Il PTS supporta gli Atenei di Torino e Parma e condanna il (pessimo) servizio del TG2

La sperimentazione animale è un argomento estremamente delicato in cui è richiesto un tipo di comunicazione scrupoloso, doverosamente attinente ai fatti: la disinformazione e i fattoidi precludono la possibilità di farsi un’idea reale sulla faccenda, con l’aggravante di  accrescere la polarizzazione e le persecuzioni nei confronti dei ricercatori.
Abbiamo già parlato del progetto “Lightup”, finanziato dallo European Research Council, basato su una collaborazione tra gli atenei di Torino e Parma, volto a dare una speranza alle persone affette da una condizione nota come “blind sight”, un problema che coinvolge la corteccia visiva. Abbiamo già dato il nostro supporto ai ricercatori, perseguitati e minacciati di morte dagli estremisti animalisti e abbiamo demistificato delle sciocchezze veicolate da chi ha interesse a vietare la sperimentazione animale, cosí come qualsiasi impiego degli animali tout court.
A livello mediatico spesso è complesso veicolare tematiche di carattere scientifico per il fenomeno del cosidetto false balance, ovvero raffrontare esperti e non, mettendo sullo stesso piano informazioni corrette e sbagliate, a causa della richiesta di contraddittorio da parte di chi non ha qualifiche. Le cose peggiorano quando i mass media veicolano solo la propaganda di chi ha idee opposte alla comunità scientifica, in particolare ove il consenso in verità è particolarmente coeso, come del caso dell’importanza della sperimentazione animale. In tal modo si accresce il gap tra la comunità scientifica e il cittadino.

Il giorno 18 dicembre nell’edizione delle 20:30 il TG2 ha mandato in onda un servizio proprio sul progetto “lightup”. Il servizio trasmesso è stato costruito in modo fazioso, poco professionale ed attraverso il ricorso ad un’ampia serie di informazioni false, fuorvianti e lesive della dignità dei ricercatori e del loro lavoro. Questo ha prodotto una grave disinformazione dei cittadini.
Il giorno seguente il PTS ha inviato una mail di protesta formale alla RAI (clicca qui per leggere) e di sostegno alle Università (clicca qui per leggere).

Gli Atenei di Torino e Parma ci hanno risposto con la lettera in allegato (clicca qui per leggere) che ci sprona ad andare avanti nella difesa della Scienza, della ricerca e dei ricercatori.
Il servizio del giornalista Piergiorgio Giacovazzo ha rappresentato un punto molto basso della televisione pubblica.
Quarant’anni dopo “Non è mai troppo tardi” condotto da Alberto Manzi, maestro che educò a leggere e scrivere milioni di italiani analfabeti, nella stessa fascia oraria, la televisione pubblica, che avrebbe dovuto fornire un “servizio culturale” come mission, tradisce il cittadino. L’interesse non è più quello di preparare lo spettatore tramite educazione, formazione e informazione, ma lo angoscia, lo emoziona, lo confonde, lo bombarda di “vivisezione” invece che di sperimentazione animale.

Per giustificare la completa assenza del contradittorio, si sostiene che il prof. Marco Tamietto – uno dei massimi esperti di blind sight e direttore del progetto Lightup – abbia rifiutato di presenziare alla trasmissione e che l’Università di Parma abbia negato l’impossibilità di accedere immediatamente nella struttura, accusando indirettavamente di scarsa trasparenza, strutture adibite ad attività di ricerca scientifica. Una situazione paradossale che rieccheggia quanto successo alcuni messi fa, quando alcuni estremisti si sono arrampicati sul tetto delle università per protestare contro la ricerca, rappresentando un’allegoria della situazione attuale, dove l’estremismo sovrasta le istituzioni, la scienza e la conoscenza.

Il servizio è indubbiamente lesivo della dignità e della trasparenza di un Ateneo che, per primo, ha aperto le porte dei propri stabulari e laboratori proprio alle telecamere e ai giornalisti del servizio pubblico soltanto poche settimane prima. Forse l’intento non era informativo ma meramente strumentale, in particolar modo quando viene intervistata una persona come la dr. Candida Nastrucci, che risulta autrice di sole 7 pubblicazioni, l’ultima delle quali nel lontano 2012, nessun lavoro in ambito neuroscientifico e neurofisiologico, tantomeno sul sistema visivo.

Il Patto Trasversale per la Scienza, nell’augurio che il Consiglio di Disciplina RAI prenda gli opportuni provvedimenti, si augura che il servizio televisivo pubblico, corrisposto con le tasse dei cittadini, torni a considerarli come tali e non come meri consumatori, obbligati a rigide convenzioni ideologiche, tramite un’informazione manipolata che vizia le capacità di discernimento e preclude una libera scelta democratica informata.

Non è mai troppo tardi.

HIV/AIDS il PTS mette chiarezza in merito alle ultime evidenze

Il Gruppo HIV/AIDS – coordinato da Guido Poli ed al quale partecipano, tra gli altri, anche i soci fondatori Antonella D’arminio Monforte e Andrea Antinori ha redatto, alla luce dei recenti fatti di cronaca, questo parere riguardo le Infezioni da HIV in laboratorio.

E’ tornato in questi giorni alla ribalta mediatica il caso di una ex-studentessa dell’Università di Padova che ha svolto la propria tesi di laurea in un altro Ateneo in Svizzera dove, con modalità rimaste indefinite, si è infettata con un ceppo di HIV generato artificialmente con tecniche di biologia molecolare operando in un ambiente di biosicurezza di livello 2 (BSL-2) in quanto riteneva di manipolare una variante non infettiva del virus stesso. Il caso, discusso in congressi internazionali e pubblicato su una rivista scientifica importante nel 2016 (1), è tornato alla pubblica attenzione in quanto la giovane vittima ha deciso di fare causa ad entrambi gli atenei di cui sopra e di rendere pubblica la propria situazione di sofferenza e disagio poiché «Abbandonata dalle Università. Nessuna informazione sui rischi…lo faccio per tutti i giovani come me, che consegnano le loro vite nelle mani di chi dovrebbe tutelarle. Perché nessun altro sia costretto ad affrontare il mio calvario», come riportato in un’intervista al Corriere della Sera (2) e ad altri quotidiani.

Come Gruppo PTS dedicato all’infezione da HIV desideriamo intervenire su questa drammatica vicenda per contribuire a fare chiarezza non tanto sulle responsabilità oggettive di quanto accaduto, oggetto di un’indagine dedicata, quanto per ribadire alcune certezze acquisite sul rischio di contrarre l’infezione da HIV ed evitare allarmismi ingiustificati anche se evocati dall’eccezionalità del caso. Prima di entrare nel merito desideriamo però, a nome di tutto il PTS, esprimere solidarietà e affetto alla giovane donna che ha contratto l’infezione in una circostanza in cui non avrebbe dovuto essere esposta a tale rischio.

  1. Il virus HIV, a differenza di altri agenti patogeni (virus della SARS, tubercolosi e molti altri), NON E’ trasmissibile per via aerogena (starnuti, tosse, particelle di saliva disperse in ambienti poco arieggiati). Ciò vale sia per i ceppi virali che circolano nelle diverse aree del mondo sia per i ceppi “artificiali” generati in laboratorio a scopo di ricerca come nel caso in oggetto.
  2. Il virus HIV si trasmette prevalentemente attraverso rapporti sessuali non protetti (essendo il sesso anale la pratica a più alto rischio di trasmissione e quello orale quella a più basso, ma pur sempre presente, rischio), attraverso il sangue infettato o sue componenti, da madre a feto (intra-utero) o a neonato al momento del parto o durante l’allattamento. NON esistono altre modalità di trasmissione del virus!
  3. L’eventuale presenza di lesioni cutanee o mucosali (genitali, orali, intestinali, oculari) facilita grandemente la probabilità d’infezione da HIV.
  4. La prevenzione della trasmissione sessuale di HIV si attua soprattutto con l’uso corretto di un profilattico, come raccomandato dall’OMS, ma è ottenibile oggi anche aderendo alla cosiddetta “PrEP” (profilassi pre-esposizione), ovvero assumendo in modo controllato dall’esperto infettivologo, farmaci prima di un rapporto sessuale con persona sieropositiva. Giova ricordare al riguardo che una persona infettata da HIV, ma aderente alla terapia antiretrovirale di combinazione (cART) e con virus nel sangue (viremia) al di sotto della soglia di rilevamento, NON trasmette il proprio virus nemmeno mediante rapporti sessuali non protetti.
  5. La cART è efficace sia nella prevenzione sia nella cura dell’infezione da ceppi virali circolanti come da ceppi artificiali creati in laboratorio, come nel caso in oggetto. La sua efficacia è dimostrata dal fatto che le persone infettate che la assumono in modo corretto e controllato hanno una speranza di vita di poco inferiore a quella di persone non infettate dello stesso sesso e della stessa età. Ciò ovviamente vale anche per la giovane donna al centro di questa vicenda.
  6. Il fatto che l’infezione da HIV in laboratorio sia stata dimostrata in pochissimi casi al mondo, come in questo caso, nonostante le migliaia di ricercatori che hanno lavorato con questo virus dagli anni ’80 ai giorni nostri, testimonia come la conoscenza e il rispetto delle norme di biosicurezza di livello 3 (camice, doppi guanti, mascherina, protezione oculare, inattivazione chimica e/o al calore di tutto il materiale venuto potenzialmente a contatto con il virus, eliminazione di oggetti taglienti, appuntiti e vetro ed altre misure correlate) sia la migliore garanzia per tutti gli operatori del settore.

Il gruppo HIV del PTS è disponibile a fornire ulteriori chiarimenti a tutti coloro che lo desiderino.

Referenze

  1. A. Soria et al. Occupational HIV infection in a research laboratory with unknown mode of transmission: a case report. Clinical Infectious Diseases 64:810-3, 2017.
  2. G. Viafora. Studentessa infettata dall’HIV in laboratorio durante la tesi: maxi causa a due atenei. Corriere della Sera, 17-12-2019.

La Scienza NON tace

Richiesta di rettifica e pubblicazione su Il Fatto Quotidiano

Con riferimento all’articolo apparso il 28 Novembre sul Fatto Quotidiano a firma di Gianni Barbacetto, intitolato “Ricerche mediche ‘aggiustate’, però la scienza tace”, il Patto Trasversale per la Scienza intende specificare quanto segue.

Innanzitutto, è opportuno ricordare che il Patto, lungi dal tacere, è stato fra i primi a reagire alle notizie di richiesta di archiviazione dei ricercatori indagati dalla procura di Milano, con una lettera aperta che, oltre a denunciare l’assordante silenzio in tema, chiedeva ai vertici di AIRC di fare chiarezza e di dotarsi di regole più stringenti in tema di integrità e alla comunità scientifica italiana di dotarsi di regole chiare di condotta.
Quest’ultima richiesta, in particolare, appare oggi particolarmente importante, proprio in presenza di una difformità di giudizio persino tra Procura e GIP, che pure hanno chiesto e decretato l’archiviazione per gli indagati. È quindi il caso di ribadire che per il PTS, come già dichiarato a luglio, è fondamentale:

1. dotare tutte le istituzioni scientifiche e di ricerca del nostro Paese di un sistema coerente ed omogeneo per la gestione, l’identificazione precoce e la correzione degli eventuali casi di cattiva condotta scientifica

2. far sì che i finanziatori, pubblici e privati, della ricerca scientifica, i quali raccolgono soldi dai cittadini italiani o direttamente o attraverso le tasse, siano essi stessi scevri da conflitti di interesse e dotati di regole chiare per favorire la pratica dell’integrità scientifica

Alla luce poi dei particolari emersi circa le indagini ed il decreto di archiviazione disposto dal GIP, nonché dei commenti apparsi sulla stampa, è necessario ribadire quanto segue.

Innanzitutto, sono alcuni membri della comunità scientifica – non i giornalisti, né la magistratura – ad aver identificato (rendendoli pubblici online) e poi esaminato (nella persona dei periti, appartenenti alla comunità scientifica ed accademica, ma anche di altri esperti che hanno a loro volta esaminato le segnalazioni su siti online dedicati) i casi in esame; dunque è la comunità scientifica che ha messo in moto il meccanismo che dovrà portare alla correzione del record pubblicato, a riprova dei meccanismi di cui la scienza dispone per identificare ed analizzare i propri errori.

Con riguardo poi alle notizie filtrate circa il dispositivo di archiviazione del GIP, il PTS sottolinea quanto segue:
1. nessuno, che non sia membro della comunità scientifica, può giudicare della gravità di un comportamento di violazione dell’integrità di un dato scientifico, visto che solo la comunità scientifica ha le competenze necessarie;
2. compito della magistratura penale è accertare se, in un caso di manipolazione dei dati, vi sia stato un crimine, e non di pesarne la gravità al di fuori del diritto penale, perché se sia “un falso innocuo e innocente”, quando siano escluse condotte criminali, solo la comunità scientifica può stabilirlo;
3. la comunità scientifica ha già cominciato a verificare i casi occorsi nei singoli articoli; questi hanno richiesto già adesso correzioni in almeno 5 degli articoli oggetto di indagine, correzioni occorse a valle dell’analisi tecnica delle immagini in questione da parte di membri esperti della comunità scientifica ed ovviamente condivise almeno dalla maggioranza degli autori dei lavori e dalle riviste;
4. le correzioni di un articolo scientifico non implicano necessariamente frode, ma sono necessarie e non derogabili in tutti i casi di manipolazione (ivi inclusa la duplicazione di dati) accertati; i ricercatori hanno il dovere, con le riviste, di apportare le modifiche opportune (da un corrigendum fino ad una ritrattazione) su ogni articolo che presenti duplicazioni, manipolazioni o altre alterazioni delle immagini o dei dati;
5. nessuno, e meno che mai un giudice, può affermare che, sulla base del fatto che un certo risultato sia stato successivamente replicato o una certa ipotesi scientifica sia poi risultata vera, un dato comportamento manipolatorio sia perdonabile dal punto di vista del metodo scientifico e i dati di un articolo non siano da correggere, sia per errore onesto che per frode;
6. quel ricercatore che, una vota accertato un problema nei dati pubblicati, non procede alle correzioni opportune, ignorando o ostacolando il processo di emendamento necessario, si macchia di cattiva condotta, al pari di chi froda.

Per le ragioni elencate, il PTS auspica che, quanto prima, la comunità scientifica italiana inizi una seria e condivisa discussione sulle regole per indagare e trattare i casi di potenziale cattiva condotta, e che i ricercatori coinvolti dall’indagine correggano al più presto la letteratura scientifica, sia per quel che riguarda i lavori oggetto di indagine, sia per quel che riguarda eventuali altri lavori che dovessero risultare contenere dati problematici.

Pier Luigi Lopalco
Presidente Patto Trasversale per la Scienza

MoReMed aderisce al Patto

I ragazzi del congresso MoReMED dell’Università di Modena e Reggio Emilia (Unimore) hanno sottoscritto il Patto Trasversale per la Scienza. Nel corso della cerimonia ufficiale di presentazione della V edizione del congresso studentesco, il 29 novembre scorso gli organizzatori hanno scelto di aderire formalmente alla nostra Associazione che dal 5 giugno 2019 si dedica attivamente alla promozione del valore della scienza, alla difesa dei principi etici che la caratterizzano, alla ricerca di alleanze virtuose con le istituzioni di ogni ordine e grado perché difendano la salute dei cittadini rifiutando con fermezza pericolose intrusioni di pseudoscienziati e ciarlatani.
All’evento di gala sono intervenuti il Colonnello Medico dell’Accademia Militare di Modena Giuseppe Masia, il primo cittadino di Modena Gian Carlo Muzzarelli, il Magnifico Rettore di Unimore Prof. Carlo Adolfo Porro e la Presidente del Comitato Organizzatore MoReMED Valeria Poletti, con oltre 400 studenti e docenti. “Il nostro Congresso Studentesco MoReMED, rivolto agli studenti e organizzato interamente dagli studenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia ha come obiettivo quello di offrire ai partecipanti l’opportunità di acquisire le qualità per diventare divulgatori di area medica e non soltanto fruitori passivi della ricerca – ha dichiarato la Poletti – vogliamo sviluppare la capacità di selezione e utilizzo delle fonti avvalorate dal metodo scientifico”.

L’adesione al Patto di futuri camici bianchi infonde speranza per il futuro: “I giovani ci insegnano sempre molto, anche la loro firma al Patto – afferma il vice presidente del PTS  prof. Andrea Cossarizza, docente di Unimore – volontaria e consapevole, che anticipa quella di tante istituzioni e in qualche modo le incoraggia a non avere paura, a seguire i principi ispiratori del Patto e impegnarsi per un mondo migliore, dove l’informazione non è strumentalizzata e mercificata ma ci aiuta a scegliere secondo il percorso tracciato dalla scienza”.

Il Congresso si terrà il 2-3 aprile 2020 a Modena al Centro Servizi dell’Università. Il Patto Trasversale per la Scienza costituisce per la platea di studenti un’eccellente opportunità di formazione: “Attraverso i social i ciarlatani insidiano la nostra salute – ha dichiarato il Tesoriere dell’Associazione Diego Pavesio – non possiamo ignorare quel che accade, non possiamo più essere indulgenti e tolleranti ma abbiamo il dovere morale di agire, in un processo collettivo di comunicazione, in cui i giovani giocano e giocheranno un ruolo fondamentale”.