di Avv. Luciano Butti – membro del Consiglio Direttivo del PTS
La Corte di Cassazione lo ha definitivamente confermato: il dr. Massimiliano Mecozzi, medico omeopata, merita la condanna a 3 anni di reclusione per omicidio colposo. Il sanitario, infatti, aveva insistito per sottoporre un bambino affetto da grave otite a sole cure omeopatiche, in sostituzione degli antibiotici, invece assolutamente necessari sulla base delle condizioni del piccolo paziente. Purtroppo, in pochi giorni, l’omissione delle terapie appropriate ha causato la morte del bambino.
Questo caso, sul quale anche il PTS aveva sollevato l’attenzione (https://www.pattoperlascienza.it/2019/09/25/il-pts-al-processo-mecozzi/), deve portarci a riflettere su alcune questioni di carattere generale riguardanti l’omeopatia, il Servizio Sanitario Nazionale e il ruolo che devono giocare gli Ordini professionali e i Dipartimenti di Medicina e Farmacia delle nostre Università.
In primo luogo, dunque, l’omeopatia. Le evidenze scientifiche mostrano che i cd. rimedi omeopatici possono in alcune patologie avere un effetto analogo a quello della somministrazione di un ‘placebo’. Nulla di più e nulla di meglio. Pertanto, a tutto concedere, in presenza di patologie potenzialmente pericolose si tratta di rimedi che possono essere somministrati soltanto in aggiunta, e non in sostituzione, rispetto alle terapie mediche appropriate. Nel caso in questione, invece, avvenne il contrario, per una presunta pericolosità degli antibiotici sostenuta dal medico.
In secondo luogo, il Servizio Sanitario Nazionale. In alcune Regioni, ad esempio la Toscana, risorse del sistema sanitario regionale, quindi pubbliche, vengono destinate all’organizzazione di ambulatori omeopatici. Al di là della limitata (per fortuna) estensione di questo tipo di situazioni, il messaggio rivolto ai cittadini è potenzialmente fuorviante. Anche perché non sempre viene chiaramente spiegata la mancanza di evidenze scientifiche circa un presunto effetto di questi rimedi oltre il ‘placebo’.
In terzo luogo, gli Ordini professionali e i Dipartimenti di Medicina e Farmacia delle nostre Università dovrebbero chiaramente e costantemente assumere il punto di vista della medicina basata sulle evidenze. Pertanto, gli Ordini dovrebbero chiarire che presentare i rimedi omeopatici come sostituti rispetto alle terapie validate costituisce, da parte del medico, illecito disciplinare e ciò anche nei casi in cui, differentemente da quello in esame, non vi sono conseguenze gravi o addirittura tragiche. I Dipartimenti di Medicina e Farmacia dovrebbero seriamente riflettere sul messaggio distorto che viene lanciato alla società civile dalla proliferazione di corsi e master riguardanti l’omeopatia che beneficiano (economicamente) solo chi li promuove.