dati) accertati; i ricercatori hanno il dovere, con le riviste, di apportare le modifiche opportune (da un corrigendum fino ad una ritrattazione) su ogni articolo che presenti duplicazioni, manipolazioni o altre alterazioni delle immagini o dei dati; 5. nessuno, e meno che mai un giudice, può affermare che, sulla base del fatto che un certo risultato sia stato successivamente replicato o una certa ipotesi scientifica sia poi risultata vera, un dato comportamento manipolatorio sia perdonabile dal punto di vista del metodo scientifico e i dati di un articolo non siano da correggere, sia per errore onesto che per frode; 6. quel ricercatore che, una vota accertato un problema nei dati pubblicati, non procede alle correzioni opportune, ignorando o ostacolando il processo di emendamento necessario, si macchia di cattiva condotta, al pari di chi froda.
Per le ragioni elencate, il PTS auspica che, quanto prima, la comunità scientifica italiana inizi una seria e condivisa discussione sulle regole per indagare e trattare i casi di potenziale cattiva condotta, e che i ricercatori coinvolti dall’indagine correggano al più presto la letteratura scientifica, sia per quel che riguarda i lavori oggetto di indagine, sia per quel che riguarda eventuali altri lavori che dovessero risultare contenere dati problematici.
Pier Luigi Lopalco Presidente Patto Trasversale per la Scienza
Prima trasferta in Friuli Venezia Giulia del Patto
Trasversale per la Scienza. L’associazione, ha incontrato il pubblico a Sacile
il 21 novembre scorso a Palazzo Ragazzoni.
Tema dell’incontro, promosso dalla Società di Mutuo Soccorso Credima e Friulovest
Banca, con il patrocinio dell’Azienda per l’Assistenza Sanitaria del Friuli
Occidentale e la Città di Sacile, la contrapposizione “Scienza e
Pseudoscienza”, per educare il cittadino alla comprensione delle notizie
scientifiche e al riconoscimento delle fake news.
Ha introdotto l’appuntamento il presidente di Credima Giorgio Siro Carniello,
mentre sono intervenuti il presidente del Patto Pier Luigi Lopalco (professore
di igiene e Medicina Preventiva Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle
Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Pisa) e
il vice presidente Andrea Cossarizza (professore di patologia generale e
immunologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Modena e
Reggio Emilia e presidente ISAC, International Society for Advancement of Cytometry)
con la moderazione della giornalista Maria Santoro, socia fondatrice del Patto.
“Abbiamo raccontato le principali e più dannose bufale in ambito medico-scientifico,
spesso avvalorate dai mezzi di comunicazione, in particolare attraverso i
social – afferma Cossarizza – si tratta di bugie pericolose perché orientano
negativamente il giudizio delle persone, convincendole a seguire cure
alternative o sostenere colpevolmente il negazionismo dell’HIV”.
L’associazione protegge il valore della scienza, anche attraverso interazioni
virtuose con il mondo delle istituzioni e la società civile: “Molti partiti
purtroppo hanno utilizzato il tema delle
vaccinazioni come moneta di scambio elettorale, contribuendo alla disinformazione
sull’argomento e spesso distogliendo i cittadini dalla volontà di proteggere se
stessi e gli altri – evidenzia –non possiamo più permetterlo”. Recentemente è
stata richiesta la consulenza del Patto nel processo penale contro l’omeopata
Massimiliano Mecozzi accusato della morte del piccolo Francesco Bonifazi per
otite il 27 maggio 2017: “Il Patto restituisce alla scienza un ruolo
determinante – prosegue – coinvolgendo le istituzioni di vario ordine e grado affinché
divengano preziose alleate e vogliano schierarsi apertamente contro tutti gli
impostori, specie se minacciano la salute pubblica”.
Hanno aderito al Patto oltre 6mila persone, di cui 3 Premi Nobel, quattro
comuni (Spilimbergo, Senigallia, Torino e Foggia) e l’Università di Foggia: “Il
nostro desiderio è che il Patto possa trovare il sostegno dell’intero Paese –
rimarca Lo Palco – più istituzioni sceglieranno di rifuggire la stregoneria e
più i cittadini saranno al sicuro, optando per i migliori e più sicuri percorsi
terapeutici”.
Gli obiettivi del Patto Trasversale per la Scienza corrispondono anche ai
principi cardine di Credima: “Il nostro fitto programma annuale di incontri a
carattere divulgativo sviluppa il concetto di empowerment – conclude Carniello
– vogliamo un cittadino consapevole e attento alle azioni da intraprendere per
il suo benessere, e questo è possibile soltanto grazie all’informazione e alla
conoscenza”.
Dieci minuti su Google sembra valgano dieci anni di studio. Oggi è sempre più difficile vincere le informazioni scorrette in rete, divulgate da impostori e ciarlatani, allo scopo di circuire il cittadino, in particolare famiglie fragili e sofferenti, confezionando bufale di ogni tipo per interessi personali.
Il 5 giugno 2019 è nata l’Associazione “Patto Trasversale per la Scienza” con l’obiettivo di combattere la diffusione di informazioni mendaci e sensazionalistiche sul tema della sanità, che attraversano capillarmente rete, social, televisione e carta stampata, compromettendo la salute pubblica.
Il 21 novembre 2019 a Sacile (PN), alle 20.30 Palazzo Ragazzoni (viale Pietro Zancanaro 2) se ne parla con:
dott. Giorgio Siro Carniello – Reumatologo, consulente medico AAS 5
prof. Andrea Cossarizza – Professore di Patologia Generale e Immunologia Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Modena e Reggio Emilia – vice Presidente del Patto Trasversale per la Scienza
prof. Pier Luigi Lopalco – Professore di Igiene e Medicina Preventiva Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Pisa – Presidente del Patto Trasversale per la Scienza
Modera il dibattito Maria Santoro, giornalista e socio fondatore del Patto Trasversale per la Scienza
Un nuovo canale social per seguire le iniziative del Patto per la Scienza. Da oggi puoi seguirci su Telegram, direttamente sul tuo smartphone, cliccando su https://t.me/pattoperlascienza
Telegram si aggiunge agli altri canali social che vi permettono di restare in contatto con noi.
Il plagio
scientifico è un problema attuale e molto studiato. Consiste nel copiare e
usare di nuovo, riciclare, intere parti di uno studio per comporne uno diverso.
Come si può capire, questo è un comportamento molto scorretto, dannoso per la
ricerca e che dimostra atteggiamento antiscientifico, tanto da essere
considerata una vera e propria forma di frode scientifica, perché con il plagio
si “gonfia” l’evidenza a favore di una propria idea. Questo comportamento può
avvenire o con il riciclo di propri lavori o con quello di altri ed è spesso
usato in studi di basso livello e in riviste predatorie, allo scopo di
aumentare il numero di propri lavori (visto lo sforzo minimo nel produrre studi
“copiati”). Ovviamente, per definire “plagiato” o riciclato uno studio,
esistono diversi criteri e anche dei software che li analizzano
automaticamente. Devono essere ripetute un certo numero di parole, di frasi, di
successioni di frasi, con regole stabilite e precise. Analizzando uno degli
ultimi studi sugli effetti dell’omeopatia si è scoperto come questo fosse
successo in maniera ripetuta ed estesa, soprattutto da quando l’autore ha
pubblicato in riviste predatorie. Utilizzando un software (ithenticate o altri,
ma si può verificare anche personalmente, vista l’entità del gesto) si
noteranno ripetuti blocchi di testo riciclati nei vari studi dell’autore, cosa
ripetuta nel tempo. Un altro aspetto preoccupante emerso da questa analisi è il
fatto che l’autore ha deliberatamente eliminato informazioni importanti nei
testi da lui usati per le pubblicazioni, informazioni che cambiano radicalmente
le caratteristiche degli studi e quindi le conclusioni che lui descrive in
maniera personale e non attinente alla realtà. Stiamo analizzando quindi un
vero e proprio lavoro di manipolazione dei dati non dichiarato, fatto molto
grave e da rendere pubblico; se poi l’abbondante riciclo di testo ritrovato costituisca
plagio e frode scientifica, lo lasciamo decidere al lettore.
Introduzione.
Una delle tecniche attraverso le quali la pseudoscienza
manipola l’evidenza ad essa favorevole è quello di utilizzare riviste
cosiddette “predatorie” per ingrossare le fila delle pubblicazioni in supporto.
Queste riviste hanno la precipua caratteristica di garantire la pubblicazione
di qualunque sciocchezza in cambio di denaro, producendo dei documenti che
hanno tutta l’apparenza di pubblicazioni scientifiche, salvo il fatto che essi
non sono passati attraverso una revisione dei pari (peer review) degna di
questo nome, e dunque sono privi di ogni garanzia di qualità.
È questo il caso dell’ultima pubblicazione in supporto
dell’uso dell’omeopatia prodotta dal pensionato ed ex medico Paolo Bellavite,
il quale crede di poter dare supporto all’uso dell’omeopatia invece che degli
antibiotici anche nell’otite media acuta, la condizione che ha portato a morte
il piccolo Francesco a cui il medico omeopata Mecozzi ha negato gli antibiotici
in favore di rimedi omeopatici.
Questa pubblicazione, approvata in una settimana dalla sottomissione, è stata già analizzata da due gruppi del Patto Trasversale per la Scienza, dedicati rispettivamente all’omeopatia e all’integrità nella ricerca scientifica, che ne hanno sottolineato le numerose manchevolezze anche di contenuto; tuttavia, un aspetto finora non è stato trattato, e sarà discusso di seguito.
Detta in due parole, la review risulta consistere in un
pastiche di testi riciclati molteplici volte, le cui fonti temporalmente più
prossime sono lavori dello stesso Bellavite, ma che in realtà possono essere
ricondotti originariamente a testi di altri autori.
Inoltre – e questo è forse un aspetto ancora più grave –
vi sono alcune evidenze di riuso selettivo dei testi originali, fatto in modo
da distorcerne gravemente il significato originario e da fornire evidenze
inesistenti alle ipotesi di Bellavite che l’omeopatia sia migliore del placebo
– una forma di falsificazione inaccettabile.
Attraverso questi due mezzi – la pubblicazione predatoria
e il riutilizzo di materiali già pubblicati, anche dagli stessi autori – si
ottiene il doppio scopo di produrre lavori apparentemente “nuovi” in supporto
dell’omeopatia e di aumentare citazioni e impatto dell’autore principale, il
quale non a caso ha anche recentemente vantato il suo H-factor rispetto a
quello di altri ricercatori critici del suo lavoro.
Riciclo testuale in Bellavite et al.,
2019: analisi generale.
Una semplice analisi mediante software (ithenticate)
permette di identificare larghe porzioni di testo riciclate all’interno del
lavoro in questione. Di seguito sono
mostrate le aree di testo riciclate per ciascuna pagina, colorate secondo il
gruppo di fonti che le contiene; le pagine della review sono mostrate
consecutivamente in gruppi di tre. Si noti che per l’analisi sono state
considerate solo quelle fonti che contengano almeno 100 parole in comune con la
review in analisi, e non sono stati considerate valide identità testuali di
meno di 5 parole consecutive. Dall’analisi è stata ovviamente esclusa la
bibliografia della review.
Sebbene soventemente il software utilizzato possa non
riconoscere alcune identità testuali – per esempio le parole spezzate per
andare a capo interrompono il riconoscimento– si può notare che la gran parte
del testo risulta ripreso da fonti precedenti.
In particolare, le zone evidenziate in rosso ed in magenta nel testo di
Bellavite risultano essere presenti reiteratamente nelle seguenti fonti dello
stesso autore:
Come è agevole notare, si tratta del grosso del testo
della review; in particolare, la prima delle fonti elencate, che possiede la
maggior quantità di testo in comune con la successiva review del 2019, già
include 20 dei 41 lavori poi selezionati per la review del 2019, utilizzando
nelle descrizioni identico testo.
Le due pubblicazioni più recenti (la prima e la seconda),
come la review del 2019 che ne ricicla il testo, sono pubblicate su riviste che
non sono nemmeno indicizzate da PubMed. La cosa è particolarmente interessante,
in quanto nella review che qui si analizza, per giustificare il fatto che i
lavori non indicizzati su PubMed non saranno considerati nell’analisi, è
scritto testualmente:
“Our previous systematic review on the effect of homeopathy in
immunological disorders also included non-peer-reviewed papers published until
2010, but in this report we have restricted the report to clinical trials and
observational studies cited by PubMed, which is considered the most important
search system of bibliographic resources, also for homeopathy and other CAMs
[38-40]. As it is known (see for example
https://www.nlm.nih.gov/lstrc/jsel.html), the scientific merit of a
journal’s content is the primary consideration in selecting journals for
indexing in PubMed, especially on the explicit process of external peer review
and adherence to ethical guidelines. The publication of a paper in a journal
cited by PubMed is not in itself a guarantee of quality, but it can be
considered an important criterion of validity, since it is certain that the
work was judged by experts in the field before is accepted.”
Peraltro, a parte l’indicizzazione su PubMed, va detto
che il lavoro del 2011, come quello del 2019, è pubblicato su rivista
predatoria.
Quello del 2008 è pubblicata sulla rivista di un editore
indiano, sospetta ed infatti non presente nel DOAJ (Directory of Open Access Journals); infine, il lavoro del 2006 è stata pubblicato
da un giornale del gruppo egiziano Hindawi, considerato almeno fino al 2010
predatorio[1]
(e successivamente border-line).
Se si considerano oltre alle tre principali anche tutte
altre le fonti identificate (cioè tutte le sorgenti per il testo colorato
sovrapposto alle pagine della review nelle figure precedenti), appare evidente
che la review del 2019 è ridondante, in quanto ricicla in massima parte
identici testi precedenti (come visto, spesso pubblicati su riviste di bassa
qualità o francamente predatorie).
Riciclo testuale in Bellavite et al.,
2019: modus operandi.
La semplice analisi delle parti di testo riciclate,
illustrata nella sezione precedente, non consente di identificare agevolmente
se il riciclo testuale sia abitudine consolidata o eccezione da parte degli
autori in questione.
Uno studio più approfondito, di tipo filogenetico,
prevede l’identificazione delle eventuali sequenze di riciclo che hanno portato
fino al testo che appare nella review del 2019. A titolo di esempio, si
illustrerà quanto emerso per la pagina 5 della review in esame.
Il testo principale può essere considerato diviso in 4
blocchi, secondo la sua provenienza originale, come illustrato nell’immagine di
seguito.
Per quanto riguarda il BLOCCO 1, esso risulta
derivare attraverso 4 passaggi successivi di riciclo da un testo di Bellavite
et al. del 2006, come illustrato di seguito (parti conservate con la review del
2019 in rosso; in blue parti originariamente conservate, che successivamente si
perdono nei vari passaggi).Bellavite P, Ortolani R,
Pontarollo F, Piasere V, Benato G, Conforti A. Immunology and homeopathy. 4. Clinical studies – Part 1. In: Evidence-Based Complementary and
Alternative Medicine. Vol 3. ; 2006:293-301.
De
Lange de Klerk
(62) performed
a double-blind, randomized study that evaluated the frequency, duration and severity of rhinitis, pharyngitis
and tonsillitis in a group of children. The homeopathic prescription included ‘constitutional’ remedies for preventive purposes and remedies treating acute phases. The year-long therapy was continuously adjusted on an
individual basis, and data were collected by means of diaries kept by
parents and attending physicians. Results showed that homeopathic therapy was slightly but not
significantly better than placebo.
Bellavite
P, Chirumbolo S, Magnani P, Ortolani R, Conforti A. Effectiveness of homeopathy
in immunology and inflammation disorders: a literature overview of clinical
studies. Homoeopath Herit. 2008;33(3):35-58.
De
Lange et al.
(45) carried out a double-blind, randomized study which they evaluated the
frequency, duration and severity of rhinitis, pharyngitis and tonsillitis in a
group of children. The homeopathicprescription included “constitutional” remedies for
preventive purposes and remedies for the treatment of
acute phases. The year-long therapy was continuously adjusted on an individual basis, and
the data were collected
by means of diaries kept by the parents and attendingphysicians. The
results showed that the homeopathic therapy was slightly but not significantly
better thanplacebo:
the mean number ofinfective episodes
was 7.9/year in the treated group and 8.4/year in the control group. The
children in the active group experienced episodes that were generally shorter
and less severe, and were disease-free for 53% of the days (as against 49% in the placebo group)
Bellavite
P, Marzotto M, Chirumbolo S, Conforti A. Advances in homeopathy and immunology:
A review of clinical research. Front Biosci – Sch. 2011;3
S(4):1363-1389.
Individualized
homeopathy
De
Lange and coworkers (38) carried
out a double-blind, randomised study in which
they evaluated the
frequency, duration and severity of rhinitis, pharyngitis and tonsillitis in a
group of children. The homeopathic
prescription included “constitutional” remedies for preventive purposes
and remedies for
the treatment of acute phases. The year-long therapy was continuously adjusted
on an individual basis, and the data were collected through diaries
kept by the parents and attending physicians. The results showed that
the homeopathic therapy was slightly but not significantly better than the
placebo: the mean number of infective episodes was 7.9/year in the treated
group versus 8.4/year
in the control group. The children in the active group experienced episodes
that were generally shorter and less severe; the percentage of children not
requiring antibiotics was 62% for homeopathy against 49% for conventional
therapy. The
authors conclude that
the differences between the two treatments are interesting but slight.
Bellavite
P, Marzotto M, Andreoli B. Homeopathic Treatments of Upper Respiratory and
Otorhinolaryngologic Infections: A Review of Randomized and Observational
Studies. Altern Complement Integr Med. 2019;5(2):1-20.
Randomized Trials ofIndividualized
homeopathy
De
Lange and coworkers carried out a double-blind, randomized study which they
used to
evaluate the frequency, duration and severity of rhinitis,
pharyngitis and tonsillitis in a group of children [44]. The
homeopathic prescription included “constitutional” medicines for
preventive purposes and medicines for
the treatment of acute phases. The year-long therapy was continuously adjusted
on an individual basis, and the data was collected by means of diaries
kept by the parents and
attending physicians. The results showed that the homeopathic therapy was
slightly but not significantly better than the placebo: the mean number of
infective episodes was 7.9/year in the treated group and 8.4/year
in the control group. The children in the active group experienced episodes
that were generally shorter and less severe; the percentage of children not
requiring antibiotics was 62% vs.
49% in homeopathy
and conventional
therapy respectively. The
authors concluded
that the differences between the two treatments were
interesting but small (odds ratio favoring homeopathy versus
placebo: 1.67, 95% CI: 0.96-28.9).
Per quanto riguarda il BLOCCO 2, esso risulta
derivare attraverso 5 passaggi successivi di riciclo da un testo di Jacobs et
al. del 2001, come illustrato di seguito
Jacobs J, Springer DA, Crothers D. Homeopathic
treatment of acute otitis media in children: A preliminary randomized
placebo-controlled trial. Pediatr Infect Dis J. 2001;20(2):177-183.
METHODS:
A randomized double blind placebo control pilot study was
conducted in a
private pediatric practice in Seattle, WA. Seventy-five children ages 18 months
to 6 years with middle ear effusion and ear
pain and/or fever for no more than 36 h were entered into the study. Children received either an individualized homeopathic medicine or
a placebo administered orally three times daily for 5 days, or until symptoms
subsided, whichever
occurred first. Outcome measures included the
number of treatment failures after 5 days, 2 weeks and 6 weeks. Diary symptom
scores during the first 3 days and middle ear effusion at 2 and 6 weeks after
treatment were also evaluated.
RESULTS:
There were fewer treatment failures in the group
receiving homeopathy after 5 days, 2 weeks and 6 weeks, with differences of 11.4, 18.4 and 19.9%,
respectively, but these differences were not
statistically significant. Diary scores showed a significant decrease in
symptoms at 24 and 64 h after treatment in favor of homeopathy (P < 0.05). Sample size calculations indicate that 243
children in each of 2 groups would be needed for significant results, based on
5-day failure rates.
Bellavite P, Ortolani R, Pontarollo F, Piasere V, Benato G, Conforti A.
Immunology and homeopathy. 4.
Clinical studies – Part 1. In: Evidence-Based Complementary and Alternative
Medicine. Vol 3. ; 2006:293-301.
A
randomized double-blind placebo control pilot study was conducted (66) in children with otitis
media. Subjects having middle
ear effusion and ear pain and/or fever for no more than 36 h entered into the study. They received either an individualized homeopathic
medicine or a placebo administered orally three times daily for 5 days, or
until symptoms subsided. There were fewer treatment failures in
the group receivinghomeopathy, these
differences were not statistically significant. Diary scores showed
a significant decrease in symptoms after treatment in favor of
homeopathy (P < 0.05).
Bellavite
P, Chirumbolo S, Magnani P, Ortolani R, Conforti A. Effectiveness of homeopathy
in immunology and inflammation disorders: a literature overview of clinical
studies. Homoeopath Herit. 2008;33(3):35-58.
A
randomized double-blind placebo control pilot study was conducted (49) in children with otitis
media. Subjects having middle
ear effusion and ear pain and/or fever for no more than 36 h entered into the study. They
received either an individualized homeopathic medicine or a placebo
administered orally three times daily for 5 days, or until
symptoms subsided. Outcome measures included the number of treatment
failures after 5 days, 2 weeks and 6 weeks. Diary symptom scores during the
first 3 days and middle ear effusion at 2 and 6 weeks after treatment were
also evaluated. There were fewer treatment failures in the
group receivinghomeopathy after 5
days, 2 weeks and 6 weeks, with differences of 11.4%, 18.4% and 19.9%,
respectively, but these differences were not statistically significant.
Diary scores showed a significant decrease in symptoms at 24 and 64 h
after treatment in favor of homeopathy (P < 0.05).
Bellavite
P, Marzotto M, Chirumbolo S, Conforti A. Advances in homeopathy and immunology:
A review of clinical research. Front Biosci – Sch. 2011;3
S(4):1363-1389.
A
randomiseddouble-blind
placebo controlled pilot study was carried out (46) on
children with otitis media. Subjects presenting
middle ear effusion and ear pain and/or fever for no more than 36 h were
enrolled in the trial. They received either an individualised homeopathic remedy or
a placebo, administered orally three times daily for 5 days or until symptoms
subsided. Outcome
measures included the number of treatment failures after 5 days, 2 weeks and 6
weeks. Diary symptom scores during the first 3 days and middle ear effusion at
2 and 6 weeks after treatment were also evaluated. There were fewer
treatment failures in the group receiving homeopathy after 5 days, 2
weeks and 6 weeks, however these differences were not statistically
significant. Diary scores showed a significant decrease in symptoms at 24 and
64 h after treatment in favour of homeopathy (P < 0.05).
Bellavite
P, Marzotto M, Andreoli B. Homeopathic Treatments of Upper Respiratory and
Otorhinolaryngologic Infections: A Review of Randomized and Observational
Studies. Altern Complement Integr Med. 2019;5(2):1-20.
A
randomized double-blind placebo controlled pilot study was carried out on
children with otitis media [51].
Subjects presenting middle ear effusion and ear pain and/or fever for no more
than 36 h were enrolled in the trial. They received either an individualized
homeopathic medicine or a placebo; administered orally three times daily for 5
days or until symptoms subsided.
The 4 most commonly medicines prescribed included Pulsatilla, Chamomilla, Sulphur
and Calcarea carbonica. Outcome measures
included the number of treatment failures after 5 days, 2 weeks and 6 weeks.
Diary symptom scores during the first 3 days and middle ear effusion at 2 and 6
weeks after treatment were also evaluated. There were fewer treatment failures
in the group receiving homeopathy after 5 days, 2 weeks and 6 weeks. However
these differences were not statistically significant. Diary scores showed a
significant decrease in symptoms at 24 and 64 h after treatment, in favor of homeopathy
(P < 0.05).
Per quanto riguarda il BLOCCO 3, esso risulta
derivare attraverso 4 passaggi successivi di riciclo da un testo di Bellavite
et al. del 1995, come illustrato di seguito.
Bellavite P, Signorini A, Society for the Study of
Native Arts and Sciences. Homeopathy, a Frontier in Medical Science :
Experimental Studies and Theoretical Foundations. North Atlantic Books; 1995.
and
that of Wiesenauer and coworkers [Wiesenauer
et al., 1989; score 60/100], who demonstrated the
inefficacy, in the therapy of sinusitis, of
a number of remedies prepared from various
combinations of Luffa opercolata
(dishcloth gourd), Kalium bichromicum
(bichromate of potash), and Cinnabaris (cinnabar) (in 3x-4x dilutions).
Bellavite P, Ortolani R, Pontarollo F, Piasere V, Benato
G, Conforti A. Immunology and homeopathy. 4. Clinical studies – Part 1. In: Evidence-Based
Complementary and Alternative Medicine. Vol 3. ; 2006:293-301.
Wiesenauer et al. (54) compared the effects of three different
homeopathic treatments and placebo in patients with acute and chronic
sinusitis. In this randomized, double-blind study the patients were divided
into four groups: group A: Luffa operculata 4x + Kalium bichromicum 4x + Cinnabaris 3x; group B: K. bichromicum 4x + Cinnabaris
3x; group C: Cinnabaris 3x; and group D: placebo. The study did not reveal any
difference in therapeutic effects in the four groups. Their conclusion was that, unless other data emerge from a
study of individual homeopathic prescriptions (‘repertorization’), the drugs
should not be considered active in acute or chronic sinusitis in the general
population; they also pointed out that similar negative results have been
obtained with antibiotics, nasal decongestants and drainage of the nasal
cavities.
Bellavite P, Marzotto M, Chirumbolo S, Conforti A.
Advances in homeopathy and immunology: A review of clinical research. Front
Biosci – Sch. 2011;3 S(4):1363-1389.
Wiesenauer and coworkers (32) demonstrated the inefficacy, in the treatment of sinusitis, of a number of remedies prepared
from various combinations of Luffa opercolata, Kalium bichromicum, and
Cinnabaris (in low homeopathic dilutions). Their conclusion is that,
unless other data emerge from a study of individualised homeopathic
prescriptions (“repertorisation”), the drugs should not be considered active in
acute or chronic sinusitis in the general population; they also point out
that similar negative results have been obtained with antibiotics, nasal
decongestants and drainage of the nasal cavities.
Bellavite P, Marzotto M, Andreoli B. Homeopathic
Treatments of Upper Respiratory and Otorhinolaryngologic Infections: A Review
of Randomized and Observational Studies. Altern Complement Integr Med.
2019;5(2):1-20.
A series of medicines for non allergic rhinitis, prepared
from various combinations of Luffa opercolata, Kalium bichromicum and
Cinnabaris (in low homeopathic dilutions) were compared with a placebo in a double-blind
trial [83]. Criteria for the therapeutic result were headache, blocked nasal
breathing, trigeminal tenderness, reddening and swelling of nasal mucosa and
postnasal secretion. All combinations were ineffective in the treatment of
those sinusitis symptoms. The author’s conclusion
was that,
unless other data emerge from a study of individualized homeopathic
prescriptions (“repertorisation”), the drugs should not be considered active in
acute or chronic sinusitis in the general population.They
also point out that similar negative results have been obtained with
antibiotics, nasal decongestants and drainage of the nasal cavities.
Infine, il BLOCCO 4 rappresenta un caso
particolarmente interessante. Sebbene in questo caso i passaggi di riciclo
testuale, a partire da un articolo di Zabolotnyii et al del 2007, siano
soltanto 3, si noti la frase in giallo nel lavoro originale ripreso da
Bellavite et al. Quella frase, che mostra come lo studio non sia un paragone
tra omeopatia e placebo (ciò che servirebbe per affermare un’efficacia
superiore al placebo dell’omeopatia), spiega come i pazienti, in entrambi i
gruppi paragonati, abbiano assunto paracetamolo e altri farmaci da banco, in
modo che il controllo tra i due gruppi è, di fatto, sporcato, e certo non si
può assumere la superiorità dell’omeopatia rispetto al placebo. Proprio questa
frase viene eliminata dal testo altrimenti riciclato in entrambe le due
successive review pubblicate da Bellavite su due riviste predatorie. Questo
comportamento, oltre che il riciclo testuale, essendo distorsivo è definibile
come falsificazione per omissione. Di seguito si fornisce l’evidenza per quanto
affermato.
Zabolotnyi DI, Kneis KC, Richardson A, et al. Efficacy of a Complex Homeopathic Medication (Sinfrontal) in
Patients with Acute Maxillary Sinusitis: A Prospective, Randomized,
Double-Blind, Placebo-Controlled, Multicenter Clinical Trial. Explor J Sci
Heal. 2007;3(2):98-109.
Interventions: Fifty-seven
patients received Sinfrontal and 56 patients received placebo. Additionally, patients were allowed saline inhalations,
paracetamol, and over-the-counter medications, but treatment with
antibiotics or other treatment for sinusitis was not permitted.
Results: From day
zero to day seven, Sinfrontal caused a significant reduction
in theSSS
total score compared with placebo (5.8 ± 2.3 [6.0] points vs 2.3 ± 1.8 [2.0]
points; P< .0001). On day 21, 39 (68.4%)
patients on active medication had a complete remission of AMS symptoms
compared with five (8.9%) placebo
patients. All
secondary outcome criteria displayed similar trends. Eight
adverse events were reported that were assessed as being mild or moderate in
intensity. No
recurrence of AMS symptoms occurred by the end of the eight-week posttreatment
observational phase.
Bellavite P, Marzotto M, Chirumbolo S, Conforti A.
Advances in homeopathy and immunology: A review of clinical research. Front
Biosci – Sch. 2011;3 S(4):1363-1389.
A prospective, randomised, double-blind,
placebo-controlled trial carried out in the Ukraine (57) investigated the efficacy of a complex homeopathic medication (Sinfrontal), compared to a placebo, in patients with maxillary
sinusitis. Between day zero and day seven, Sinfrontal produced a
significant reduction in the total symptom score compared to the placebo (p
< 0.0001).Eight adverse events were reported, assessed as being of
mild or moderate intensity.The authors suggest that this complex homeopathic
medication is safe and appears to be an effective treatment for acute maxillary
sinusitis.
Bellavite
P, Marzotto M, Andreoli B. Homeopathic Treatments of Upper Respiratory and
Otorhinolaryngologic Infections: A Review of Randomized and Observational
Studies. Altern Complement Integr Med. 2019;5(2):1-20.
Sinfrontal is a complex homeopathic medication
(containing Cinnabaris 4D, Ferrum phosphoricum 3D, Mercurius solubilis 6D) that
is used for a variety of upper respiratory tract infections and has shown
promise as a treatment for rhinosinusitis. A
prospective, randomized, double-blind, placebo-controlled trial, carried out in
Ukraine, investigated the efficacy of this complex
homeopathic medication compared to a placebo, in patients with maxillary sinusitis
[60]. Fifty-seven
patients received Sinfrontal and 56 patients received placebo. Between day zero and day seven, Sinfrontal produced a
significant reduction in the total symptom score compared to the placebo (p
< 0.0001). After three weeks, 68.4%
patients on active medication had a complete remission compared with 8.9% of
placebo patients. Eight adverse events were reported, assessed as being of mild
or moderate intensity. The authors suggest that this complex homeopathic
medication is safe and appears to be an effective treatment for acute maxillary
sinusitis. A
cost-utility analysis based on data from this trial calculated that Sinfrontal
led to incremental savings of €275 per patient compared with the placebo over
22 days, essentially due to markedly reduced absenteeism from work [61].
Per avere una visione d’insieme, è possibile raggruppare
i dati fin qui esposti circa l’origine dei blocchi di testo che costituiscono
la pagina 5 della review di Bellavite recentemente pubblicata.
La situazione è ben rappresentata nello schema seguente,
che illustra come l’autore sostanzialmente ricicli nelle sue varie
pubblicazioni pezzi di testo propri ed altrui, ricomponendoli di volta in volta
secondo necessità e con piccole variazioni.
Si noti come, considerando anche solo la pagina 5 della
review del 2019, tutti i lavori sorgente posteriori al primo del 1995
contengono pezzi di testo riciclato, a testimonianza di un modus operandi
reiterato.
Naturalmente, nello schema non si tiene conto del fatto
che, come appena visto per il blocco 4, il riciclo di testo può essere
selettivo e tale da distorcere il significato della fonte originale discussa
nelle varie pubblicazioni dell’autore.
Conclusioni
Come è stato ampiamente dimostrato, la recente review
pubblicata da Bellavite et al. su rivista predatoria rappresenta un evidente
esempio di esteso riciclo testuale; inoltre, l’analisi ha consentito di
evidenziare la costanza di tale comportamento nel tempo e anche l’abitudine,
almeno recentemente, a pubblicare su riviste predatorie e non indicizzate su
PubMed (contraddittoriamente considerata dallo stesso Bellavite standard di
qualità).
Inoltre, almeno in un caso è stata documentata la
distorsione dell’informazione originariamente pubblicata da altri autori,
attraverso l’eliminazione nel testo riciclato di una parte importante di
informazione, che indebolirebbe la tesi degli autori del riciclo; tale
comportamento, in mancanza di chiare giustificazioni, si configura come
falsificazione per omissione.
Il tipo di produzione scientifica esaminato non può
quindi avere alcuna utilità nello stabilire l’efficacia dell’omeopatia,
soprattutto se paragonato alle serie e metodologicamente solide meta-analisi di
segno contrario pubblicate in altre sedi.
[1] Nel 2010, un sottoinsieme delle riviste Hindawi,
editore originariamente egiziano, era nella lista dei giornali predatori di
Beall, a causa della sospetta cattiva qualità dei processi di revision e della
solecitazione via mail di manoscritti; successivemente, Beall rimosse il
publisher dalla sua lista, definendolo “border line”. Da allora, il
miglioramento di Hindawi è stato continuo, ma non sono mancati numerosi
scandali che hanno interessato riviste pubblicate da quell’editore scientifico.
Qualcuno, visto che è iniziato il processo penale al dott. Mecozzi, accusato dalla Procura della Repubblica del Tribunale di Ancona di aver cagionato la morte di un bambino di di 7 anni affetto di otite per aver sconsigliato gli antibiotici ed aver prescritto cure omeopatiche, crede che l’utilizzo di una pubblicazione su una rivista definita “predatoria” possa servire a convincere i giudici che l’omeopatia sia indicata per l’otite e sia migliore degli antibiotici.
Il giornale dove è stato a tempo di record pubblicato l’articolo che
sostiene queste cose è da tempo incluso nella Beall’s list, riferimento per
l’individuazione degli editori e dei giornali che pubblicano qualsiasi cosa a
pagamento.
A quanto pare, l’editore che pubblica quella rivista ha fra le sue
pubblicazioni una nel cui editorial board sedeva un … cane.
Il PTS, tramite i suoi gruppi dedicati all’integrità nella ricerca
scientifica e all’omeopatia, ha esaminato comunque anche il contenuto della
review in questione; l’analisi di dettaglio è illustrata di seguito.
Considerazioni critiche su una nuova
review in tema di omeopatia
Nell’editoria scientifica, e particolarmente per quanto riguarda il settore
biomedico, si assiste da alcuni anni all’emersione del fenomeno della
pubblicazione open source di bassa qualità. Si tratta di un modello di business
piuttosto semplice, basato su uno stravolgimento del concetto di “Open Source”:
in cambio di un compenso, una rivista che ha l’apparenza di essere scientifica
pubblica articoli che passano una debolissima o nessuna peer review.
Nel caso dell’applicazione dell’omeopatia alle malattie del tratto
respiratorio, gli esempi sono molteplici: si ricorda, per esempio, la
pubblicazione nel 2015 da parte di un gruppo di Bologna di uno studio che fu
ampiamente criticato, non solo per la debolezza dello studio in sé, ma anche
per la stessa sede della pubblicazione – all’epoca definito un “crappy journal”
– che, guarda caso, consentì agli autori di pubblicare senza dichiarare il
proprio conflitto di interesse, essendo
collegati alla Boiron.
La cosa veramente sorprendente è che in questo studio si misero a confronto due gruppi di bambini affetti da raffreddore: ad uno fu somministrato un trattamento omeopatico, all’altro una combinazione di antibiotici (amoxicillina-clavulanato) insieme al trattamento omeopatico – ben sapendo che essendo il raffreddore comune una condizione virale, non ci si aspetta nessun effetto dalla somministrazione di antibiotici (se non, in alcuni bambini, qualche effetto collaterale). Uno studio quindi censurabile (per il trattamento antibiotico, che non era necessario né indicato), alla fine del quale, guarda caso, non si osservano differenze fra i due gruppi; nonostante ciò, gli autori concludevano: “Our data confirmthat the homeopathic treatment in questionhaspotential benefits for cough in children …“, oltretutto senza nessun gruppo di controllo privo di trattamento omeopatico. Proprio questo lavoro, guarda caso, è citato da una recentissima review ove si vorrebbe sostenere tra l’altro che l’omeopatia sia consigliata per il trattamento della Otite Media Acuta.
Ci si chiede come è possibile che gli autori abbiano potuto includere uno
studio simile, oltre ad altri che presentano problemi altrettanto gravi, in una
review della letteratura che dovrebbe filtrare le migliori evidenze
disponibili; e ci si chiede poi come sia possibile che dei revisori non abbiano
bloccato questo studio.
La risposta alla prima domanda è probabilmente nel pensiero motivato degli
autori stessi, mentre per quanto riguarda la seconda basta considerare la
rivista in cui il lavoro è stato pubblicato. In questo caso, non si tratta semplicemente
di un giornale “crappy”: si tratta invece di una rivista il cui editore è ben
noto per essere predatorio, tanto da costituire un esempio nei corsi di
integrità sulla ricerca scientifica che alcuni di noi tengono in varie
istituzioni ed essere da tempo incluso nella “Beall’s list” dei “predatory
publishers”.
Si definisce predatorio un giornale o un editore che sollecitino
aggressivamente la sottomissione o la revisione di manoscritti, che saranno
pubblicati in una rivista senza nessuna revisione reale a fronte di un
compenso. Per “aggressivamente” si intende soprattutto il fatto che le mail di
sollecitazione sono inviate in larga scala a persone che sono completamente al
di fuori della materia che dovrebbe essere oggetto di pubblicazione o revisione
Di seguito, la mail di sollecitazione classica ricevuta da un ricercatore
completamente al di fuori del settore dalla rivista in cui è stata pubblicata
la review sull’omeopatia:
Warm greetings
from the Journal of Alternative, Complementary & Integrative Medicine!
We would like to take an opportunity and
introduce the Journal of Alternative, Complementary & Integrative Medicine
as one of the journals of Herald Scholarly Open Access. We are in the process
of releasing an upcoming issue.
We would like to invite you to peer review a
manuscript for the Journal of Alternative, Complementary & Integrative
Medicine. The manuscript entitled “Benefits of Dream Work for the Dying” with
the reference number HACIM-17-019 abstract is given below; please let us know
your opinion to review it. If you accept to review the manuscript, then we will
send you the full length article.
Abstract:
This paper provides an examination of the
effects of dream work on patients facing end of life. The literature reviewed
is an exploration of the value of interaction with dreams though guided dream
work techniques as well as using surveys and interviews. Quality of life,
comfort, and psychological well-being associated with dream work will also be
explored. Additionally, the author will review the research on how dreams and
dream content help to mediate the existential crisis faced by those at end of
life. The author’s goal is to provide evidence to support the integration of
dream work into the existing complementary and integrative practices for
palliative care and to highlight the need for further research.
Please feel free to contact us for any
queries.
Anticipating your reply
With Best Regards
Emma Lynch
Herald Scholarly Open Access
2561 Cornelia Rd
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La storia di questa sollecitazione predatoria è specificata in questo blog, tenuto dal ricercatore destinatario della mail.
A parte la sollecitazione aggressiva per ottenere sottomissioni e
revisioni, gli editori predatori ovviamente sono caratterizzati dal pubblicare
articoli di bassissima qualità, senza nessun filtro di peer-review.
L’editore della rivista in questione è diventato tristemente famoso nel
2015, quando accettò fra gli editor del board di una propria rivista un … cane.
Dopo l’ennesima sollecitazione aggressiva, infatti, un ricercatore australiano
decise di registrare il proprio cane (come esperto in scienze canine,
ovviamente …) e si arrivò al punto di ricevere persino un manoscritto da rivedere.
La storia è ben documentata qui e fu riportata anche da Science.
In realtà, vi sono ulteriori elementi che confermano la bassa qualità della
review in questione, che non poteva che essere pubblicata su una rivista
predatoria.
Consideriamo per esempio i lavori revisionati. Di uno si è già detto in apertura; ma riteniamo interessante portare all’attenzione del lettore il fatto che molti degli studi citati misurino l’effetto dell’omeopatia, senza alcun controllo; in altre parole, in almeno 9 dei lavori considerati nella review, sono descritti solo pazienti trattati con rimedi omeopatici, senza nessun confronto con alcun altro gruppo di controllo. In altri 21 degli studi inclusi, manca un controllo contro un gruppo trattato con il solo placebo; si tratta, nel caso dell’omeopatia, di un controllo fondamentale, visto che l’effetto dei preparati omeopatici è spiegabile in termine di placebo. Per il resto, la decina di trial, molto eterogenei tra loro, non permette affatto di stabilire in modo statisticamente significativo il funzionamento dell’omeopatia oltre l’effetto placebo; anzi, alcuni fra questi dieci lavori rimanenti affermano che l’omeopatia è indistinguibile da esso, e comunque combinando i dati di efficacia (una procedura non corretta in caso di condizioni eterogenee come quelle considerate in questi lavori) non si raggiunge alcuna significatività statistica. In allegato a questo documento, forniamo una tabella Excel in supporto alle affermazioni appena enunciate.
A parte la dubbia selezione dei lavori revisionati, i metodi stessi degli
autori, basati su affermazioni che sono prive di supporto solido, sono alquanto
discutibili; anche essi non potevano che trovare posto in una rivista
predatoria.
Per esempio, consideriamo la seguente frase a pagina 13, nella discussione:
“Though the number of papers published in peer-reviewed journals is
increasing, many homeopathic clinical studies are still characterized by low
standards of methodology a problem which is, however, equally common in the
conventional medical literature”
Si tratta di un’equazione assolutamente non supportata dai fatti: non è per
nulla vero che gli studi clinici definiti dagli autori “convenzionali” siano
affetti dallo stesso tipo di difetti appena elencati per i 41 lavori da essi
selezionati. Per esempio, risulta molto difficile fare un numero di esempi
significativo per studi clinici pubblicati in cui si descriva un solo
trattamento, senza alcun gruppo di paragone o controllo; senza contare la bassa
standardizzazione degli endpoints, la spesso piccola dimensione del campione e
la più volte mancata randomizzazione e cecità negli studi di farmaci omeopatici.
Singolari sono pure certe
affermazioni ed il linguaggio poco rigoroso usato nelle conclusioni di questo
lavoro su rivista predatoria, laddove per esempio si afferma quanto segue:
“In a relatively small field like homeopathy, where scientific research
is still in its infancy and there is no consensus on the model validity of
different approaches, we have the advantage of including the contribution,
albeit partial, of each publication of sufficient validity and therefore of
having an overall view of literature. In the light of the clinical findings,
the use of individualized homeopathy or homeopathic medicines could be regarded
as a possible option in the elds reviewed in this work particularly in the
infections of upper airways, otitis and rhinopharyngitis provided that the
homeopathic diagnosis and prescription is correct and is integrated with other
possible effective treatments.”
Come si può notare, l’intero paragrafo è tra il tautologico e il non sense;
senza contare che si fa riferimento all’inclusione di pubblicazioni di
“sufficiente validità” (su una metrica arbitraria, stabilita dagli autori e non
quantitativa).
Si tratta solo di esempi della retorica che intride questa pubblicazione,
basata su frasi non supportate dai dati presentati; il lettore potrà senz’altro
rinvenire altri casi.
Conclusioni.
In conclusione, dal punto di vista dei contenuti:
la nuovissima review, che pretenderebbe di dimostrare
l’efficacia dell’omeopatia nelle infezioni dell’alto tratto respiratorio,
include tra i lavori che esamina (considerandoli in supporto) alcuni lavori da
tempo screditati per le loro falle metodologiche ed etiche;
I lavori considerati quasi sempre non includono controlli
opportuni o addirittura considerano solo pazienti trattati con il placebo,
senza nessun gruppo di paragone;
La review contiene al suo interno affermazioni
tautologiche, non supportate quantitativamente dall’analisi svolta, ed è
debolissima dal punto di vista metodologico, fondandosi principalmente sul
giudizio soggettivo degli autori che spesso tradisce una semplice volontà di
affermazione dell’omeopatia a spese della medicina da loro definita come
convenzionale.
Non a caso, il contenitore di una review come questa non è altro che una
rivista predatoria pubblicata da uno dei più famosi publisher predatori; un
esempio di scuola di inquinamento della letteratura scientifica, a mezzo di un
articolo che intende supportare le tesi preconcette degli autori.