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Intervista al nostro socio Andrea Grignolio

di Carlo Patrignani

La situazione è migliorata ma, anche se il caldo può darci una mano, come per la Sars del 2001-02 che sparì, attenuando la carica infettiva e patogenicità di Sars-Cov-2, virus simili ma diversi, entrambi della famiglia dei Coronavirus, la guardia non va abbassata: le misure in vigore per la fase due per la ripresa, parziale, dell’attività produttiva vanno nella giusta direzione del contenimento dei contagi con il potenziamento della medicina del territorio, fermo restando il distanziamento individuale, l’igiene personale e le mascherine, ma pure tamponi e test anticorpali che serviranno a isolare gli asintomatici, vettori inconsapevoli della malattia. E’ l’opinione del docente di Storia della Medicina all’Università Vita-Salute del San Raffaele e ricercatore del Itb-Cnr, Andrea Grignolio, per il quale “le nuove restrizioni, pur se poco piacevoli come per le relazioni amicali, hanno una finalità sensata a livello comunicativo: non ingenerare il ‘liberi tutti’ molto rischioso perché il coronavirus non fa differenza tra affetti stabili e non: ridurre i contatti ai soli parenti e relazioni strette è una indicazione epidemiologica generale, se presa alla lettera diventa poco comprensibile. L’importante è prepararsi bene al prossimo autunno-inverno con tutti gli strumenti necessari per arrivare in tempo e intervenire subito sui possibili focolai che possono riaccendersi”.

Quanti e quali sono gli strumenti necessari?
Primo, “il potenziamento della medicina del territorio che è non solo preziosa sentinella e di intervento immediato, ma ha funzioni di prevenzione: lo sa bene l’epidemiologia, come del resto la storia della medicina, poiché le epidemie e pandemie si affrontano soprattutto sul territorio e meno negli ospedali. Il concetto di contagio, di malattia infettiva, sconsiglia centri di aggregazione, tranne in casi di strutture specializzate, perché possono facilmente diventare di diffusione”.
Secondo, “il fondamentale tracciamento, il cosiddetto contact tracing – va bene l’app Immuni su base volontaria, con tutela della privacy, scadenza temporale e distruzione finale dei dati – degli asintomatici e dei paucisintomatici con tamponi e test sierologici, così da porli tempestivamente in quarantena e avvisare e controllare le persone che con costoro hanno avuto contatti ravvicinati”.
Terzo strumento le cure: “per i pazienti Covid oggi ci sono tre diverse terapie multifase a seconda del livello della malattia: antivirali per limitare la replicazione del virus nella prima fase, e gli antinfiammatori per la due seconde fasi, quella della iper risposta immune causata dal sistema immunitario e quella per le complicanze causate a polmoni, cuore, reni e cervello”.
Per Sars-Cov-2, insomma, “si potrebbe immaginare anche un modello simile a quello per l’Hiv per il quale non si è arrivati al vaccino: la terapia multifarmaco, come fu la triplice per l’Hiv, che – precisa Grignolio – ha dato e tuttora dà una aspettativa di vita quasi uguale a una persona non infetta”.

E il vaccino quando potrà essere disponibile?
“Per ovvi motivi: non nocività, efficacia e soprattutto produzione su larga scala internazionale – osserva – non sarà disponibile direi prima di un anno ma, nel frattempo, oggi abbiamo a disposizione, ed è un enorme passo in avanti, diverse terapie multifase, efficaci per ogni fase della malattia, compreso l’impiego di una vecchia pratica della sieroterapia: l’immissione del plasma con anticorpi dei guariti ai malati, che offre a un miglioramento delle condizioni del paziente, ma non immunità”.
Ma su questa pratica Grignolio non manca di sollevare tre problemi da risolvere, “è una procedura costosa, sebbene si dica spesso il contrario, perché difficile da ​standardizzare e con effetti potenzialmente nocivi dovuti al rischio di trasmissione di malattie infettive e alterare la coagulazione nei riceventi; è limitante nei tempi e nella produzione perché con due pazienti guariti si ottengono gli anticorpi per un paziente, cosa molto disfunzionale durante una pandemia che richiede subito e per molti tanti anticorpi; e soprattutto offre una immunità passiva e non attiva come il vaccino, ovvero gli anticorpi provenienti dai guariti cessano dopo il trattamento e non vengono autonomamente prodotti dal paziente, che quindi non sviluppa l’immunità attiva e l’immunità per futuri incontri con il virus, la agognata immunità di gregge o di comunità”.

La medicina e più in generale la ricerca scientifica, molto probabilmente vincerà la sfida arrivata da un virus sconosciuto?
“Penso di sì, come avvenuto in passato con tante altre malattie infettive che non sono né una punizione divina né una vendetta della natura, ma sono malattie connesse e causate dai cambiamenti del rapporto tra l’essere umano, l’ambiente e gli animali. A questo va aggiunto che le epidemie fioriscono in contesti ad alta densità di popolazione e altamente connesse da porti e aeroporti. Il passato ce lo insegna chiaramente sia con la via della seta sia con il commercio marittimo, da cui proviene la famosa quarantena veneziana del 1300. Ecco perché è improprio accusare le polveri sottili e l’inquinamento: vi sono molte zone del globo dove non c’è inquinamento e Covid si diffonde con grande efficacia, e questo è valido per tante epidemie del recente passato o del passato remoto, dove il mondo era privo di inquinamento e le epidemie erano molto più diffuse e feroci. Per vincere la sfida dei prossimi mesi e delle prossime epidemie abbiamo assoluto bisogno di un solido e forte sistema sanitario nazionale, ben attrezzato a livello del territorio e di una nuova collaborazione con le strutture sanitarie private, che stanno facendo la loro parte con le proprie strutture. Pubblico e privato non sono affatto in collisione: l’uno non esclude l’altro, nell’interesse comune della tutela della salute pubblica”.

Ultima domanda, che ne pensa dello scontro tra Usa e Cina sulla genesi e manipolazione del virus in laboratorio, quello di Wuhan?
“Mi pare che la questione sia una contrapposizione politica più che scientifica: la scienza parla chiaro e con dati e i dati sono spesso scomodi al decisore politico, perché non sono opinabili o manipolabili per fini elettorali. I dati che abbiamo oggi ci dicono che la genetica, come dimostrato da un articolo sulla rivista Nature, indica una provenienza animale, ovvero pipistrello e pangolino, del virus e non artificiale in laboratorio. Inoltre, che il luogo d’origine non sia Wuhan, dove è presente il laboratorio incriminato, ma Guandong, la stessa regione dove scoppiò la Sars, e infine che i primi casi siano retrodatabili tra settembre e dicembre. Ma le scienze cognitive con il concetto di ‘ragionamento motivato’ ci spiegano bene che a questi dati della scienza le orecchie dei complottisti rimarranno non solo sorde ma, per così dire, immuni anche in futuro”.

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